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Quarto ragionamento ” Riguardo alla risposta difensiva verso Input stressogeni ” del Maestro Simone Iozzi

L’affermazione della specie implica l’insorgenza, nella sua evoluzione, di meccanismi difensivi

sempre più raffinati che la preservino dai continui attacchi provenienti dall’esterno.

L’organismo umano deve pertanto essere in grado, entro certi limiti, di rispondere adeguatamente alle variazioni atmosferiche, di neutralizzare i microrganismi , di eliminare tutte le sostanze diverse al fine di mantenere la propria integrità e individualità.

In termini generali la capacità di risposta difensiva rappresenta il complesso di adeguamenti

biologici e fisiologici mobilitati in presenza di nuove esperienze avverso input stressogeni di varia natura capaci di alterare il normale controllo delle basilari condizioni di vita dell’organismo.

Tale risposta è direttamente rapportabile al significato di omeostasi (da non assimilarlo al concetto di stato eucrasico), i cui concetti fondamentali furono già espressi nel 1800 dal Bernard ripresi poi dal fisiologo statunitense W. B. CANNON nel 1926 introducendo il nozione che il nostro
organismo è un sistema aperto con scambi con l’ esterno, e le sostanze che lo compongono risultano
estremamente instabili. Il fatto che mantengano uno stato omeostatico costante (non fisso), è prova dell’ esistenza di meccanismi equilibratori che ne controllano i volumi.

Infatti, ogni tendenza al mutamento (vedi stato eucrasico) è impedita da un’ accresciuta mobilitazione dei fattori di equilibrio omeostatico tanto maggiore quanto più forte è la propensione difensiva.

Il sistema di regolazione omeostatica risulta composto da un insieme di fattori cooperanti come

sistema polifunzionale di un autocontrollo come feedback negativo (o retroazione) organizzato e

mantenuto da automatismi di regolazione ossia dalla completezza delle attività corporee a carattere

fisiologico.

Simone Iozzi

“Fiori di Bach, la Carezza che mancava.” Riflessioni di un Floriterapeuta non credente di Bartolomeo Antonio Scalzi

“Fiori di Bach, la Carezza che mancava.”

Riflessioni di un Floriterapeuta noncredente.
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Capitolo 1: Bach nonostante Il suo Tempo.

Cosa caratterizza un Grande Personaggio?
L’essere, si, Figlio del Suo Tempo ma esser stati capaci di superarlo, d’introdurre un briciolo di novità.
In poche parole: un Grande Personaggio è colui/colei che cambia la Storia.
In questo mio discorrere, spero di poter argomentare, in maniera scanzonata, la mia ammirazione per il Dr Edward Bach.
Quando il Dr Bach elaborò il suo Modello di Cura con i Fiori, la Gran Bretagna viveva (ancora) il suo momento di massimo splendore (anche se eventi ben più bui di quelli della Grande Guerra si stavano preparando). E per un giovane uomo, stimato professionista e rampollo della Borghesia agiata, le possibilità dovevano essere magnifiche!
I possedimenti e gli interessi della Gran Bretagna erano in tutto il Mondo conosciuto. La capacità, tutta anglosassone, di osservare, raccogliere, incasellare e catalogare era sì congeniale alle mire del Colonialismo, smanioso com’è sempre stato, di sfruttare ogni risorsa dei possedimenti oltremare: vegetali, animali, umani o strategici che fossero ma questa messe d’informazioni erano a disposizione dei più fortunati tra i Sudditi di Sua Maestà Britannica. In altre parole: se non potevi spostarti, avevi il Mondo in Casa: Encyclopædia Britannica, i Kew Gardens, infiniti Musei portavano reperti, Piante, Animali, stampe testimonianze da ogniddove e, sopratutto, una sfilza di intellettuali che raccontavano il Mondo… e come lo raccontavano! Meraviglia, certezza e voglia di scoprire tutto, Tutto! Sicurezza nel poter interpretare il Mondo. Non importa se si parli, come nel caso di D. H. Lawrence, dei meandri dell’Amore e del Possesso, o di sir Arthur Conan Doyle e la sua ferma convinzione che fosse possibile spiegare i misteri con la Logica ed il Sapere del suo (suo malgrado) alter ego, Sherlock Holmes. Oppure di Charles Darwin (vissuto 50 anni prima ma compreso solo dopo) il quale fu guidato dalla Logica nello scoprire le chiavi dell’Evoluzione sia che studiasse le Orchidee nella radura dietro casa sia che si spingesse sino alle Galapagos. Logica accompagnata da una profonda meraviglia al limite dello sconvolgimento.
Questo modo di esplorare il Mondo, aveva motivazioni colonialiste e “predatorie” ma le metodiche scientifiche, la loro capacità di indurre il ragionamento unitamente alle meraviglie che si presentavano ai loro occhi, ebbene, fecero di tutte queste necessità, oltre che un delirio di onnipotenza, anche una Stupenda Virtù. La Scienza ti cambia e ti migliora.
Quando il Mondo ti entra in Casa, ti arricchisci, certo, puoi anche pensare di dominarlo ma è indubbio che esso ti trasformerà. Almeno, questo vale per le Menti più accorte e sensibili.
Ecco la ragione di tanto Benessere Intellettuale, oltre che materiale, della Gran Bretagna a cavallo di due secoli.
Ove per me il più fulgido esempio, nella Letteratura e nella sua vita, fu Robert Louis Stevenson, capace di capire e diventare parte del Mondo che osservava: morì onorato e rispettato dagli abitanti delle  Isole Samoa. Insomma non si arricchì soltanto, scrivendo di loro.
Ovviamente quando le Meraviglie, diciamo così, reali si presentarono agli occhi Inglesi esse si confusero ed alimentarono nuove curiosità per Miti e Leggende. Un bel calderone, insomma.
Ripetendomi: ecco che le fantasie più accese, attinte dal bagaglio delle tradizioni, si innestarono dentro quella mole enorme di meraviglie che, quasi quotidianamente, arrivavano in Gran Bretagna più che altrove.
Conan Doyle stesso rimase preda di spiritisti millantatori nella ricerca di una traccia che lo riportasse a suo figlio morto prematuramente. Quest’ultima notizia è da confermare ma è indubbio che Sir A. C. Doyle fosse un convinto seguace dello Spiritismo, capace (non era certo un fessacchiotto…) di scoprire gli imbroglioni più smaccati. Certo ne scoprì tanti ma non sempre…
Ricerca, certezze, disponibilità di Tempo e Risorse, voglia di esplorare e far proprio il Mondo, Tecnologie sempre più potenti.
Voi Tutti dovreste vedere cos’era l’Inghilterra di quei tempi!
Accanto ai fetidi docs, allo squallore dei bassifondi, della vita di un proletariato affranto dalla fatica e sconvolto più dall’oppio e dal laudano che dall’alcol – bambini compresi – alle condizioni inumane nelle fabbriche e nelle miniere, ebbene, tutto questo conviveva con il meraviglioso paesaggio nei latifondi dell’Inghilterra, con le Bianche Scogliere di Dover, e con le brughiere delle Highlands che continuavano a mantenersi, a dir poco, aulici. Le emozioni si rifacevano ad un mondo di Fate, Elfi e Gnomi: creature fantastiche con le quali, in quel paesaggio, ti aspetteresti d’imbatterti ad ogni angolo che svolti, dietro ogni albero che superi. Accanto alle Certezze, fioriva, allora, la ricerca del Fantastico: uno strano e produttivo sincretismo tra Due Mondi.
Spiritismo, Esoterismo, Esotismo Tradizioni Celtiche, spesso malamente innestate, catturavano l’attenzione di un’aristocrazia viva e vegeta non decadente come quella del resto d’Europa, di borghesi audaci e perfino degli intellettuali, come s’è detto.
Questa era la Gran Bretagna a cavallo tra l’800 e il ‘900, quando visse il Dr Edward Bach.
Dimostreremo più avanti, che il Dr Edward Bach fu figlio del suo tempo ma fu capace di scollarsi dal sincretismo asfissiante trasformando il Suo delirio terapeutico in un’Opera di Poesia. Seguiteci.

