ALLE ORIGINI DELL’ ARTE FARMACEUTICA – TRASFORMAZIONE DI ALCUNE PIANTE PER ESSERE USATE COME FARMACI. – Prima Parte – del Dott. Luigi Giannelli

Ci piace rievocare l’ amato Maestro Dioscoride di Anazarba, medico militare nelle legioni comandate dal futuro Augusto Vespasiano, al tempo del Principato di Nerone (che, al di là dei suoi evidenti eccessi e perversità, fu amato dal popolo; e finchè rimase sotto la guida del suo Maestro Seneca, fu anche un buon Principe; poi Nerone lo fece ammazzare – cioè lo fece suicidare – diventò diverso, con tutte le conseguenze del caso…….).
Stavolta siamo stati colpiti da una droga particolare, usata nell’antichità sia come medicamento in sé, sia come “eccipiente attivo”, comune, facile da trovare, di facile gestione: l’ Aceto!
Naturalmente era usato comunemente come ingrediente alimentare, come oggi.
Oltre a Dioscoride consulteremo anche altri grandi Maestri, come Galeno.
Poi vedremo due o tre facili preparazioni (antiche!) a base di Aceto.
L’ACETO .
Ma vediamo cosa ci racconta il nostro medico legionario:
Pedanio/Pedacio Dioscoride di Anazarba, I° sec. d.C. (40 circa – 90 circa d.C.) – “Materia Medica” – Libro V° – Cap. 14° (vers. Mattioli).
– L’Aceto raffredda ed è astringente, giova allo stomaco, dà appetito, blocca le emorragie, in qualunque parte del corpo avvengano, sia bevuto sia sedendocisi dentro.
Cotto nei cibi, giova nella diarrea, e messo sulle ferite sanguinanti, ristagna il sanguinamento, applicato con Lana “succida” [“succida” significa “appena tosata” – “sub caedo” = dopo/sotto l’azione del taglio”, grezza, “sudicia”, non privata della lanolina, diremmo oggi. n.d.A.] oppure con una Spugna, sana le infiammazioni locali; fa rientrare l’intestino prolassato che è uscito dall’ano e del pari agisce sul prolasso dell’utero nelle donne. Blocca le emissioni purulente che escono dalle gengive ed anche le loro emorragie. Giova nelle ulcerazioni che distruggono i tessuti, nelle piaghe Herpetiche [“Fuoco Sacro”], nella scabbia, nell’impetigine (1), nelle unghie incarnite, nelle ulcere corrosive, al massimo grado se si mescola con medicamenti specifici per quel male.
Lavandocisi di continua sana le ulcerazioni che corrodono e serpeggiano sulla superficie del corpo.
Un pediluvio caldo, fatto con Aceto e Zolfo, giova nella gotta.
Fattone un empiastro con Miele e applicato, dissolve i lividi.
Si mette, mescolato con Olio Rosato (2), con la Lana “succida” o con Spugna, sulla testa, per il bruciore della testa stessa [si suppone una forma di dermatite; ma potrebbe essere anche il mal di testa!].
Il vapore dell’Aceto bollente giova agli idropici (3), alla sordità, ai sibili nelle orecchie; instillatovi dentro, uccide i vermi che vi si generano [si pensi: vermi nelle orecchie!].
Bagnandosi con Aceto tiepido, dissolve i “pani” (4); applicato con la Spugna, mitiga il prurito.
Scaldato e fattone un bagno [immaginiamo con Acqua!] giova nei morsi di quegli animali velenosi, che uccidono con la loro Freddezza; ma La Freddezza [l’Aceto è considerato Freddo dagli antichi], giova nello stesso modo anche nei morsi degli animali che producono un veleno Caldo.
Bevuto caldo e vomitato, giova contro tutti i veleni, al massimo grado contro l’Oppio (5), la Cicuta, il sangue coagulato nello stomaco, i Funghi velenosi, il Latte coagulato [il Latte un veleno!], l’Ixia (6), il Tasso (7), assunto con Sale.
Bevuto., fa uscire dalla gola le Sanguisughe che si fossero ingoiate; mitiga la tosse cronicizzata, ma irrita quella recente.
