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Quarto ragionamento ” Riguardo alla risposta difensiva verso Input stressogeni ” del Maestro Simone Iozzi

L’affermazione della specie implica l’insorgenza, nella sua evoluzione, di meccanismi difensivi

sempre più raffinati che la preservino dai continui attacchi provenienti dall’esterno.

L’organismo umano deve pertanto essere in grado, entro certi limiti, di rispondere adeguatamente alle variazioni atmosferiche, di neutralizzare i microrganismi , di eliminare tutte le sostanze diverse al fine di mantenere la propria integrità e individualità.

In termini generali la capacità di risposta difensiva rappresenta il complesso di adeguamenti

biologici e fisiologici mobilitati in presenza di nuove esperienze avverso input stressogeni di varia natura capaci di alterare il normale controllo delle basilari condizioni di vita dell’organismo.

Tale risposta è direttamente rapportabile al significato di omeostasi (da non assimilarlo al concetto di stato eucrasico), i cui concetti fondamentali furono già espressi nel 1800 dal Bernard ripresi poi dal fisiologo statunitense W. B. CANNON nel 1926 introducendo il nozione che il nostro
organismo è un sistema aperto con scambi con l’ esterno, e le sostanze che lo compongono risultano
estremamente instabili. Il fatto che mantengano uno stato omeostatico costante (non fisso), è prova dell’ esistenza di meccanismi equilibratori che ne controllano i volumi.

Infatti, ogni tendenza al mutamento (vedi stato eucrasico) è impedita da un’ accresciuta mobilitazione dei fattori di equilibrio omeostatico tanto maggiore quanto più forte è la propensione difensiva.

Il sistema di regolazione omeostatica risulta composto da un insieme di fattori cooperanti come

sistema polifunzionale di un autocontrollo come feedback negativo (o retroazione) organizzato e

mantenuto da automatismi di regolazione ossia dalla completezza delle attività corporee a carattere

fisiologico.

Simone Iozzi

Evento in Sicilia ” Andiamo insieme alla Festa dei Gelsomini “

Erboristi Mediterranei non si ferma, è sempre in movimento per scoprire e valorizzare non solo gli aspetti legati solo all’ Erboristeria Tradizionale e i suoi rimedi ma anche per dar luce ai custodi di specie vegetali legati alla nostra cultura erboristica mediterranea.

Regione: Sicilia
Questa volta la D.ssa Carmela Patania e la D.ssa Julia Karpova andranno alla ricerca dei gelsomini più profumati e han pensato bene di farlo in compagnia.
Vi porteranno ai vivai Malvarosa da Filippo Figuera per la Quarta Festa dei Gelsomini venerdì 30 settembre.
Se vi va di andare organizzatevi.

Contatti:

cali.augusta@gmail.com

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L’ evento è gratuito

Il Gelsomino, pianta sarmentosa che facilmente si arrampica… produce fiori nella sommità dei ramoscelli, come giglietti, … i fiori riscaldano e seccano nel secondo grado. Herbario Nuovo di Castore Durante

Dott.ssa Carmela Patania, Erborista Tradizionale e Ricercatrice/ Studiosa della tradizione colta e popolare dell’ area mediterranea e alla ricerca di materie aromatiche come parte integrante della tradizione religiosa e spirituale dell’ area mediterranea. Ambasciatrice ” AIGS “, Socio fondatore ” Erboristi Mediterranei” e titolare ” Erboristeria Tradizionale Cali ” ad Augusta ( SR ).

Dott.ssa Julia Karpova, Erborista e raccoglitrice .
Ideatrice del Progetto ” Ciaurisuli ” che coniuga studio del territorio, ricerca e riconoscimento della Flora locale con un appassionato percorso erboristico finalizzato alla trasformazione degli ingredienti vegetali in saponi, oleoliti ed oli essenziali.