B.A.Scalzi bach flower

Uso medicamentoso dell’Agarico bianco ( Fomes officinalis )di Luigi Giannelli

Si tratta di un fungo, chiamato da Dioscoride “radice” per la sua durezza. Il nome scientifico è Fomes officinalis e ha avuto largo utilizzo nell’antichità. Fino al XIX secolo è stato impiegato, sebbene il nome fosse un altro: Laricifomes officinalis, a sottolineare la sua predilezione per il larice.
Pier Andrea Mattioli, nel XVI compie un’opera monumentale: traduce la “Materia Medica”, ovvero lo studio delle singole droghe di uso medicamentoso, redatta da Dioscoride nel I secolo d.C. Ci sono anche delle composizioni, ma l’esigenza maggiore è quella di spiegare meglio l’attività delle singole droghe. È chiaro che questo, all’epoca, serviva proprio a conoscere le singole droghe, per usarle convenientemente per realizzare i medicamenti composti. Mattioli è un senese, che per non aver problemi in patria, si trasferisce a Trento, e si mette sotto la protezione del suo Arcivescovo, noto sostenitore di studiosi ed intellettuali. Ma Dioscoride? Nasce ad Anazarba, città della Cilicia, attuale Turchia, nel 40 d.C. e vi muore nel 90 d.C. Fu medico e farmacologo, al tempo dell’imperatore Nerone. Fu anche medico militare e in questa veste operò nelle legioni; la sua più importante presenza fu sotto le insegne di Lucilio Basso, durante la Prima Guerra Giudaica; ai tempi il massimo comando militare fu nelle mani di Vespasiano, che alla morte di Nerone, dopo un periodo di “anarchia militare” (in un anno si susseguirono ben tre pseudo-imperatori: Galba, Otone e Vitellio) ne prese il posto. Nerone morì nel 68 d.C., Vespasiano prese il potere nel 69 d.C. Quindi l’Autore viaggiò in Medioriente e può permettersi di giudicare le sciocchezze dette dai suoi contemporanei, che spesso parlavano per sentito dire. Lui, al contrario, vide dal vero molte piante e droghe che provenivano da quelle terre. Da Dioscoride vogliamo trarre una pianta, con la quale inizia il III Libro della “Materia Medica”, infatti la prima pianta di un certo libro era da considerarsi molto importante. Essa è un fungo, chiamato da Dioscoride “radice” per la sua durezza, Fomes officinalis, largamente usato nell’antichità e che è stato usato fino al XIX secolo. Oggi è chiamato Laricifomes officinalis (anche perché era chiamato “fungo del larice),

della famiglia delle Laricifomes e dell’ordine delle Poliporales. Dal ministero della Salute non è stato ancora riconosciuto ed è stato sostituito da Fomes fomentarius “o fungo da esca” usato per accendere il fuoco. Oggi gli viene attribuita una attività atropino-simile (è per questo che non è stato legalizzato) e secondo gli ultimi studi è attivo nell’ipercloridria gastrica, nella sudorazione profusa e nella scialorrea. (l’attivita’ atropino-simile non e’ rilevata nel Fomes Fomentarius)  In questi anni, l’uso di funghi medicamentosi sta entrando di moda, ma i più famosi hanno nomi giapponesi: sono il Maitake, lo Shitake e il Reishi. In epoca pre-industriale era usato come drenante della Flemma (Acqua Organica) perversa. Riporteremo il testo del Mattioli con alcune modifiche per una migliore comprensione. Materia Medica, Libro III, cap. 1° “Se ne trova in due specie, maschio e femmina; il migliore è la femmina che ha dentro a se canalicoli dritti. Il maschio è arrotolato in sé stesso, rotondo e serrato. Ambedue al primo gusto sono dolci, poi un po’ dopo viene fuori l’amaro. Nasce nella zona della Sarmazia che si chiama Agaria (1) […] ma nasce anche in Galatia e in Cilicia (2)”. C’è da aggiungere che cresce anche in Italia. “Ha l’Agarico virtù astringente e Calda. Fa bene nei dolori intestinali, agli Umori non trasformati, alle ulcerazioni, a coloro che cadono dall’alto. Si somministra nella febbre con Acqua Melata e quando non c’è febbre, si dà con Vino Melato al peso di due oboli (poco più di un grammo). Invece se ne dà utilmente  una dracma (tre grammi e mezzo circa) a chi soffre di fegato, ed al blocco biliare, a chi soffre di asma, al mal di reni, alla dissenteria,  e come diuretico; giova anche ai disturbi dell’utero ed a coloro che sono pallidi e senza colore. Si dà ai tubercolotici con Vino passito e a chi ha problemi di milza (3) con Aceto Melato. Si somministra così, puro, senza alcun liquido a chi vomita il cibo per debolezza di stomaco, ed a chi ha eruttazioni acide. Bevuto con acqua al peso di tre oboli (1,5 g circa), astringe gli sputi di sangue. Assunto con Aceto Melato, nello stesso peso, giova nella sciatica, ai dolori articolari ed alle crisi epilettiche. È emmenagogo e giova al meteorismo uterino; somministrato all’inizio, toglie il tremore ed il senso di Freddo, che precedono l’insorgenza delle febbri. Assunto al peso di una dracma (tre grammi e mezzo circa) o anche di due dracme (sette grammi circa) con Acqua Melata, ha azione lassativa/purgante. Assunto nella quantità di una dracma (tre grammi e mezzo) con Vino annacquato, giova negli avvelenamenti. Soccorre energicamente al morso dei serpenti, nella quantità di tre oboli (circa 5 grammi), bevuto con Vino. Insomma l’Agarico conviene a tutte le malattie degli organi interni, somministrato secondo l’età, e le forze delle persone, a chi va dato con Acqua, a chi con Vino, a chi con Aceto Melato, a chi con Acqua Melata (4)”. Il commento di Mattioli E questo è quanto spiega Dioscoride; Mattioli, ovviamente fa sempre seguire un suo commentario, spesso citando altri autori importanti dell’antichità o suoi coevi. Scrive innanzitutto che è un Fungo (cosa che è incerta nella descrizione di Dioscoride), che nasce sugli alberi. L’albero sul quale cresce più volentieri è il larice, ma non il solo. Mattioli sottolinea che nasce eccellentissimo sui Larici del Trentino e che Plinio, nell’8° capitolo del XVI libro della sua Storia Naturale (e Plinio è coevo di Dioscoride, ma non si sono mai conosciuti) e che viene sugli alberi che producono ghiande. Cita poi Galeno, che ne parla nel VI Libro de Le virtù dei semplici medicamenti, sua opera fondamentale, affine a quella di Dioscoride, ma più sintetica e precisa, secondo la Dottrina Umorale. L’agarico secondo Galeno e Mesue Anche Galeno, definisce l’Agarico “radice”. Ecco la sua descrizione:“La radice dell’Agarico, che nasce nel tronco, al primo gusto è dolce, ma successivamente diviene amara, con alquanto di acre e di leggermente astringente. È nella sua sostanza rarefatto, leggero. E perciò è manifesto per tutti questi aspetti che questa droga è composta di sostanza Aerea (Aria), e Terrea (Terra), ma assottigliata dal Calore. C’è pochissima materia Acquea (Acqua). Per questi motivi ha virtù Calda, dissolvente, fluidificante, e aprente in tutte le viscere. Perciò guarisce coloro che sono colpiti dal blocco della cistifellea e dall’ostruzione epatica, e necessitano del drenaggio biliare. Per gli stessi motivi, giova nell’epilessia, ai blocchi mucosi (ad esempio delle vie respiratorie, digestive e genitali, soprattutto), causati dal muco viscoso (Flemma/Acqua perversa). Giova ai morsi ed alle punture degli animali velenosi, che nuocciono con la Freddezza del loro veleno, sia applicato all’esterno sul morso, sia assunto per via orale al peso di una dracma (3,5 g circa), con Vino annacquato. Ha anche la virtù di purgare l’intestino”. Galeno ne scrive anche nel I Libro degli Antidoti, nel quale cita gli aspetti esteriori. Mesue (Yuhanna ibn Masahaui, medico del Califfo di Bagdad, VII secolo d.C.), dice nel suo Libro dei Semplici Solitivi che purga la Bile rossa (surriscaldata e infiammatoria) e la Flemma/ muco densa e viscosa. Pulisce il cervello (organo della Flemma), i nervi, la parte sensitiva, i muscoli, espelle il muco dalla nuca (cervicale). Pulisce l’apparato respiratorio dal muco viscoso e putrescente, ma anche lo stomaco, la milza, i reni, e l’utero, e le articolazioni. Come si capisce, e interrompiamo qui la storia dell’uso medicamentoso dell’Agarico bianco, sono tutti d’accordo, ognuno descrivendone gli effetti secondo la propria cultura. È importante sottolineare che tutti gli Autori citati sono legati alla Dottrina Umorale Ippocratico-Galenica. n Bibliografia Mattioli P.A. Discorsi sulla Materia Medicinale di Pedacio Dioscoride Anarzabeo, Venezia, 1557. (Rist. anastatica BiokymaAnghiari AR ‘93).