Si può bere utilmente caldo nelle crisi asmatiche; gargarizzato, giova nelle infiammazioni della gola; cura anche la “schiranzia” (8), ed al prolasso dell’ugola. Si tiene caldo in bocca per il mal di denti.>>.
Ma vogliamo completare la definizione della droga, che ci accorgiamo essere molto importante, nel mondo antico.
A questo punto non ci resta che far parlare anche il sommo dei Maestri di epoca romana-imperiale, Galeno, detto Claudio Galeno, vissuto nel II° sec. d.C.; fu medico e amico di Marco Aurelio e Lucio Vero, poi dovette occuparsi del figlio di Marco Aurelio, Commodo, e dopo la fine della dinastia degli Antonini – inaugurata da Adriano – anche di Settimio Severo. Visse a lungo, per l’epoca, superò sicuramente gli 80 anni, tra il 129 ed il 201 d.C. secondo alcuni autori, secondo altri visse fin oltre il 210 d.C.
L’ACETO SECONDO GALENO .
– da “Le Virtù dei semplici medicamenti” (semplici intesi come ingredienti singoli).
Dal I° Libro dell’opera:
– E’ composto di qualità contrarie, Calde cioè e Fredde, non è composto di parti simili, come il Latte [che infatti è composta dal Siero, definito come Caldo e dalla parte coagulabile, considerato Freddo e Flemmogeno/Acqua condensabile]>>.
Lo confermò anche nel VIII° libro dell’opera citata, così dicendo:
– Fu dimostrato nel I° Libro di questo commentario, che l’Aceto è composto di sostanza mista, una Calda ed una Fredda; ambedue però sottili e leggere; tuttavia la Fredda supera la Calda. Dissecca valorosamente, in modo che si considera tra quelle cose che sono Secche nel III° grado
[tra i più alti, al massimo si arriva al IV°!], intendo dire che è potentissimo per Disseccare.>>.
Quindi, dalla somma possiamo dire che l’Aceto è Freddo moderatamente, e Secco in grado elevato.
Da “La composizione dei medicamenti secondo i luoghi (= organi)”, Libro I°:
<< L’ Aceto, che si trova tra i medicamenti considerati incisivi/fluidificanti, oltre ad essere dissolvente, ha anche la specifica Virtù di ricacciare in dentro; come medicamento lo si usa più per la sua parte Fredda, che per quella Calda; quella Fredda è anche molto sottile e leggera -. Ancora dal IV° Libro del “Le Virtù dei semplici medicamenti”: - La sua Freddezza che nasce dall’Aceto, tanto è potente quanto è leggera e sottile. Ma vi si trova anche un certo Calore acre, che tuttavia non basta a superare la Freddezza, che nasce dalla sua Acidità, ma è bastante a renderla penetrante. Molto più facilmente penetra il Calore della Freddezza, per questo è più adatto ogni succo acre [acredine = affine alla piccantezza, all’ardore igneo] a penetrare per i meati che appaiono sui corpi, di quelli acidi [quindi Freddi e Secchi]. Il Calore, dunque, con l’acredine sua, precede [anche se di grado inferiore all’acidità], penetra, apre la strada; il Freddo dell’ acidità, gli viene dietro. Questi eventi dovrebbero far dubitare di poter dimostrare che l’Aceto sia del tutto Freddo, anche se la presenza della parte di acredine ardente, non dimostra che sia del tutto Caldo. Quindi: la Freddezza che viene a seguito del Calore, nasconde il Calore causato dal precedere dell’acredine, non solamente lo nasconde occupando l’area dove agisce il Calore, ma alla fine, del tutto lo spegne, di modo che il senso di Freddezza è molto maggiore di quello di Calore.>>.