Erboristi Mediterranei firma il protocollo d’ intesa con UNIPOSMS

La firma che sancisce il Protocollo d’intesa tra Erboristi Mediterranei e UNIPOSMS “Università popolare nuova Scuola Medica Salernitana” iscritta al Reg. Nazionale Ricerche del MIUR cod. 61589KCW è stata depositata a Salerno, in data 17 giugno 2016 presso l’ Istituto “S. CATERINA DA SIENA – AMENDOLA” dalla D.ssa Carmela Patania ( Vicepresidente di Erboristi Mediterranei) in presenza del Presidente UNIPOSMS Prof. Pio Vicinanza, del Preside ad Cathedram Prof. Carlo Montinaro e del Prof. Carlo Morelli.

La sinergia è mirata a diffondere e valorizzare la cultura e la tradizione della illustre Schola Salernitana. Nel 1231 l’ autorità della scuola veniva sancita dall’ Imperatore Federico II di Svevia, ” Stupor Mundi “, protettore delle arti e grande rinnovatore, uomo di ingegno e mente aperta.

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” L’ evento rappresenta anche uno dei rarissimi riconoscimenti di fatto ed in parte di diritto da parte di un organo dello Stato verso un’ Associazione di privati cittadini” Dott. Luigi Giannelli -Erboristi Mediterranei.

E’ solo l’inizio di un lungo cammino e di condivisione del sapere antico.

Erboristi Mediterranei ringrazia:
Prof. Pio Vicinanza
Prof. Carlo Montinaro
Prof. Carlo Morelli

Dott.ssa Eva Avossa: ViceSindaco di Salerno, Assessore alla Pubblica Istruzione ed Edilizia scolastica
Prof.ssa Anna Rita Carrafiello: Dirigente Scolastico Istituto “S. CATERINA DA SIENA – AMENDOLA” Salerno
Dr. Luigi Frezza: Segretario UNIPOSMS
e tutti coloro che hanno reso indimenticabile questo momento storico dell’ Erboristeria Tradizionale e che hanno creduto sin dal primo momento ad Erboristi Mediterranei.

Grazie

D.ssa Carmela Patania

Il Finocchio… e il suo essere poliedrico

fennel tea

“Farsi infinocchiare”, locuzione che significa “non farsi influenzare”, prende spunto proprio dal finocchio che era offerto dall’oste quando voleva dar da bere ad un cliente un vino scadente, il cui gusto veniva migliorato dal forte aroma. Il Foeniculum (dal latino “foenum”, fieno, per l’uso foraggero che se ne faceva) è stato coltivato dagli antichi romani per il suo frutto aromatico e la succulenta parte edibile (grumulo); i semi di finocchio sono stati trovati persino nelle tombe dei faraoni egiziani. Il finocchio è stato anche adoperato come un’erba magica: nel medioevo fu posto sopra le porte la vigilia di mezza estate per proteggere la famiglia dagli spiriti maligni.

È una pianta erbacea annuale, biennale o perenne alta da 40 cm fino a 2 mt; glabra e glauca, ha foglie con la base ingrossata e guainante ed in alto completamente divise in lacinie filiformi. La porzione appena interrata è di norma nodosa ed annulata (grumolo), da cui si dipartono i fusti; i fiori sono gialli disposti in ombrelle terminali; il frutto (comunemente chiamato seme) è un achenio lungo 4-7 mm.

Le varietà.
Esistono molte varietà di finocchio ed una classificazione è praticamente impossibile a causa della tendente ibridizzazione. Di Foeniculum vulgare subsp. vulgare esistono 3 varietà: la “vulgare” è il finocchio amaro, usato spesso per adulterare la varietà dolce nella produzione dell’olio essenziale, con una quantità inferiore di anetolo; la varietà “azoricum”, annuale, chiamato finocchio, finocchio di Firenze o anice, ha il grumulo dolce ed edibile; la varietà “dulce” chiamato finocchio, finocchio dolce o romano, ha un frutto più grande, molto aromatico, coltivato soprattutto per la pregiata qualità dell’olio essenziale, che viene raccolto a maturazione: è una varietà precocissima adatta per la semina.
La subsp. piperitum è invece il finocchio selvatico o pepato, specie perenne e nota pianta aromatica mediterranea utilizzata in cucina che si può trovare in diverse aree temperate del mondo fino ai 1000m di altitudine; è caratteristica lungo le strade, i sentieri e i luoghi aridi.
Le varietà descritte appartengono a due sub-specie che variano morfologicamente:

-nel numero dei raggi dell’ombrella, 12-25 o più nella subsp. vulgare e 4-10 della subsp. piperitum
-nella forma delle foglie, che sono flessibili e lunghe più di 10 mm nella subsp. vulgare, ridottissime e rigide nella seconda;
inoltre, quest’ultima è sempre perenne e non ha il grumolo, mentre la subsp. vulgare è spesso biennale ed ha un grumolo voluminoso ed edibile.