Note 1. Sarmazia (e quindi anche l’Agaria) è una zona che si trova tra le attuali Ucraina e Russia meridionale. Abitata dal popolo dei Sarmati. 2. Odierna Turchia. 3. Problemi di milza: la milza, secondo la dottrina umorale governa la struttura ossea, l’apparato emopoietico, la tiroide, l’utero, e la solidità degli organi. 4. I vari liquidi di somministrazione possiedono gradi diversi di Calore: l’Acqua è Fredda, il Vino è Caldo, il Miele che è Caldo, mescolato con Acqua o con Aceto (che è più Freddo dell’Acqua), dà “vettori” a Calore variabile, adatto, di volta in volta secondo la costituzione del malato e le circostanze generali dell’affezione curata.

*articolo pubblicato su Farmacia news -n°11  dicembre 2015.  edizioni Tecniche Nuove Editore

 

Il Finocchio… e il suo essere poliedrico

fennel tea

“Farsi infinocchiare”, locuzione che significa “non farsi influenzare”, prende spunto proprio dal finocchio che era offerto dall’oste quando voleva dar da bere ad un cliente un vino scadente, il cui gusto veniva migliorato dal forte aroma. Il Foeniculum (dal latino “foenum”, fieno, per l’uso foraggero che se ne faceva) è stato coltivato dagli antichi romani per il suo frutto aromatico e la succulenta parte edibile (grumulo); i semi di finocchio sono stati trovati persino nelle tombe dei faraoni egiziani. Il finocchio è stato anche adoperato come un’erba magica: nel medioevo fu posto sopra le porte la vigilia di mezza estate per proteggere la famiglia dagli spiriti maligni.

È una pianta erbacea annuale, biennale o perenne alta da 40 cm fino a 2 mt; glabra e glauca, ha foglie con la base ingrossata e guainante ed in alto completamente divise in lacinie filiformi. La porzione appena interrata è di norma nodosa ed annulata (grumolo), da cui si dipartono i fusti; i fiori sono gialli disposti in ombrelle terminali; il frutto (comunemente chiamato seme) è un achenio lungo 4-7 mm.

Le varietà.
Esistono molte varietà di finocchio ed una classificazione è praticamente impossibile a causa della tendente ibridizzazione. Di Foeniculum vulgare subsp. vulgare esistono 3 varietà: la “vulgare” è il finocchio amaro, usato spesso per adulterare la varietà dolce nella produzione dell’olio essenziale, con una quantità inferiore di anetolo; la varietà “azoricum”, annuale, chiamato finocchio, finocchio di Firenze o anice, ha il grumulo dolce ed edibile; la varietà “dulce” chiamato finocchio, finocchio dolce o romano, ha un frutto più grande, molto aromatico, coltivato soprattutto per la pregiata qualità dell’olio essenziale, che viene raccolto a maturazione: è una varietà precocissima adatta per la semina.
La subsp. piperitum è invece il finocchio selvatico o pepato, specie perenne e nota pianta aromatica mediterranea utilizzata in cucina che si può trovare in diverse aree temperate del mondo fino ai 1000m di altitudine; è caratteristica lungo le strade, i sentieri e i luoghi aridi.
Le varietà descritte appartengono a due sub-specie che variano morfologicamente:

-nel numero dei raggi dell’ombrella, 12-25 o più nella subsp. vulgare e 4-10 della subsp. piperitum
-nella forma delle foglie, che sono flessibili e lunghe più di 10 mm nella subsp. vulgare, ridottissime e rigide nella seconda;
inoltre, quest’ultima è sempre perenne e non ha il grumolo, mentre la subsp. vulgare è spesso biennale ed ha un grumolo voluminoso ed edibile.

Tralasciando l’approvazione di tale sistematica, il Foeniculum vulgare Mill. potrebbe essere confuso con l’aneto (Anethum graveolens L.) e con il falso aneto per l’aspetto fogliare e il colore dei fiori, ma distinguibile dall’aroma dell’aneto in quanto più simile al cumino e da quello del falso aneto che è pungente e poco gradevole.