Il commentatore/traduttore, Per Andrea Mattioli, medico del XVI° secolo che ci ha reso, oltre alle sue considerazioni anche i suoi punti di vista – comunque coerenti quelli antichi – la possibilità di conoscere l’antico sapere. In questo caso, conclude: << Da questo è chiaro che l’Aceto contiene in sé qualità diverse e contrarie; partecipa nondimeno molto più del Freddo che del Calore. A ciò ci aveva diligentemente avvertito Dioscoride, facendoci sapere che l’Aceto è Freddo, tenendo conto che la Freddezza è la sua qualità dominante. Bisogna tuttavia tenere conto che l’Aceto è tanto più Caldo, quanto più è vecchio e più mordente. Ne è testimone sempre Galeno nel suo “Le virtù dei semplici medicamenti”, Libro XI° e nel “La composizione dei medicamenti secondo i luoghi/organi”, Libro III°, che il Vino, l’Aceto, il Miele, l’Olio ed il Grasso [animale], tanto più sono Caldi, quanto più sono vecchi. Quindi si ritrova che l’Aceto molto invecchiato, è così fortemente acre, da divenire più Caldo che Freddo o perlomeno equilibrato tra le due qualità contrarie. -. Considerazioni odierne. Interessante la modifica nel tempo di alcune materie – considerate complesse, pur nella loro “singolarità” – nel corso del tempo; Mattioli parla di “invecchiamento”. L’Aceto invecchiando perde sicuramente l’acidità, visto che l’acido acetico è molto volatile, quindi anche ben chiuso, potrà perdere almeno in parte la Freddezza dovuta all’acidità stessa. Il Vino da invecchiare, ieri come oggi, deve essere di grado alcoolico elevato. I Vini a lunga conservazione, prodotti nell’antichità, avevano certamente una gradazione alcolica elevata (superiore ai 15-16 gradi alcolici e anche più, grazie all’attività di specie di Saccaromyces, capaci di sopravvivere e quindi fermentare, a gradi alcolici che possono arrivare fino a 18°! ), quindi in grado di mantenere una condizione ottimale per l’invecchiamento; ma comunque l’invecchiamento del Vino provoca in esso importanti modificazioni, grado alcolico a parte, nel colore, nella presenza di tannini, di zuccheri, di antocianosidi, ed altre sostanze. Certo, molti Vini rossi, nel lungo invecchiamento modificano o perdono il colore, cambiano il sapore, la digeribilità. La fermentazione malo-lattica trasforma l’acido malico, più aspro in acido lattico più dolce; i polifenoli polimerizzano, i tannini si legano agli antociani, e spesso precipitano, alcune sostanze, pur molto lentamente si ossidano, ecc. Il Vino diviene più corposo, l’aroma è meno acre e meno acido (anche se nei Vini di qualità questi gusti sono molto ridotti), il colore vira dal rosso quasi violaceo al rubino fino all’aranciato, ecc. Quindi, il Vino vecchio, per la mente antica, è ben più Caldo del Vino giovane. Il Miele nel tempo favorisce una parziale polimerizzazione degli zuccheri con formazione di polisaccaridi, il fruttosio dà luogo alla formazione di idrossimetilfurfurolo, sostanza che conferisce delle proprietà interessanti (anche se potenzialmente cancerogeno!), come quella di essere fluidificante del muco, ed altre azioni di degrado, come la perdita di enzimi e vitamine. Può aumentare l’aspetto acre del sapore, assumere un colore più scuro, il tutto dovuto alla progressiva ossidazione ed all’ aumento graduale dei derivati furanici (come il citato i.m.furfurolo, ma anche altri). Il Miele invecchiato assume un complesso di sapore e odore, che segnala un maggior grado di Calore, per la mentalità antica. Per finire, gli oli ed i grassi, in tempi e modi diversi, con il tempo subiscono i processi ossidativi, quindi di irrancidimento. Odore e sapore così modificati (per noi sgradevolmente), segnalano _ sempre per la mente antica – un considerevole aumento del Calore, ma anche della Secchezza. Quindi, Aceto a parte, Vino, Miele e Grasso, che freschi possono essere considerati tra il Calore Umido (Elemento Aria) ed il Calore Secco (Elemento Fuoco), da invecchiati sono molto più potentemente Caldi e Secchi (Fuoco). Certo è che gli oli e i grassi irranciditi non erano certo usati più nell’alimentazione, ma solo per uso esterno, poiché i derivati dell’ossidazione di oli e grassi hanno una discreta attività rubefacente. Anzi oli e grassi freschi sono Caldi e Umidi, quelli vecchi rancidi sono Caldi e Secchi, si passa dalla moderazione dell’Aria alla violenza del Fuoco! Prodotti complessi, derivati dall’ Aceto.

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