TRA SALUTE E MALATTIA del Maestro Simone Iozzi

Tutti siamo a conoscenza dei quadri perniciosi classificati dalla patologia la cui distinzione morbosa si fonda, in particolare, sulla presenza di alterazioni funzionali di vario tipo quali quelli che riscontriamo nei differenziati sostrati organici offrendo indicazioni atte riconoscere e classificare le varie malattie abbinabili ad una patogenesi per la quale esse si producono ed evolvono.

Senza entrare in eccessivi particolari di come si giustificano parleremo qui (in fitoterapia Tradizionale Erbosistica) di un loro significato più ampio, ovvero di stato al suo interno riferito al nozione di malattia. Sulle generali possiamo dire che abbiamo due stati certi riguardo al concetto di vita e del suo contrapposto che è la morte. In quest’ordine lo stato di malattia non vi rientra poi che essa continuamente muta ed evolve, quindi è passibile di risoluzione, di cronicizzazione e può condurre allo stato certo che è la morte. Può condurre alla morte ma non è la morte, perciò non considerabile come vita né tanto meno come morte, ma un fatto certo che sta alla vita e può concludersi con la morte.

Per definizione la vita, come stato certo, possiamo ricercarla all’interno di condizioni biologiche possibili e accertabili riassumibili come rappresentazione di un complesso di funzioni organiche che resistono alla morte. Ma specifichiamo meglio questa rappresentazione.

La vita in sé e di per sé è dunque una condizione singolare e caratteristica rappresentata e sostenuta da un insieme di condizioni biologiche che consentono alla materia vivente di alimentarsi, di crescere e di riprodursi. Affinché tali processi (funzioni organiche), abbiano la possibilità di svolgersi adeguatamente occorre la presenza al suo interno di costanti (ovvero di un equilibrato stato umorale come gradiente biochimico e di costanti fisiologiche quali l’osmosi, il pH, l’elettrolitiche): questo per la semplice ragione di garantire il proprio fisiologico procedere onde resistere alla morte che è la cessazione di ogni fenomeno vitale.

In pratica si ammette che la morte si ha quando cessano le funzioni vitali ed in particolare le tre grandi funzioni quali la funzione nervosa, la cardiocircolatoria e la respiratoria. Esse non cessano mai drasticamente (salvo certe condizioni traumatiche), ma gradatamente venendo sostituite da altri fenomeni quali i precadaverici.

La condizione della vita è dunque indissolubilmente legata all’incessante sforzo da parte dell’organismo di resistere alle influenze perniciose di origine endogena o esogena che tendono ad annullarne il fisiologico scorrimento.

Quand’è dunque che inizia la malattia, come essa evolve e come si conclude? E’ difficile dare una risposta esaustiva al quesito al di fuori di una contesto anatomo – patologico certo, come pure è difficile dare una risposta esaustiva al concetto di normalità fisiologica e al suo contrario di anormalità fisiologica. (Normalità, dal latino norma, nella sua comune eccezione significa regola o legge: la malattia, per il suo carattere di anormalità, è una eccezione ed esiste perché vi è la norma)

simone iozzi

“Fiori di Bach, la Carezza che mancava.” Riflessioni di un Floriterapeuta non credente di Bartolomeo Antonio Scalzi

“Fiori di Bach, la Carezza che mancava.”

Riflessioni di un Floriterapeuta noncredente.
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Capitolo 1: Bach nonostante Il suo Tempo.