Usi tradizionali
È una pianta adoperata ampiamente nelle medicine tradizionali come la Ayurveda, Unani, Siddha, in quelle indiane e iraniane, con metodi di preparazione ed uso che fanno parte di una ben documentata letteratura etnobotanica. I frutti maturi e l’olio essenziale di finocchio sono usati come agenti aromatizzanti nei prodotti alimentari: i frutti in particolare sono utilizzati per produrre liquori, pane e formaggio, mentre l’olio essenziale è anche un ingrediente di prodotti cosmetici e farmaceutici.
Anticamente in Sicilia si masticava il finocchio selvatico o quello dolce per l’acidità di stomaco (oggi sappiamo che tale effetto va sfruttato in uno stomaco la cui mucosa gastrica è intatta), mangiato nelle minestre come galattogeno e nella galattorrea; veniva inoltre applicato per curare i “polipi agli occhi” ed usato come depurativo e diuretico il decotto dei semi. In Basilicata invece le foglie più tenere venivano masticate e bloccate sull’ulcera per curare le stomatiti mentre il decotto dei frutti veniva utilizzato per i disordini digestivi; in Liguria, come sedativo, si dava da mangiare ai bambini i germogli apicali; mentre a Roma invece si masticavano, o si usavano come condimento, i frutti per avere l’effetto galattogeno. Tradizionalmente in Europa e nelle aree mediterranee il finocchio è usato come antispasmodico, diuretico, antinfiammatorio, analgesico, secretomotorio, secretolitico, galattogeno e come collirio.

Usi medicinali
Viene utilizzato principalmente per la sua attività antispasmodica che ha trovato conferma anche da evidenze cliniche: agendo sulla funzionalità della muscolatura liscia migliora la spasticità nei disturbi gastrointestinali anche nei bambini (flatulenza, coliche gassose, sindrome del colon irritabile, colite cronica, dispepsie), mentre l’olio essenziale regolarizza la motilità e riduce la produzione di gas intestinale.
Alcuni studi farmacologici sembrano confermare l’attività espettorante dei frutti i quali stimolano la motilità ciliare dell’apparato respiratorio facilitando l’eliminazione dei corpuscoli estranei, l’olio essenziale invece stimola la contrazione della muscolatura liscia della trachea facilitando l’espettorazione.
L’effetto galattogeno sembra, da evidenze sperimentali, essere dovuto principalmente all’anetolo, il quale sembra sia di tipo selettivo nella ghiandola mammaria: esso (probabilmente meno potente dei suoi polimeri) compete con la dopamina, inibitore della prolattina, stimolando la produzione di latte.
Riguardo l’attività antimicrobica, la letteratura è ricca di dati: tutti gli studi sono stati effettuati sugli estratti grezzi ed è difficile individuare il metabolita antimicrobico attivo. Al di là di questo, l’olio essenziale non sembra avere un’attività antibatterica molto pronunciata, ma è risultato efficace ad ampio spettro su 25 ceppi batterici patogeni.
La Commissione E ha approvato l’uso interno dell’olio essenziale di finocchio per disturbi spastici del tratto gastrointestinale, sensazione di pienezza, flatulenza e anche per disturbi delle vie respiratorie superiori come il catarro; infatti il miele al finocchio è stato nello specifico raccomandato per contrastare il catarro nei bambini.

La composizione
Il finocchio è ricco di fibre e vitamine ed è una delle più alte fonti vegetali di potassio, sodio, fosforo e calcio. I carboidrati sono i macronutrienti più abbondanti in tutte le parti e vanno dai 18,44 ai 22,82 g / 100 g, mentre le proteine, gli zuccheri riducenti, e i grassi sono i macronutrienti meno abbondanti; le proteine ​​nello specifico variano tra 1,08 g / 100 g nei gambi e 1,37 g / 100 g nelle infiorescenze. Inoltre, le infiorescenze e i gambi hanno il più alto contenuto di grassi (1,28 g / 100 g) e minore è il contenuto dello zucchero (1,49 g / 100 g), rispettivamente, tra tutte le parti di finocchio. Le infiorescenze hanno i valori più alti di energia, mentre le foglie e steli ne hanno un contenuto più basso.
Sono state condotte molte ricerche fitochimiche, con risultati diversi, per analizzare la composizione dell’olio essenziale; ad influenzare la composizione dell’olio essenziale del finocchio sono le varietà, il tempo e il luogo di raccolta o di coltivazione, nonché la conservazione. I principali componenti sono derivati ​​dei fenilpropanoidi: trans-anetolo, estragolo (metil cavicolo), e poi alfa-fellandrene, limonene, fenchone, e alfa-pinene. È quindi molto difficile stabilire la quantità di estragolo effettiva presente nell’olio essenziale.

La presunta tossicità
Un lavoro pubblicato qualche anno fa su “Food and Chemical Toxicology“ ha suscitato una larga eco sul web e sulla stampa; in seguito a tale studio il finocchio è stato accusato di tossicità soprattutto se usato come decotto per i bambini: la sostanza imputata è l’estragolo, un fenilpropanoide presente in quantità variabili nel basilico, nel finocchio e nell’anice. Gli autori hanno misurato, in vari campioni di tisane al finocchio in commercio in Italia, il contenuto di estragolo: alcune di queste tisane conterrebbero quantitativi di estragolo che, a parere degli autori, potrebbero rappresentare un pericolo se assunti dai bambini nei primi mesi/anni di vita. Essi segnalano anche che alcune tisane solubili in vendita in Italia, appositamente formulate e commercializzate per lattanti e bambini, contengono quantità di estragolo che meritano attenzione.
Ciò che ha destato sospetto è la genotossicità in vitro e la cancerogenicità dell’estragolo in studi su roditori, l’interpretazione dei quali ha suscitato critiche e perplessità tra gli esperti. I motivi cruciali della disapprovazione riguardano precisamente 4 punti:
I dati ottenuti in modelli animali non sono sovrapponibili a quelli ottenuti negli esseri umani.
Le alte dosi di estragolo puro applicate negli studi non rappresentano le dosi reali a cui gli esseri umani sono esposti come consumatori di cibi e fitofarmaci contenenti tale sostanza. L’esposizione negli esseri umani avviene sempre a dosaggi molto più bassi e per tempi minori di quella a cui sono stati sottoposti gli animali da laboratorio, molte volte viene somministrato estragolo per quasi tutta la vita dell’animale da laboratorio.
Gli studi sul metabolismo dell’estragolo rivelano differenze quantitative tra il metabolismo dell’estragolo nei topi e negli uomini.
È stato dimostrato che una sostanza somministrata in forma isolata può avere effetti significativamente diversi dalla stessa assunta nel suo fitocomplesso.
I suddetti elementi non sono stati considerati nella valutazione del rischio nella misura in cui questa dovrebbe comunque essere basata su dati adeguati raccolti in studi relativi agli esseri umani. C’è anche da tenere presente che non esistono studi epidemiologici e clinici che possano confermare la cancerogenicità osservata nell’animale da esperimento, ma considerando il lungo uso tradizionale dell’infuso di finocchio, la probabilità di un grave rischio è trascurabile.
Una miscela multicomponente come l’infuso di finocchio contiene sostanze che potrebbero ridurre notevolmente gli effetti tossici di alcune molecole presenti le quali, valutate singolarmente, sono dannose: l’estragolo puro ed i suoi metaboliti sono infatti inattivati da molte sostanze contenute nel decotto e nell’infuso; i conseguenti effetti avversi sono ridotti quando l’estragolo è ingerito nel proprio contesto fitochimico.
L’estragolo è metabolizzato lungo una serie di pathway metabolici tra cui O-demetilazione (che dà il cavicolo), epossidazione del doppio legame, 1′-idrossilazione e degradazione ossidativa della catena laterale di acidi carbossilici. Le dosi alte conducono alla saturazione di alcuni sistemi enzimatici che causano l’attivazione di reazioni metaboliche alternative come la 1′-idrossilazione che, nel topo, è la principale via metabolica che determina la produzione di derivati ​​con maggiore potenziale cancerogeno (1-idrossiestragolo). Jeurissen et al. (2008) hanno dimostrato che un estratto metanolico di basilico è in grado di inibire il legame del metabolita 1′-idrossiestragolo al DNA, sia su DNA in vitro sia su cellule di epatomacarcinoma HepG2 intatte, bloccando quindi il meccanismo responsabile dell’avvio del danno cellulare. L’attivazione dell’estragolo, dei suoi metaboliti ed i conseguenti effetti avversi sono quindi ridotti quando l’estragolo è ingerito col suo fitocomplesso rispetto a quando viene somministrato come sostanza isolata. A questo proposito si conferma dunque l’ipotesi che altre molecole presenti nell’estratto sono in grado di bloccare il meccanismo responsabile dell’avvio del danno cellulare.
Altra critica si può fare alla modalità di somministrazione dell’estragolo nei topi: essa viene eseguita in pochi minuti mediante siringa o sondino gastrico (gavage) ed è di fatto insolita nell’uomo; il rischio di tossicità potrebbe aumentare perché l’assorbimento è più veloce e si espone il fegato ad alti livelli della sostanza. Tale somministrazione può alterare il metabolismo e produrre effetti tossici che non si verificano quando la stessa dose giornaliera viene somministrata con la dieta. L’uomo in genere ingerisce minori quantità della sostanza che si trova nel proprio contesto fitochimico, non tutti i giorni né per lunghi periodi. Le piante la cui composizione comprende estragolo non fanno tra l’altro parte dell’alimentazione abituale del topo bensì dell’uomo, il quale è esposto da millenni a quantità normali di estragolo, e quindi potrebbe essersi adattato sviluppando, rispetto al topo, una diversa tolleranza.