Tralasciando l’approvazione di tale sistematica, il Foeniculum vulgare Mill. potrebbe essere confuso con l’aneto (Anethum graveolens L.) e con il falso aneto per l’aspetto fogliare e il colore dei fiori, ma distinguibile dall’aroma dell’aneto in quanto più simile al cumino e da quello del falso aneto che è pungente e poco gradevole.

Usi tradizionali
È una pianta adoperata ampiamente nelle medicine tradizionali come la Ayurveda, Unani, Siddha, in quelle indiane e iraniane, con metodi di preparazione ed uso che fanno parte di una ben documentata letteratura etnobotanica. I frutti maturi e l’olio essenziale di finocchio sono usati come agenti aromatizzanti nei prodotti alimentari: i frutti in particolare sono utilizzati per produrre liquori, pane e formaggio, mentre l’olio essenziale è anche un ingrediente di prodotti cosmetici e farmaceutici.
Anticamente in Sicilia si masticava il finocchio selvatico o quello dolce per l’acidità di stomaco (oggi sappiamo che tale effetto va sfruttato in uno stomaco la cui mucosa gastrica è intatta), mangiato nelle minestre come galattogeno e nella galattorrea; veniva inoltre applicato per curare i “polipi agli occhi” ed usato come depurativo e diuretico il decotto dei semi. In Basilicata invece le foglie più tenere venivano masticate e bloccate sull’ulcera per curare le stomatiti mentre il decotto dei frutti veniva utilizzato per i disordini digestivi; in Liguria, come sedativo, si dava da mangiare ai bambini i germogli apicali; mentre a Roma invece si masticavano, o si usavano come condimento, i frutti per avere l’effetto galattogeno. Tradizionalmente in Europa e nelle aree mediterranee il finocchio è usato come antispasmodico, diuretico, antinfiammatorio, analgesico, secretomotorio, secretolitico, galattogeno e come collirio.

Usi medicinali
Viene utilizzato principalmente per la sua attività antispasmodica che ha trovato conferma anche da evidenze cliniche: agendo sulla funzionalità della muscolatura liscia migliora la spasticità nei disturbi gastrointestinali anche nei bambini (flatulenza, coliche gassose, sindrome del colon irritabile, colite cronica, dispepsie), mentre l’olio essenziale regolarizza la motilità e riduce la produzione di gas intestinale.
Alcuni studi farmacologici sembrano confermare l’attività espettorante dei frutti i quali stimolano la motilità ciliare dell’apparato respiratorio facilitando l’eliminazione dei corpuscoli estranei, l’olio essenziale invece stimola la contrazione della muscolatura liscia della trachea facilitando l’espettorazione.
L’effetto galattogeno sembra, da evidenze sperimentali, essere dovuto principalmente all’anetolo, il quale sembra sia di tipo selettivo nella ghiandola mammaria: esso (probabilmente meno potente dei suoi polimeri) compete con la dopamina, inibitore della prolattina, stimolando la produzione di latte.
Riguardo l’attività antimicrobica, la letteratura è ricca di dati: tutti gli studi sono stati effettuati sugli estratti grezzi ed è difficile individuare il metabolita antimicrobico attivo. Al di là di questo, l’olio essenziale non sembra avere un’attività antibatterica molto pronunciata, ma è risultato efficace ad ampio spettro su 25 ceppi batterici patogeni.
La Commissione E ha approvato l’uso interno dell’olio essenziale di finocchio per disturbi spastici del tratto gastrointestinale, sensazione di pienezza, flatulenza e anche per disturbi delle vie respiratorie superiori come il catarro; infatti il miele al finocchio è stato nello specifico raccomandato per contrastare il catarro nei bambini.