Cosa caratterizza un Grande Personaggio?
L’essere, si, Figlio del Suo Tempo ma esser stati capaci di superarlo, d’introdurre un briciolo di novità.
In poche parole: un Grande Personaggio è colui/colei che cambia la Storia.
In questo mio discorrere, spero di poter argomentare, in maniera scanzonata, la mia ammirazione per il Dr Edward Bach.
Quando il Dr Bach elaborò il suo Modello di Cura con i Fiori, la Gran Bretagna viveva (ancora) il suo momento di massimo splendore (anche se eventi ben più bui di quelli della Grande Guerra si stavano preparando). E per un giovane uomo, stimato professionista e rampollo della Borghesia agiata, le possibilità dovevano essere magnifiche!
I possedimenti e gli interessi della Gran Bretagna erano in tutto il Mondo conosciuto. La capacità, tutta anglosassone, di osservare, raccogliere, incasellare e catalogare era sì congeniale alle mire del Colonialismo, smanioso com’è sempre stato, di sfruttare ogni risorsa dei possedimenti oltremare: vegetali, animali, umani o strategici che fossero ma questa messe d’informazioni erano a disposizione dei più fortunati tra i Sudditi di Sua Maestà Britannica. In altre parole: se non potevi spostarti, avevi il Mondo in Casa: Encyclopædia Britannica, i Kew Gardens, infiniti Musei portavano reperti, Piante, Animali, stampe testimonianze da ogniddove e, sopratutto, una sfilza di intellettuali che raccontavano il Mondo… e come lo raccontavano! Meraviglia, certezza e voglia di scoprire tutto, Tutto! Sicurezza nel poter interpretare il Mondo. Non importa se si parli, come nel caso di D. H. Lawrence, dei meandri dell’Amore e del Possesso, o di sir Arthur Conan Doyle e la sua ferma convinzione che fosse possibile spiegare i misteri con la Logica ed il Sapere del suo (suo malgrado) alter ego, Sherlock Holmes. Oppure di Charles Darwin (vissuto 50 anni prima ma compreso solo dopo) il quale fu guidato dalla Logica nello scoprire le chiavi dell’Evoluzione sia che studiasse le Orchidee nella radura dietro casa sia che si spingesse sino alle Galapagos. Logica accompagnata da una profonda meraviglia al limite dello sconvolgimento.
Questo modo di esplorare il Mondo, aveva motivazioni colonialiste e “predatorie” ma le metodiche scientifiche, la loro capacità di indurre il ragionamento unitamente alle meraviglie che si presentavano ai loro occhi, ebbene, fecero di tutte queste necessità, oltre che un delirio di onnipotenza, anche una Stupenda Virtù. La Scienza ti cambia e ti migliora.
Quando il Mondo ti entra in Casa, ti arricchisci, certo, puoi anche pensare di dominarlo ma è indubbio che esso ti trasformerà. Almeno, questo vale per le Menti più accorte e sensibili.
Ecco la ragione di tanto Benessere Intellettuale, oltre che materiale, della Gran Bretagna a cavallo di due secoli.
Ove per me il più fulgido esempio, nella Letteratura e nella sua vita, fu Robert Louis Stevenson, capace di capire e diventare parte del Mondo che osservava: morì onorato e rispettato dagli abitanti delle  Isole Samoa. Insomma non si arricchì soltanto, scrivendo di loro.
Ovviamente quando le Meraviglie, diciamo così, reali si presentarono agli occhi Inglesi esse si confusero ed alimentarono nuove curiosità per Miti e Leggende. Un bel calderone, insomma.
Ripetendomi: ecco che le fantasie più accese, attinte dal bagaglio delle tradizioni, si innestarono dentro quella mole enorme di meraviglie che, quasi quotidianamente, arrivavano in Gran Bretagna più che altrove.
Conan Doyle stesso rimase preda di spiritisti millantatori nella ricerca di una traccia che lo riportasse a suo figlio morto prematuramente. Quest’ultima notizia è da confermare ma è indubbio che Sir A. C. Doyle fosse un convinto seguace dello Spiritismo, capace (non era certo un fessacchiotto…) di scoprire gli imbroglioni più smaccati. Certo ne scoprì tanti ma non sempre…
Ricerca, certezze, disponibilità di Tempo e Risorse, voglia di esplorare e far proprio il Mondo, Tecnologie sempre più potenti.
Voi Tutti dovreste vedere cos’era l’Inghilterra di quei tempi!
Accanto ai fetidi docs, allo squallore dei bassifondi, della vita di un proletariato affranto dalla fatica e sconvolto più dall’oppio e dal laudano che dall’alcol – bambini compresi – alle condizioni inumane nelle fabbriche e nelle miniere, ebbene, tutto questo conviveva con il meraviglioso paesaggio nei latifondi dell’Inghilterra, con le Bianche Scogliere di Dover, e con le brughiere delle Highlands che continuavano a mantenersi, a dir poco, aulici. Le emozioni si rifacevano ad un mondo di Fate, Elfi e Gnomi: creature fantastiche con le quali, in quel paesaggio, ti aspetteresti d’imbatterti ad ogni angolo che svolti, dietro ogni albero che superi. Accanto alle Certezze, fioriva, allora, la ricerca del Fantastico: uno strano e produttivo sincretismo tra Due Mondi.
Spiritismo, Esoterismo, Esotismo Tradizioni Celtiche, spesso malamente innestate, catturavano l’attenzione di un’aristocrazia viva e vegeta non decadente come quella del resto d’Europa, di borghesi audaci e perfino degli intellettuali, come s’è detto.
Questa era la Gran Bretagna a cavallo tra l’800 e il ‘900, quando visse il Dr Edward Bach.
Dimostreremo più avanti, che il Dr Edward Bach fu figlio del suo tempo ma fu capace di scollarsi dal sincretismo asfissiante trasformando il Suo delirio terapeutico in un’Opera di Poesia. Seguiteci.