EFSA ed EMEA hanno preso posizioni allarmistiche al riguardo, effettuando misure cautelari estremamente rigide. Tale difesa nei confronti della salute non ha però fondamenti scientifici diretti; potrebbe anche avere un seguito se si facesse riferimento all’uso dell’estragolo come singola sostanza chimica (ad esempio come additivo alimentare), ma non è così; il timore della tossicità è attribuito impropriamente al pool di sostanze che sono il risultato del processo fitochimico della pianta. Relativamente all’estragolo assunto unitamente ai costituenti chimici naturali dell’estratto o dell’alimento, consumati da sempre dall’umanità, si viene a distinguere la natura del discorso riguardante l’estragolo puro. FAO e WHO si sono posizionati invece su livelli molto più rassicuranti, mentre FAO e OMS pongono importanza sul fatto che l’uomo non assume estragolo in forma isolata e a dosaggi elevati, ma solo a piccolissime dosi ed all’interno di un pool di sostanze presenti in alimenti e piante officinali; ipotizzano che il metabolismo di questa sostanza sia significativamente diverso nell’uomo da quello che è stato osservato in vitro ed in vivo come sostanza isolata.
È necessario evidenziare che, secondo moderne indagini antropologiche ed evoluzionistiche, il mantenimento di determinate abitudini alimentari è associato ad una migliore capacità di sopravvivenza; non è quindi né utile né costruttivo puntare il dito sulla sostanza contenuta in una pianta senza considerare altri fattori che sono determinanti. Tutto sommato, di fatto, il finocchio rientra in abitudini alimentari e mediche antiche ed ha sempre conservato una reputazione positiva.

Dott. Fabio Milardo
Fonte: L’ Erborista n° 1/2016

Olio Aromatizzato (Oleolito) con le Spezie (di Antonio Scalzi)

Qualche tempo fa un mio collega, fraterno amico e maestro, il dr Luigi Giannelli aveva commentato negativamente un “articolo” comparso su un altro blog.
L’articolo si riferiva alla geniale idea di congelare Spezie ed Erbe Aromatiche fresche in Olio Extra Vergine di Oliva (EVO) sotto forma di cubetti nel freezer!
Naturalmente ha ragione lui: è un’idea balzana sia per l’Olio EVO sia per le Spezie.
Questo “articolo” riscuote, ahimè, molti commenti positivi: e allora Ve lo diciamo noi come si fa’ davvero un Olio Aromatizzato (Oleolito) con le Spezie!
Qui sotto un Copia & Incolla aggiornato del mio commento.
Circola in rete il suggerimento di conservare le Spezie ed Erbe Aromatiche, quali Rosmarino, Aglio, Prezzemolo, ecc., congelandole nella vaschetta per il ghiaccio dopo averle sommerse in Olio Extra Vergine di Oliva (EVO), creando così dei cubetti ghiacciati di Spezie in Olio!!
Devo sonoramente contestare una simile bufala:
Primo, per quanto riguarda la sbagliata procedura per creare un Oleolito
(così si chiama l’estrazione che utilizza come solvente un Olio vegetale per “carpire” gliAromi e le altre sostanze benefiche dalle Piante Officinali ed Aromatiche fresche);
le Spezie potranno facilmente generare Muffe e Batteri, anche molto pericolose per la Nostra Salute e quella dei nostri commensali. Anche il sapore, poi, lascerà a desiderare….
Secondo, contestando le incorrette modalità di conservazione dell’Olio EVO, addirittura congelandolo! Congelare un Olio EVO significa farlo irrancidire! Sarà semplicemente da buttare perché nocivo per la Nostra Salute (aumenta l’acidità ben oltre l’1% consentito per l’Olio EVO) e diventa disgustoso.
Per ottenere un Oleolito da Piante Aromatiche fresche, fate così:
in un Barattolo di Vetro, mettete sul fondo qualche grano di Sale Grosso, meglio se Sale Marino Integrale,
(lascerei in santa pace il Sale di “miniera” e “dell’Himalaya” che tanto vanno di moda: ne parleremo, prometto!),
Il Sale serve a catturare l’umidità residua che, altrimenti, farebbe irrancidire l’olio;
Dopo, ponete – max fino a tre quarti – le piante scelte, mondate e tritate
– eccezion fatta per le foglie di Basilico che lascerete integre e adagiate l’una sull’altra –
infine sommergerete in Olio EVO il tutto, facendo fuoriuscire l’aria imprigionata.
Lasciate macerare 20 gg, circa – A TEMPERATURA AMBIENTE, MI RACCOMANDO! – agitando ogni tanto e poi:FILTRATE.
Non lasciate assolutamente le Piante a macerare insieme all’Oleolito, secondo un’erronea supposizione che: “Più stanno, meglio sarà” NO!
Il rischio di contaminazione batterica ma soprattutto di muffe – già ricordato dal dr Luigi Giannelli – è dietro l’angolo.

