di Eleonora Zilli:
E’ una pianta erbacea spontanea che cresce “appresso alle vie e nei prati”" href="#_ftn2">[2].
Utile all’uomo perché mitiga e ammorbidisce, scaldando moderatamente. Quindi sgonfia.
Riscalda lo stomaco e mitiga i dolori del ventre. Per questo si usa anche esternamente, massaggiando l’olio caldo nel quale la si è cucinata, anche sul collo dolorante. Rilassa la muscolatura dell’utero e dell’intestino.
L’infuso lenisce la pelle irritata e sensibile, dissecca fistole, eritemi umidi e ferite putride.
L’impacco sugli occhi rinfresca e scioglie l’orzaiolo.
“I savi d’Egitto consacrarono la camomilla al sole, reputandola unico rimedio delle febbri”[3].
Associata al fegato e alla milza, perché “ferma la flession degli humori, corregge le male qualità, conferisce (giova) à i nervi, e à i membri nervosi”. Dunque apre e libera dalle ostruzioni di fegato, milza e reni, fluidificando.
Si utilizzava anche come antispasmodico nei casi di epilessia.
La si considera quindi il “rimedio calmante tipico sia dei fatti nevralgici sia dei fenomeni spastici”[4].
[1] Castore Durante, Herbario Nuovo, 1585
[2] Castore Durante, Herbario Nuovo, 1585
[3] Giuseppe Donzelli, Teatro farmaceutico dogmatico e spagirico, 1704
[4] Giovanni Negri, Nuovo Erbario figurato, 1904