B.A.Scalzi bach flower

PROPREDEUTICA ASPETTI RAGIONATI SULLLA PHYISIS UMANA 1/2 – del Maestro Simone Iozzi

  • Concretizzare l’uomo come microcosmo che racchiude in sé il macrocosmo.
  •  Come fenomeno vivente – forma – corpo – e nuomeno; essenza e psiche.
  • Aspetti interdipendenti che agiscono uno sull’altro.
  • Aspetti di una unità qual è l’individuo umano.
  • Ma è anche figlio della terra madre/matrice di vita.
  • Chi la conosce veramente? giacché in essa agiscono atti conosciuti
  • atti  imponderabili non ancora sufficientemente noti

DIVAGAZIONI E CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Ogni volta quando osserviamo un organismo vivente, pluricellulare, non finiamo mai di stupirci di quanto

siano ben organizzati tutti i miliardi di cellule che lo compongono e come queste contravvengano al

disordine cui la vita non può sfuggire dalla sua immanenza: come la sua continuità sia strettamente legata

alla capacità di utilizzare materia ed energia che attinge dall’ambiente a suo esterno restituendoli poi sotto

forma di scorie e di calore.

Sappiamo come l’organismo umano viva grazie alle sue cellule, e come queste operano in un incessante

rimaneggiamento dei metaboliti presenti nel loro citoplasma formato da un delicato film liquido

contenente sostanze che conducono alla formazione di altre sostanze e così di seguito fino al prodotto

finale e, nel contempo, di eliminare biossido di carbonio e tutti i prodotti di scarto del proprio metabolismo.

Sappiamo anche che partendo da corpi chimici relativamente semplici la cellula sia in grado di costruire

composti altamente complessi tramite continui rimaneggiamenti sequenziali di scissioni e nuove risintesi

fino al prodotto finale: ovvero a molecole organiche i cui diversi destini biologici sono attribuite le

particolarità di ogni “via metabolica” atte a costituire una estesa rete di canalizzazioni il cui significato

risulta fondamentale per l’esplicazione di vita organica. Inoltre hanno necessità di un quid umorale interno

(citato dal Cannon come milieu interne), caratterizzato dalla presenza acqua, oligoelementi, vitamine, ecc,

la cui omogeneità va soggetta ad un incessante rimaneggiamento in termini di equilibrio dinamico secondo

un copione ontologicamente preordinato.

Sappiamo anche come la sostanza vivente abbia in comune tutta una serie di caratteristiche che

permettono di distinguerla dalla non viva: che possiede una propria individualità, una propria

organizzazione, una propria diversità, tutto intimamente connesso, interconnesso e mediamente

interdipendente tramite una complessa rete di relazioni nella quale tutti gli attributi biologici necessari

alla vita vi sono esplicati e regolati

Una sostanza vivente assoggettata a processi di autocontrollo su avvicendamenti che producono o

riproducono continuamente se stessi nei propri modelli di organizzazione molecolare, in subordine alla

preservazione di reciproche interconnessioni tra i vari cicli metabolici a patto pero che conservino la loro

individualità processuale.

Potremmo chiederci infine se sia opportuna un riflessione sulla individualità processuale dei cicli

metabolici. La risposta è affermativa poiché nei sistemi organici si esplicano in termini di coerenza tra

scissione e risintesi svincolati da una linearità di causa – effetto.