Otterrete così una serie di Oleoliti… pardon, Voi li chiamate: Oli Aromatici!
Ma, per noi Erboristi, gli Oleoliti rivestono importanza per conservare ed apportare i benefici di alcune Piante Officinali. Tra questi Oleoliti di impiego Erboristico, il più famoso è l’Oleolito di Iperico: utile nelle scottature ed altre problematiche, orgoglio d’ogni Erborista che si rispetti il quale, almeno una volta nella sua carriera, s’è cimentato a raccogliere – entro giugno – le sommità di fiorite di
Iperico (Hypericum perforatum L.) per prepararlo “in casa” se non addirittura nel proprio laboratorio autorizzato!
Saranno ottimi per insaporire a fine cottura, le Vostre Ricette secondo Gusto e Fantasia!
Ricordatevi comunque che gli Oleoliti – il più conosciuto è quello di Peperoncino – hanno dei limiti:
1. il primo è organolettico: non immaginatevi d’aver una replica completa dei sapori delle Piante Aromatiche fresche ma qualcosa di diverso. Perché l’Olio EVO – anche il più buono – estrae solo alcune delle sostanze, non tutte;
2. il secondo è… strutturale, per così dire! Non potete innaffiar d’olio qualsiasi pietanza impunemente.
In ogni caso è una bella esperienza.
Bartolomeo Scalzi – ERBORISTERIA RUGIADA
Via Armando Diaz, 24 – 74027 San Giorgio Ionico TA

L’impotenza maschile, un approccio olistico( di A.Pagnoni )

La Disfunzione Erettile è una persistente o occasionale incapacità di raggiungere o mantenere l’erezione per un tempo sufficiente a terminare il rapporto sessuale.
Perché si possa parlare di impotenza o disfunzione erettile, l’anomalia deve causare notevole disagio o difficoltà interpersonali e non deve essere attribuibile esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (farmaci inclusi) o di problemi medici generali.

Ci sono diversi tipi di disfunzione dell’erezione (impotenza sessuale):
Alcuni soggetti manifestano l’incapacità di avere l’erezione fin dall’inizio dell’esperienza sessuale.
Altri hanno un’adeguata erezione e poi perdono la tumescenza tentando la penetrazione.
Altri ancora hanno un’erezione sufficientemente valida per la penetrazione, ma perdono la tumescenza prima o durante le successive spinte.

Alcuni uomini che soffrono di disfunzione erettile (impotenza sessuale) possono riuscire ad avere l’erezione solo durante la masturbazione o al risveglio. Anche le erezioni masturbatorie possono venire meno, ma ciò è raro.

Le difficoltà di erezione dell’impotenza sono spesso associate ad ansia sessuale, timore di fallimento, preoccupazioni sulla prestazione sessuale e ad una ridotta sensazione soggettiva di eccitazione sessuale e di piacere.

I problemi di impotenza sessuale o disfunzione erettile possono compromettere le relazioni coniugali o sessuali in atto e possono essere la causa di matrimoni non consumati e di sterilità.
I disturbi dell’erezione sono molto frequenti; si parla di un 10% circa di diffusione nella popolazione generale, che può salire fino ad oltre il 50% con l’aumentare dell’età (70 anni).
Le cause di impotenza sono molteplici e comprendono fattori organici, in particolare problemi vascolari (di circolazione) e neurologici, e fattori psicologici, in particolare l’ansia da prestazione.
Ansia da Prestazione
L’ansia, in quanto meccanismo fisiologico e positivo di attivazione, permette di rendere al meglio in tutte quelle situazioni che richiedono maggiore concentrazione e impegno: essa è utile al raggiungimento di un obiettivo, ma se gestita nella maniera sbagliata, può attivare un meccanismo di auto sabotaggio che non permette di affrontare in modo adeguato i compiti assegnati o di raggiungere gli standard prefissati.

Ciò che differenzia in generale l’ansia da prestazione da altre forme di ansia è l’importanza che viene attribuita da chi ne soffre al contesto ambientale e, ancor di più, al concetto di prestazione.
Il risultato di una prova è esclusivamente percepito in relazione al giudizio dell’altro, che per la persona con ansia da prestazione deve essere necessariamente e completamente positivo, tanto che un minimo allontanamento da questo ideale di perfezione viene percepito in modo eccessivamente negativo. Molte idee irrazionali possono alimentare questo modello, che possono essere riassunte nella massima: “se non raggiungo la perfezione, non avrò successo e per questo sarò rifiutato dagli altri”. Questa visione così rigida coinvolge tutta la persona, perciò basta un solo errore per far precipitare l’autostima e generare, di conseguenza, un profondo malessere.

Nel vivere certe esperienze, la persona che soffre di ansia da prestazione si aspetta il fallimento, in qualche modo lo prevede: è ovvio che, con tale premessa, i comportamenti non possano essere vissuti in modo naturale e piacevole ma risulteranno, anche per lo stesso individuo, inadeguati e innaturali. L’attenzione non viene più posta sull’effetto dei propri comportamenti, ma sulle modalità dell’agire; il “come” prevale sul “cosa”, e la “riuscita” dell’azione sul “gusto” di portarla avanti.
Le emozioni, i comportamenti e le convinzioni che ne seguono vanno automaticamente tutti nella direzione dell’insuccesso e le probabilità che esso si verifichi sono oggettivamente molto alte, il che conferma le convinzioni errate di partenza dell’individuo, andando a innescare un circolo vizioso difficile da interrompere, in cui l’ansia da prestazione cresce sempre di più, le aspettative della persona aumentano, rendendola ancora più esigente e sensibile a ogni più piccolo segnale di insuccesso.
Le situazioni sociali in cui compare l’ansia da prestazione sono molteplici e possono racchiudere diversi ambiti della nostra vita: scolastico, sportivo, lavorativo, sessuale e relazionale.
L’ansia da prestazione scolastica, lavorativa e sportiva può compromettere seriamente il rendimento finale fino a danneggiare, in alcuni casi, i progetti di vita dell’individuo.
In ambito relazionale l’eccessiva tendenza a cercare di far sempre bella figura davanti agli altri, per essere accettati e riconosciuti, può nascondere il timore di non essere all’altezza delle situazioni e da questo dipende la propria autostima: tanto più è importante il riconoscimento sociale, tanto più il non ottenerlo o il non percepirlo genera malessere, e come conseguenza, un possibile ritiro sociale finalizzato a evitare il fallimento.

In tutti questi casi, se non trattata adeguatamente, l’ansia da prestazione può dare origine a patologie più gravi come ansia generalizzata, attacchi di panico, fobia sociale.

