OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI PRELIMINARI:
Concretizzare l’uomo come microcosmo che racchiude in sé il macrocosmo.
Come fenomeno vivente – forma – corpo – e nuomeno; essenza e psiche.
Aspetti interdipendenti che agiscono uno sull’altro.
Aspetti di una unità qual è l’individuo umano.
Ma è anche figlio della terra madre/matrice di vita.
Chi la conosce veramente? giacché in essa agiscono atti conosciuti ed atti imponderabili non ancora sufficientemente noti
Ogni volta quando osserviamo un organismo vivente pluricellulare, non finiamo mai di stupirci di quanto siano ben organizzati tutti i miliardi di cellule che lo compongono e come queste contravvengano al disordine cui la vita non può sfuggire dalla sua immanenza. Come la sua continuità sia strettamente legata alla capacità di utilizzare materia ed energia che attinge dall’ambiente al suo esterno restituendoli poi sotto forma di scorie e di calore.
Sappiamo anche come ogni organismo vivente viva grazie alle sue cellule, e come queste operano in un incessante rimaneggiamento dei metaboliti presenti nel loro citoplasma formato da un delicato film liquido contenente organuli e sostanze che conducono alla formazione di altre sostanze e così di seguito fino al prodotto finale quali le proteine e, nel contempo, di eliminare biossido di carbonio e tutti i prodotti di scarto del proprio metabolismo.
Sappiamo anche che partendo da corpi chimici relativamente semplici l’organismo sia in grado di costruire composti altamente complessi tramite continui rimaneggiamenti sequenziali di scissioni e nuove risintesi fino al prodotto finale: ovvero a molecole organiche a cui i diversi destini sono attribuite le particolarità di ogni singola “via metabolica” fino a costituire una estesa rete di canalizzazioni il cui significato risulta fondamentale per l’esplicazione della vita quale quella che conosciamo.
Sappiamo anche come la materia vivente abbia in comune tutta una serie di caratteristiche che permettono di distinguerla dalla non viva: che possiede una propria individualità, una propria relazionalità, una propria diversità in un tutto intimamente connesso, interconnesso e mediamente interdipendente a mezzo di una complessa rete di relazioni tramite la quale, tutti gli attributi indispensabili alla vita poiché assoggettata a processi di autocontrollo sopra gli avvicendamenti dei cicli metabolici che producono o riproducono continuamente se stessi nei propri modelli di organizzazione molecolare, a patto pero che conservino la loro individualità processuale.
Potremmo chiederci infine se sia opportuna un riflessione sulla individualità processuale dei cicli metabolici. La risposta è affermativa poiché nei sistemi organici essi si esplicano in termini di coerenza tra scissione e risintesi comunque slegati da una linearità di causa – effetto.
Fondamentale è dunque l’importanza data al continuo controllo sulle multiformi occorrenze tra i diversi comparti dell’organismo attraverso una efficiente intercambiabile reciprocità tra le connessioni di un sistema di canalizzazione con estese vie reciprocamente comunicanti da rappresentare, nel loro insieme, un supersistema a circuiti multipli assoggettati al nozione del tutto agisce su tutto e tutto coordina il tutto, in subordine alla condizione di “sistema finalisticamente organizzato”, legittimato (citando Lamarck) “in forza di una necessità interiore degli organismi viventi secondo i propri bisogni di appressamento filogenetico ontologicamente definibile come vincolo di sopravvivenza”, trovando sostegno principalmente nella solidale inclinazione a riunire in un comune denominatore di “sistema aperto, cellulare, delimitato da un confine selettivo qual è la pelle percorso da flussi” come prospettato da Pietro Omodeo, “nella misura in cui abbraccia incondizionatamente il paradigma riguardo l’ottimizzazione di “ambienti mutevoli” all’interno della struttura umana concepita come solidale compagine di strutture caratterizzate da corpi chimici che entrano a farne parte, poiché niente fa parte del nostro organismo che non dipenda da un incontro tra corpi chimici aggregati tra loro; ed è naturale che sia così perché noi siamo “relazione tra sostanze diverse”, dove la nostra stessa esistenza è un concerto di “incontri” tra corpi chimici i quali, aggregandosi dentro di noi, formano e mantengono momento dopo momento il nostro organismo in un comune accordo convergente verso un unico scopo. Dove i corpi chimici che ne fanno parte, se studiati separatamente, non hanno in sé l’idea della vita se non quando, aggregandosi all’interno della cellula, vanno a formare lo stato di fondo componente sostratiale dell’organismo.
La sostanza vivente ci si presenta dunque con un ordine, con una forma, o meglio con disegni più o meno complessi di forme ben definite sulle quali si predispongono le funzioni: Dobbiamo subito sgombrare il campo dall’ozioso dilemma, se sia la funzione a creare la struttura, o se preesista un sostrato morfologico su cui si impiantano poi le funzioni. Forma e funzioni son inscindibili, sono i due aspetti cui ci si presenta un’unica realtà mai caotica quando la osserviamo a determinati livelli implicante velatamente un certo finalismo connesso alla vita: una forma di vita acquisita lungo tutto il suo percorso evolutivo.
E’ sopra questi argomenti che è nata, e si svolge tutt’ora, la discussione tra finalismo e determinismo: argomenti che lo scrivente si è sempre tenuto lontano visto che su questo punto non possiamo disquisire, poiché finalisti e deterministi parlano ambedue di funzioni e di organi, apparati e sistemi, di condizioni ambientali interne ecc, sulle quali troviamo sempre un elemento microscopico nella struttura della cellula.