La composizione
Il finocchio è ricco di fibre e vitamine ed è una delle più alte fonti vegetali di potassio, sodio, fosforo e calcio. I carboidrati sono i macronutrienti più abbondanti in tutte le parti e vanno dai 18,44 ai 22,82 g / 100 g, mentre le proteine, gli zuccheri riducenti, e i grassi sono i macronutrienti meno abbondanti; le proteine ​​nello specifico variano tra 1,08 g / 100 g nei gambi e 1,37 g / 100 g nelle infiorescenze. Inoltre, le infiorescenze e i gambi hanno il più alto contenuto di grassi (1,28 g / 100 g) e minore è il contenuto dello zucchero (1,49 g / 100 g), rispettivamente, tra tutte le parti di finocchio. Le infiorescenze hanno i valori più alti di energia, mentre le foglie e steli ne hanno un contenuto più basso.
Sono state condotte molte ricerche fitochimiche, con risultati diversi, per analizzare la composizione dell’olio essenziale; ad influenzare la composizione dell’olio essenziale del finocchio sono le varietà, il tempo e il luogo di raccolta o di coltivazione, nonché la conservazione. I principali componenti sono derivati ​​dei fenilpropanoidi: trans-anetolo, estragolo (metil cavicolo), e poi alfa-fellandrene, limonene, fenchone, e alfa-pinene. È quindi molto difficile stabilire la quantità di estragolo effettiva presente nell’olio essenziale.