L’ansia da prestazione in ambito sessuale colpisce sia uomini che donne, che attribuiscono alla prestazione una forte valenza, il desiderio di essere sempre all’altezza e la paura di deludere l’altro; questi atteggiamenti impediscono di vivere con serenità l’esperienza sessuale, portando come possibile conseguenza un calo del desiderio o una difficoltà nell’ottenere o mantenere l’erezione (nell’uomo) e nel raggiungere l’orgasmo (nella donna). A causa del significato che attribuiscono al rapporto sessuale, i soggetti colpiti da uno stato d’ansia da prestazione cominciano a vivere la sessualità con crescente timore, senza naturalezza, tanto che a lungo andare questo stato di tensione può compromettere non solo il rapporto di coppia, ma anche il modo in cui ognuno percepisce l’altro sesso. In certi casi, l’ansia da prestazione sessuale, può sfociare in veri e propri disturbi psicologici quali: difficoltà nell’eccitazione disfunzioni erettili, eiaculazione precoce, anorgasmia, dispareunia, ecc.
Oli Essenziali
Che Odore ha l’amore? Molti scommetterebbero che si tratti dell’odore della pelle della persona amata. Tuttavia a partire dagli anni’60 si è raccolta tutta una serie di prove sull’esistenza di feromoni anche nella specie umana. L’utilizzo di essenze nell’arte dell’amore è però cosa nota fin dall’antichità: il Cantico dei Cantici, della tradizione ebraica, paragona gli ad un giardino paradisiaco “di Nardo e Zafferano, Canna Aromatica e Cannella, di tutti gli alberi di Incenso la Quintessenza di ogni profumo”. Nessuno, tuttavia può sapere quale profumo aiuta l’amore poichè il profumo perfetto è estremamente soggettivo, in quanto il dominio delle emozioni varia da persona a persona, da cultura a cultura, ed anche a seconda delle aspettative che si hanno in quel momento.
A tale scopo Luigi Cristiano ci lascia un esempio di:

Profumo Sensuale all’Estratto di Muschio:

Infusione di Semi di Ambretta 1°: 200ml
Infusione di Muschio 2°: 600ml
Infusione di Gelsomino 2°: 100ml
Infusione di Rosa 2°: 50gr
Infusione di Muschio 1°: 40gr
Infusione di Ambra 1°: 10gr
Infusione di Zibetto 1°: 500ml
Portare a 92° per addizione di acqua distillata di rose.

Vi sono anche diversi oli essenziali che aiutano moltissimo nei problemi di ansia sia generale sia da prestazione nell’atto sessuale, infatti una review sistematica pubblicata nel 2011 da studiosi di Hong Kong su studi condotti tra il 1990 ed il 2010 pone l’aromaterapia come trattamento accessorio nelle sindromi ansiose, infatti sempre secondo tale studio basterebbe utilizzare Oli Essenziali sotto forma di aerosol per calmare le fasi acute delle crisi di ansia. Inoltre il Dott. Leonardo Paoluzzi, medico esperto in aromaterapia ed in Medicina Tradizionale Cinese dopo aver studiato l’utilizzo di Oli Essenziali nei problemi ansiogeni causa di disfuzioni erettili ci ha lasciato una ricetta per un’olio da massaggiare tutti i giorni sulla zona del Ming Men:

Olio essenziale di Zenzero 3ml
Olio essenziale di Cannella 1ml
Olio essenziale di Menta 3 ml
Olio essenziale di Legno del Siam 3ml
Olio di Mandorle dolci 80ml

Olio Essenziale di Basilico
L’Olio essenziale di Basilico coltivato in Europa si presenta come un liquido da incolore a giallo pallido, con un delicato, fresco profumo speziato-dolce con sottotono balsamico ed è ottenuto per distillazione in corrente di vapore della durata di circa 90 minuti, dalle foglie di Ocimum basilicum. Le rese di questo Olio essenziale sono basse (circa lo 0,1%) e ciò spiega perchè esso venga frequentemente adulterato con altri tipi di basilico, i quali tuttavia non pregiudicano l’aspetto aromaterapico di utilizzo.
Paoluzzi pone l’Olio Essenziale di Basilico sotto il dominio della loggia energetica: Acqua, Metallo Yang e ci consiglia questo Olio Essenziale nelle sindromi da vento freddo allo Yang Ming ove grazie al suo sapore piccante può disperdere il vento freddo ed anche l’umidità.
L’Olio Essenziale di Basilico si può utilizzare come supporto nelle astenie sessuali e nelle depressioni prive di problemi fisici evidenti, poichè tende a canalizzare le energie.
Il Basilico è un’olio essenziale che stimola la concentrazione, la precisione ed è in grado di “separare il puro dell’impuro” quindi svolge un’azione sul cuore aiutando a concentrare le energie nell’atto sessuale. L’olio essenziale di Basilico risulta utile per coloro i quali perdono interesse durante l’atto poiché si trovano distratti da altro poichè promuove la chiarezza mentale ed elimina la confusione.
Olio Essenziale di Bergamotto
L’Olio Essenziale di Bergamotto si presenta come un liquido chiaro giallo verdognolo con sottotono fresco, fruttato dolce, vagamente balsamico speziato che, invecchiando assume una colorazione marroncina-olivastra. L’Olio Essenziale di Bergamotto è ottenuto per pelatura della parte esterna dei frutti della pianta, la pelatura può essere fatta a secco per una resa qualitativamente migliore oppure con macchine funzionanti ad acqua allo scopo di ottenere maggiori quantità di prodotto. L’Olio Essenziale di Bergamotto di origine calabrese trova largo impiego in alta profumeria, soprattutto nella preparazione delle Acque di Colonia per la sua notevole freschezza, in Erboristeria, invece, non è raro trovare degli Oli Essenziali di Bergamotto provenienti dalla Guinea o dal Marocco che, seppure discreti dal punto di vista Aromaterapico perdono parte del loro patrimonio profumieristico.
Il massaggio con Olio Essenziale di Bergamotto e Lavanda è di aiuto nelle depressioni frequenti e nelle crisi di panico come dimostrato da uno studio condotto in Thailandia su 40 volontari che sono stati monitorati su parametri oggettivi prima, durante e dopo il massaggio e su parametri soggettivi dopo lo stesso.
Una Review molto recente (2015) condotta dall’Università di Messina mostra che il Bergamotto sarebbe utile sia in aerosol durante le crisi di ansia sia come massaggio riequilibrante (nella review viene citato uno studio su cavie in cui l’Olio Essenziale di Bergamotto avrebbe effetti statisticamente non dissimili dal Diazepam), inoltre la profumazione del bergamotto si amalgama bene con numerose altre essenze che sommano le loro potenzialità
L’Olio Essenziale di Bergamotto è considerato un ottimo riequilibrante emozionale e di recupero della fiducia in sé stessi, allontana gli incubi ed elimina i blocchi ripristinando il rapporto con gli altri, pertanto nel talamo è indicato in quelle sindromi da Ansia da Prestazione e nelle astenie dovute a rapporti viziati con la partner.