Viene allora spontaneo chiedersi come sia possibile tutto ciò, e il fatto stesso che ci poniamo questa

domanda significa che non diamo ancora una risposta esaustiva, poiché ciò che sottende ai processi vitali

appartiene a cose che non possiamo oggi completamente dimostrare con le nostre attuali conoscenze

In Erboristica è dunque fondamentale l’importanza data al continuo rimaneggiamento della

intercambiabile reciprocità tra le connessioni raffiguranti un sistema di canalizzazione di estese vie

metaboliche tanto da rappresentare, nel loro insieme, un supersistema a circuiti multipli in subordinate al

concetto che tutto agisce su tutto e tutto coordina tutto subordinatamente alla condizione individuale del

momento in atto connessa e necessitata di “sistema finalisticamente organizzato”, legittimandolo (citando

Lamarck) “in forza di una necessità interiore degli organismi viventi secondo i propri bisogni di

appressamento filogenetico ontologicamente definibile come vincolo di sopravvivenza”, trova sostegno

principalmente nella solidale inclinazione a riunire in un comune denominatore recepibile come “sistema

aperto, cellulare, delimitato da un confine selettivo qual è la pelle percorso da flussi” prospettato da Pietro

Omodeo, “nella misura in cui abbraccia incondizionatamente il paradigma riguardo l’ottimizzazione di

“ambienti mutevoli” all’interno della compagine umana concepita come solidale compagine di strutture

caratterizzare da corpi chimici che entrano a farne parte, poiché niente fa parte del nostro organismo che

non dipenda da un incontro tra corpi chimici aggregati tra loro; ed è naturale che sia così perché noi siamo

“relazione tra sostanze diverse”, dove la nostra stessa esistenza è un concerto di “incontri” tra corpi

chimici i quali, aggregandosi dentro di noi, formano e mantengono momento dopo momento il nostro

organismo in un comune accordo convergente verso un unico scopo..Dove i corpi chimici che ne fanno

parte, se studiati separatamente, non hanno in sé l’idea della vita se non quando, aggregandosi all’interno

della cellula, vanno a formare lo stato di fondo dei vari sostrati organici

La sostanza vivente ci si presenta dunque con un ordine, con una forma, o meglio con disegni più o meno

complessi di forme ben definite, sulle quali si impiantano le funzioni: Dobbiamo subito sgombrare il campo

dall’ozioso dilemma, se sia la funzione a creare la struttura, o se preesista un sostrato morfologico su cui si

impiantano poi le funzioni. Forma e funzione son inscindibili, sono i due aspetti cui si presenta un’unica

realtà con facoltà indissolubilmente legate e interdipendenti, che non sono mai caotiche quando le

osserviamo a determinati livelli ai quale corrispondono determinate proprietà chimico – fisiche che, negli

organismi viventi si parla di funzioni, implicando velatamente un certo finalismo o come riconoscimento

obiettivo di una certa coordinazione tra strutture e proprietà tra loro tale da rendere possibile la vita: una

certa forma di vita, coordinata messa a punto filogeneticamente e ontologicamente predeterminata lungo

tutto il suo percorso evolutivo.

E’ sopra questi argomenti che è nata, e si svolge tutt’ora, la discussione tra finalismo e determinismo, tra

Fitoterapia Tradizionale Erboristica e Fitoterapia Clinico Farmaceutica: argomenti che lo scrivente si è

sempre tenuto lontano visto che su questo punto non possiamo disquisire, poiché finalisti e deterministi

non possono diversificarsi, poiché ambedue parlano di funzioni e di organi, apparati e sistemi nei quali

troviamo sempre un elemento microscopico nella struttura della cellula

segue la seconda parte…

COS’E’ L’UOMO IN FITOTERAPIA TRADIZIONALE ERBORISTICA – appunti di lavoro – del Maestro Simone Iozzi

OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI  PRELIMINARI:

  • Concretizzare l’uomo come microcosmo che racchiude in sé il macrocosmo.
  •  Come fenomeno vivente – forma – corpo – e nuomeno; essenza e psiche.
  • Aspetti interdipendenti che agiscono uno sull’altro.
  • Aspetti di una unità qual è l’individuo umano.
  • Ma è anche figlio della terra madre/matrice di vita.
  • Chi la conosce veramente? giacché in essa agiscono atti conosciuti ed atti  imponderabili non ancora sufficientemente noti

Ogni volta quando osserviamo  un organismo vivente pluricellulare, non finiamo mai di stupirci di quanto siano ben organizzati tutti i miliardi di cellule che lo compongono e  come  queste contravvengano al disordine cui la vita non può sfuggire dalla sua immanenza. Come la sua continuità sia strettamente legata alla capacità di utilizzare materia ed energia che attinge dall’ambiente al suo esterno restituendoli poi sotto forma  di scorie e di calore.

Sappiamo anche come  ogni organismo vivente viva grazie alle sue cellule, e come queste operano in un incessante rimaneggiamento dei metaboliti  presenti nel loro citoplasma formato da un delicato film liquido contenente organuli e sostanze che conducono alla formazione di altre sostanze e così di seguito fino al prodotto finale quali le proteine e, nel contempo, di eliminare biossido di carbonio e tutti i prodotti di scarto del proprio metabolismo.