La presunta tossicità
Un lavoro pubblicato qualche anno fa su “Food and Chemical Toxicology“ ha suscitato una larga eco sul web e sulla stampa; in seguito a tale studio il finocchio è stato accusato di tossicità soprattutto se usato come decotto per i bambini: la sostanza imputata è l’estragolo, un fenilpropanoide presente in quantità variabili nel basilico, nel finocchio e nell’anice. Gli autori hanno misurato, in vari campioni di tisane al finocchio in commercio in Italia, il contenuto di estragolo: alcune di queste tisane conterrebbero quantitativi di estragolo che, a parere degli autori, potrebbero rappresentare un pericolo se assunti dai bambini nei primi mesi/anni di vita. Essi segnalano anche che alcune tisane solubili in vendita in Italia, appositamente formulate e commercializzate per lattanti e bambini, contengono quantità di estragolo che meritano attenzione.
Ciò che ha destato sospetto è la genotossicità in vitro e la cancerogenicità dell’estragolo in studi su roditori, l’interpretazione dei quali ha suscitato critiche e perplessità tra gli esperti. I motivi cruciali della disapprovazione riguardano precisamente 4 punti:
I dati ottenuti in modelli animali non sono sovrapponibili a quelli ottenuti negli esseri umani.
Le alte dosi di estragolo puro applicate negli studi non rappresentano le dosi reali a cui gli esseri umani sono esposti come consumatori di cibi e fitofarmaci contenenti tale sostanza. L’esposizione negli esseri umani avviene sempre a dosaggi molto più bassi e per tempi minori di quella a cui sono stati sottoposti gli animali da laboratorio, molte volte viene somministrato estragolo per quasi tutta la vita dell’animale da laboratorio.
Gli studi sul metabolismo dell’estragolo rivelano differenze quantitative tra il metabolismo dell’estragolo nei topi e negli uomini.
È stato dimostrato che una sostanza somministrata in forma isolata può avere effetti significativamente diversi dalla stessa assunta nel suo fitocomplesso.
I suddetti elementi non sono stati considerati nella valutazione del rischio nella misura in cui questa dovrebbe comunque essere basata su dati adeguati raccolti in studi relativi agli esseri umani. C’è anche da tenere presente che non esistono studi epidemiologici e clinici che possano confermare la cancerogenicità osservata nell’animale da esperimento, ma considerando il lungo uso tradizionale dell’infuso di finocchio, la probabilità di un grave rischio è trascurabile.
Una miscela multicomponente come l’infuso di finocchio contiene sostanze che potrebbero ridurre notevolmente gli effetti tossici di alcune molecole presenti le quali, valutate singolarmente, sono dannose: l’estragolo puro ed i suoi metaboliti sono infatti inattivati da molte sostanze contenute nel decotto e nell’infuso; i conseguenti effetti avversi sono ridotti quando l’estragolo è ingerito nel proprio contesto fitochimico.
L’estragolo è metabolizzato lungo una serie di pathway metabolici tra cui O-demetilazione (che dà il cavicolo), epossidazione del doppio legame, 1′-idrossilazione e degradazione ossidativa della catena laterale di acidi carbossilici. Le dosi alte conducono alla saturazione di alcuni sistemi enzimatici che causano l’attivazione di reazioni metaboliche alternative come la 1′-idrossilazione che, nel topo, è la principale via metabolica che determina la produzione di derivati ​​con maggiore potenziale cancerogeno (1-idrossiestragolo). Jeurissen et al. (2008) hanno dimostrato che un estratto metanolico di basilico è in grado di inibire il legame del metabolita 1′-idrossiestragolo al DNA, sia su DNA in vitro sia su cellule di epatomacarcinoma HepG2 intatte, bloccando quindi il meccanismo responsabile dell’avvio del danno cellulare. L’attivazione dell’estragolo, dei suoi metaboliti ed i conseguenti effetti avversi sono quindi ridotti quando l’estragolo è ingerito col suo fitocomplesso rispetto a quando viene somministrato come sostanza isolata. A questo proposito si conferma dunque l’ipotesi che altre molecole presenti nell’estratto sono in grado di bloccare il meccanismo responsabile dell’avvio del danno cellulare.
Altra critica si può fare alla modalità di somministrazione dell’estragolo nei topi: essa viene eseguita in pochi minuti mediante siringa o sondino gastrico (gavage) ed è di fatto insolita nell’uomo; il rischio di tossicità potrebbe aumentare perché l’assorbimento è più veloce e si espone il fegato ad alti livelli della sostanza. Tale somministrazione può alterare il metabolismo e produrre effetti tossici che non si verificano quando la stessa dose giornaliera viene somministrata con la dieta. L’uomo in genere ingerisce minori quantità della sostanza che si trova nel proprio contesto fitochimico, non tutti i giorni né per lunghi periodi. Le piante la cui composizione comprende estragolo non fanno tra l’altro parte dell’alimentazione abituale del topo bensì dell’uomo, il quale è esposto da millenni a quantità normali di estragolo, e quindi potrebbe essersi adattato sviluppando, rispetto al topo, una diversa tolleranza.

EFSA ed EMEA hanno preso posizioni allarmistiche al riguardo, effettuando misure cautelari estremamente rigide. Tale difesa nei confronti della salute non ha però fondamenti scientifici diretti; potrebbe anche avere un seguito se si facesse riferimento all’uso dell’estragolo come singola sostanza chimica (ad esempio come additivo alimentare), ma non è così; il timore della tossicità è attribuito impropriamente al pool di sostanze che sono il risultato del processo fitochimico della pianta. Relativamente all’estragolo assunto unitamente ai costituenti chimici naturali dell’estratto o dell’alimento, consumati da sempre dall’umanità, si viene a distinguere la natura del discorso riguardante l’estragolo puro. FAO e WHO si sono posizionati invece su livelli molto più rassicuranti, mentre FAO e OMS pongono importanza sul fatto che l’uomo non assume estragolo in forma isolata e a dosaggi elevati, ma solo a piccolissime dosi ed all’interno di un pool di sostanze presenti in alimenti e piante officinali; ipotizzano che il metabolismo di questa sostanza sia significativamente diverso nell’uomo da quello che è stato osservato in vitro ed in vivo come sostanza isolata.
È necessario evidenziare che, secondo moderne indagini antropologiche ed evoluzionistiche, il mantenimento di determinate abitudini alimentari è associato ad una migliore capacità di sopravvivenza; non è quindi né utile né costruttivo puntare il dito sulla sostanza contenuta in una pianta senza considerare altri fattori che sono determinanti. Tutto sommato, di fatto, il finocchio rientra in abitudini alimentari e mediche antiche ed ha sempre conservato una reputazione positiva.