Olio Essenziale di Cannella (corteccia)
L’Olio Essenziale di Corteccia di Cannella si presenta come un liquido da giallo chiaro a giallo scuro con odore dolce, speziato-caldo, secco e tenace. L’Olio Essenziale di Corteccia di Cannella migliore proviene dalle Cultivar coltivate nel sud dello Sri Lanka e distillate ad acqua in Europa o negli Stati Uniti poichè queste corteccie vengono sottoposte a controlli più severi rispetto al prodotto distillato nei paesi di Origine. In commercio, tuttavia si trova sia l’Olio Essenziale di Cannella Foglie (che ha un utilizzo aromaterapico del tutto diverso) sia l’Olio Essenziale di Cannella Corteccia proveniente dalle Seychelles o dal Madagascar la cui qualità, pur non influendo nel campo aromaterapico, è certamente inferiore.
Leonardo Paoluzzi pone questo Olio Essenziale sotto il dominio della loggia Metallo che ne fa un rimedio utile nei casi di astenia e di stanchezza, infatti egli definisce l’Olio Essenziale di Cannella come un’olio caldo e suadente che crea atmosfere afrodisiache, avvolgenti e coinvolgenti togliendo il senso di isolamento.
Nel talamo, l’Olio Essenziale di Cannella è pertanto indicato in quelle astenie da stanchezza cronica o da mancanza di libido poichè funge da stimolante sia per le ghiandole surrenali, sia per l’intero apparato genitale maschile.
Olio Essenziale di Lavanda Vera
L’Olio Essenziale di Lavanda vera è ottenuto tramite distillazione in corrente di vapore a partire dalle cime fiorite della Lavanda vera, esso si presenta come un liquido da incolore a giallognolo con un dolce profumo erbaceo-floreale e sottotono balsamico legnoso; il sottotono tuttavia può diventare predominante in determinate coltivazioni di Lavanda (soprattutto Sud Italia, Croazia ed Ungheria) che danno Oli Essenziali che possono avere altre virtù aromaterapiche. L’Olio Essenziale di Lavanda vera di qualità migliore proviene dalla Francia e dalle Alpi Marittime Italiane la cui materia prima viene coltivata in altura e viene distillata in corrente di vapore senza l’utilizzo di sovrapressione, infatti la distillazione della Lavanda sotto pressione porta ad un’estrazione maggiore di Olio Essenziale che tuttavia ha una qualità inferiore, anche se quasi ininfluente dal punto di vista aromaterapico.
L’Olio Essenziale di Lavanda vera è un riequilibrante emozionale infatti tende a riportare alla normalità ogni tipo di emozione fungendo sia da calmante in caso di isteria, sia da tonico nei casi di depressione con atassia. L’Olio essenziale di Lavanda è stato testato nell’uso interno da studiosi tedeschi che ne hanno constatato la capacità di calmare i disordini fisici dovuti all’ansia in maniera simile alla Paroxetina (farmaco di scelta nelle crisi di Ansia) di cui limiterebbe anche gli effetti collaterali. Oltre all’utilizzo interno l’Olio Essenziale di Lavanda ha dimostrato la sua efficacia anche per via trasdermica come dimostrato da due studi condotti in Giappone ed in Thailandia.
Leonardo Paoluzzi ci ricorda che l’Olio Essenziale di Lavanda è in grado di calmare lo SHEN e di far superare brillantemente tensioni paure ed insicurezze nel rapporto con l’altro sesso, pertanto è indicato nei problemi di ansia da prestazione e nei problemi di eccessiva timidezza e paura sia del proprio corpo sia di quello della partner.
Olio Essenziale di Rosmarino
L’Olio Essenziale di Rosmarino si presenta come un liquido mobile incolore o giallo chiaro, con profumo erbaceo-mentaceo forte e fresco, con sottotono balsamico-legnoso. L’Olio Essenziale di Rosmarino si ottiene per distillazione dei rametti fioriti freschi (come si fa in Spagna) o secchi (come è uso fare nell’Est Europa). Gli Oli di qualità scadente, provenienti soprattutto dall’Africa australe hanno una predominante nota canforacea. Il Rosmarino è coltivato e distillato in tutto il bacino del mediterraneo, ma le essenze più fini dal punto di vista profumieristico sono quelle di origine tunisina o spagnola.
L’Olio Essenziale di Rosmarino promuove la chiarezza mentale e le funzioni cognitive infondendo capacità di vedere la realtà in maniera oggettiva, senza cadere nelle illusioni; il Paoluzzi pone quest’olio sotto la loggia Legno Yang e ci dice che gli Arabi lo ritenevano in grado di confortare il cervello, la memoria, i sensi interni e di restituire la parola. Più realisticamente l’Olio Essenziale di Rosmarino è in grado di trasmettere fiducia in noi stessi rafforzando il nostro carattere, insegnandoci a guardare lontano e a percepire le sfumature della vita. Nel talamo risulta essere uno stimolante utile nell’impotenza ma soprattutto svolge la sua funzione migliore nei problemi di eiaculazione precoce.
Olio Essenziale di Ylang Ylang
L’Olio Essenziale di Ylang Ylang di qualità extra si presenta come un liquido oleoso giallino non completamente solubile in alcol con profumo intensamente dolce, delicato, balsamico-floreale, vagamente speziato con una nota di testa ricca e cremosa. L’Olio Essenziale di Ylang Ylang si ottiene per distillazione a fuoco diretto a partire dai fiori Cananga odorata, questo olio è originario delle Molucche ove si trova ancora allo stato semi selvatico (pare infattiche le piante totalemnte selvatiche non abbiano odore) ma è diffusamente coltivato in quasi tutte le isole tropicali che si affacciano sull’Oceano Indiano. I fiori di Ylang, sottoposti a distillazione anche per 40 ore, danno tre tipi di oli diversi:
La qualità extra che si ottiene per distillazione breve ed è la più ricercata dai profumieri per le sue note di testa
La 1° Qualità che si distingue per il sottotono più legnoso e meno floreale ma dal punto di vista aromaterapico è utilizzabile.
La 2° Qualità, molto legnosa ed utilizzata nella profumeria di bassa qualità.
La qualità extra dell’Olio Essenziale di questa pianta è particolarmente utile negli stati ansiosi in quanto stimola la recettività nei confronti dei sentimenti e delle richieste altrui, promuove la condivisione di sè senza perdita del potere personale, ciò viene sotanzialmente confermato anche da una review molto recente portata avanti da studiosi malesi la quale citando diversi studi si sofferma sull’utilizzo dell’Olio Essenziale di Ylang Ylang sia in aerosol sia per via trasdermica attraverso il massaggio, inoltre questo olio essenziale, secondo la medesima review avrebbe effetti ottimi sia sulla concentrazione sia su rilassamento.
Leonardo Paoluzzi ci dice che l’Olio Essenziale di Ylang Ylang grazie al suo profumo dolce e suadente, ha indiscutibili proprietà aforodisiache poichè porta fiducia in sè stessi, sviluppa la parte femminile e la sensibilità. Può essere di aiuto nelle depressioni in quanto allontana il dubbio, le insicurezze, i sentimenti bloccati, dissolve le delusioni, le offese e ripristina il desiderio di amare. Nella coppia, pertanto, l’Olio Essenziale di Ylang Ylang è di grande aiuto in tutti i problemi inerenti la sfera sessuale, risultando essere un Olio Essenziale adatto sia ad un lui prigioniero delle proprie ansie e paure, sia ad una lei con problemi di frigidità, inoltre il fatto che quest’olio concentri le energie ne fa un’utile rimedio anche per cloro i quali hanno problemi di astenia.
Bibliografia
http://www.ipsico.it/sintomi-cura/impotenza-disfunzione-erettile/

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