Sappiamo anche che partendo da corpi chimici relativamente semplici l’organismo sia in grado di costruire composti altamente complessi  tramite  continui rimaneggiamenti sequenziali di scissioni e nuove risintesi fino al prodotto finale: ovvero a molecole organiche  a cui i diversi  destini  sono attribuite le particolarità di ogni singola “via metabolica” fino a costituire una estesa rete di canalizzazioni il cui significato risulta fondamentale per l’esplicazione della vita quale quella che conosciamo.

 Sappiamo anche come la materia vivente abbia in comune tutta una serie di caratteristiche che permettono di  distinguerla dalla  non viva: che possiede una propria individualità, una propria relazionalità, una propria diversità in un tutto intimamente connesso, interconnesso e mediamente interdipendente a mezzo di una  complessa rete di relazioni  tramite la quale,  tutti gli attributi indispensabili alla vita poiché assoggettata a processi di autocontrollo sopra gli avvicendamenti  dei cicli metabolici che producono o riproducono continuamente se stessi nei propri modelli di organizzazione molecolare,  a patto pero che conservino la loro individualità processuale.

 Potremmo  chiederci infine se sia opportuna un riflessione sulla individualità processuale dei cicli metabolici. La risposta è affermativa poiché nei sistemi organici essi si  esplicano in termini di coerenza  tra scissione e risintesi comunque slegati  da una linearità di causa – effetto.

Fondamentale è dunque l’importanza data al  continuo controllo sulle multiformi occorrenze tra i diversi comparti dell’organismo attraverso una efficiente intercambiabile reciprocità tra le connessioni di un sistema di canalizzazione con estese vie reciprocamente comunicanti da rappresentare, nel loro insieme, un supersistema a circuiti multipli assoggettati al nozione del tutto agisce su tutto e tutto coordina il tutto,  in subordine alla condizione di “sistema  finalisticamente organizzato”, legittimato (citando Lamarck) “in forza di una necessità interiore degli organismi viventi secondo i propri bisogni di appressamento filogenetico ontologicamente definibile come vincolo di sopravvivenza”,   trovando sostegno principalmente nella  solidale inclinazione  a riunire in un comune denominatore di  “sistema aperto, cellulare, delimitato da un confine selettivo qual è la pelle percorso da flussi” come prospettato da Pietro Omodeo, “nella misura in cui abbraccia incondizionatamente il paradigma riguardo l’ottimizzazione di “ambienti mutevoli” all’interno della struttura umana concepita come solidale compagine di strutture caratterizzate da corpi chimici che entrano a farne parte,  poiché niente fa parte del nostro organismo che non dipenda da un incontro tra corpi chimici  aggregati tra loro; ed è naturale che sia così perché noi siamo “relazione tra sostanze diverse”, dove la nostra stessa esistenza è un concerto di “incontri” tra  corpi chimici i quali, aggregandosi dentro di noi, formano e mantengono momento dopo momento il nostro organismo in un comune  accordo convergente verso un unico scopo. Dove i corpi chimici che ne fanno parte, se studiati separatamente, non hanno in sé l’idea della vita se non quando,  aggregandosi all’interno della cellula, vanno a formare lo stato di fondo  componente sostratiale dell’organismo.

La sostanza vivente ci si presenta dunque con un ordine, con una forma, o meglio con disegni più o meno complessi di forme ben definite sulle quali si predispongono le funzioni: Dobbiamo subito sgombrare il campo dall’ozioso dilemma, se sia la funzione a creare la struttura, o se preesista un sostrato morfologico su cui  si impiantano poi le funzioni. Forma e funzioni son inscindibili, sono i due aspetti cui ci si presenta un’unica realtà mai caotica quando la osserviamo a determinati livelli  implicante velatamente un certo finalismo connesso alla vita:  una  forma di vita acquisita   lungo tutto il suo  percorso evolutivo.

E’ sopra questi argomenti che è nata, e si svolge tutt’ora, la discussione tra finalismo e  determinismo: argomenti che  lo scrivente si è sempre tenuto lontano visto che su questo punto non possiamo disquisire, poiché finalisti e deterministi parlano ambedue di funzioni e di organi, apparati e sistemi, di condizioni ambientali interne ecc, sulle quali troviamo sempre un elemento microscopico nella struttura della cellula.