Dott. Fabio Milardo
Fonte: L’ Erborista n° 1/2016

Nasce la collaborazione tra Erboristi Mediterranei e la UNIPOSMS ” Università popolare nuova Scuola Medica Salernitana”

La passione per la divulgazione della conoscenza della tradizione erboristica mediterranea di Erboristi Mediterranei da oggi si tradurrà anche con la collaborazione della ” UNIPOSMS ” Università Popolare Nuova Scuola Medica Salernitana la sinergia sarà mirata a diffondere e valorizzare la cultura e la tradizione della Schola Salernitana.
Nel 1231 l’ autorità della scuola veniva sancita dall’ Imperatore Federico II di Svevia, ” Stupor Mundi “, protettore delle arti e grande rinnovatore, uomo di ingegno e mente aperta”.

link: www.uniposms.it

ABC dell’ Erboristeria Tradizionale a cura della D.ssa Carmela Patania ” A “

la rubrica delle chicche erboristiche dedicata ai professionisti del settore che vogliono approfondire non solo il mondo delle piante officinali e le loro applicazioni, ma acquisire piccoli consigli per migliorare il rapporto con il cliente

La prima lettera dell’ alfabeto è la A di Accoglienza

Il primo approccio dell’ Erborista nei confronti del cliente che entra in bottega per chiedere un consiglio è il Saper accogliere, per farlo sentire confortato e fiducioso nel professionista che lo ascolterà con pazienza.
Accogliere un cliente è come far entrare un ospite nella propria casa quindi oltre ad rimanere affascinati dall’ odore e dalla vista dei contenitori pieni di piante officinali, è opportuno donargli un sorriso di benvenuto.
Accogliere deriva dal latino latino ad- colligere: cogliere raccogliere quindi è anche una prerogativa degli erboristi/raccoglitori che con grazia e delicatezza preleveranno la giusta quantità di piante nell’ ecosistema naturale per preparare nell’ ambito domestico semplici erborati per i piccoli problemi quotidiani. in antichità coloro che raccoglievano avevano un rituale che poteva essere un canto o una preghiera per chiedere il permesso a Madre Natura di raccogliere un individuo vegetale del Creato.
Grazie e buon lavoro

Carmela

Evento ” La metamorfosi nelle piante e nel paesaggio ” 26-29 giugno 2014 presso Oasi San Benedetto ( Lamoli, PU )

La metamorfosi nelle piante e nel paesaggio

V° Corso teorico pratico di osservazione della natura

Oasi San Benedetto (Lamoli, PU) 26-29 giugno 2014

Metamorfosi  significa  trasformazione,  mutamento,  modificazione.  Il nostro occhio vede però nel ricco mondo delle piante solo delle forme finite, ferme, disposte nello spazio. Eppure sappiamo che sono il risultato di processi che si svolgono nel tempo, la foglia finita si è sviluppata dalla sua gemma, la pianta stessa nel suo insieme dal suo seme. Come possiamo avvicinare la metamorfosi delle forme?  Goethe scienziato apre un vasto campo di ricerca che non riduce il fenomeno della forma vegetale a  processi  fisico-chimici,  ma  ci  sollecita  ad  avvicinare  concretamente con la nostra esperienza sensoriale le singole piante e l’ambiente in cui crescono, nei loro colori, nelle loro forme, nei loro profumi, nei loro sapori  e  così  via.  Possiamo  riscoprire  un  rapporto  personale  con  le piante  stesse  e,  al  contempo,  cogliere  attraverso  la  metamorfosi l’elemento universale che le unisce. Il corso comprende laboratori di osservazione  nel  paesaggio  dell’Alpe  della  Luna,  relazioni,  esperienze artistiche, pratiche di estrazione e erboristeria pratica.

http://petrarca.info/pdf/metamorfosi_2014.pdf

La metamorfosi nelle piante e nel paesaggio