LA MEDICINA IPPOCRATICO-GALENICA (seconda parte)

LA MEDICINA IPPOCRATICO-GALENICA 2
di Anna Paola Tortora tratto da un’intervista con Paolo Ospici

Medicine a confronto: la mediterranea e la cinese
Medicina tradizionale cinese e medicina mediterranea sono meno diverse tra di loro di quello che si possa pensare. Se la seconda si basa su alcuni elementi e di questi si occupa, quella cinese si interessa dei processi. Il fatto di concentrare la propria attenzione sugli elementi ha portato, nell’approccio mediterraneo, allo sviluppo maggiore di alcune discipline in occidente piuttosto che in Cina. Paragonando scritti antichi, ma contemporanei tra di loro, la descrizione anatomica galenica è molto più dettagliata rispetto a quella di un autore orientale dello stesso periodo storico. Questo non significa che non siano entrambe valide e complete. La scelta dell’approccio è personale.
La medicina cinese individua sul corpo una serie di canali, definiti meridiani. Galeno era consapevole che nel corpo esistono dei flussi energetici, ma il tipo di approccio che decise di adottare non contemplava il trattamento del meridiano. Se quindi la medicina di derivazione cinese si basa sulla ricerca dell’equilibrio energetico all’interno di questi canali e di riflesso degli organi ad essi connessi, Galeno prende in considerazione l’organo in sé e da questo parte; se il medico agopuntore risolve il deficit dell’organo intervenendo sul meridiano, Galeno nel suo approccio adotta un procedimento inverso, agisce sull’organo per risolvere il problema energetico. Uno sguardo più attento però alle droghe impiegate nella tradizione cinese e quella mediterranea, porta in evidenza che le erbe adoperate nella cura di patologie simili sono le stesse (il riferimento è a piante disponibili e conosciute in entrambe le aree geografiche) nonostante l’approccio ad esse, come dimostrato, sia opposto.
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Lo scopo della medicina, qualunque essa sia insomma, è il raggiungimento del benessere psicofisico, una condizione che interessa dunque sì il corpo ma anche il suo rapporto con la psiche e con l’ambiente che lo circonda.
L’analisi olistica (e quindi ogni genere di approccio che segue questa corrente, compresa la medicina mediterranea) prevede prima di tutto l’individuazione del terreno, ovvero la comprensione del contesto patologico. Successivamente si passa all’analisi del disturbo che produce una perturbazione dell’equilibrio del terreno. È necessario quindi operare una distinzione tra il “cronico” (il terreno che si potrebbe chiamare anche predisposizione) e l’”acuto”, ovvero il sintomo accusato del soggetto. Il secondo può essere trattato in modo mirato (mediante farmaci naturali o di sintesi quando necessario). Il terreno è il solo aspetto ad essere indagato mediante un approccio olistico, indipendentemente da quale filone terapeutico si scelga di seguire. Di fronte ad un soggetto che lamenta una problematica, lo specialista che adotta una visione ippocratico-galenica ha il dovere di non fermarsi al sintomo ma di indagare lo stato di salute generale del paziente (terreno), per comprendere chi ha davanti e scovare in modo profondo l’origine del disturbo per poi agire su questo mediante la dottrina e, nel caso dell’arte erboristica, con l’ausilio delle piante e delle loro proprietà.
Un’infezione batterica grave, ad esempio, non può non essere curata con l’antibiotico. Un abbassamento delle difese immunitarie invece è campo di intervento delle terapie olistiche. La difficoltà è nella diagnosi: l’immunodepressione non è sempre determinata dallo stesso fattore scatenante. Per non sbagliare strada l’operatore deve avere una buona conoscenza del sistema di riferimento che utilizza: nella fattispecie, secondo la visione mediterranea, la problematica potrebbe essere determinata da un umore flemma ma anche da melanconia. Il soggetto definito “flemmatico” e quello individuato come “melanconico” però sono tra di loro completamente differenti tra loro e diverse sono le ragioni portano alla determinazione dello medesimo terreno. Nel melanconico la causa sarà psichica, nel flemmatico di origine organica.
Lo specialista che segue l’approccio galenico per comprendere chi ha davanti può avvalersi di una scienza antica quale la Fisiognomica. Essa ha lo scopo di comprendere lo stato di equilibrio di una persona sulla base dell’indagine di ciò che l’operatore percepisce dai sensi e dall’osservazione dell’aspetto fisico.
La diagnosi, che richiede molta esperienza, viene effettuata grazie alla propria sensibilità ma ogni chiave interpretativa deve essere adattata agli schemi e dalla dottrina che egli ha appreso e interiorizzato negli anni. Per favorire il raggiungimento di uno stato di salute, si cercherà il punto più vicino all’equilibrio delle forze che governano il mondo e il corpo umano.

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Esempi pratici
Il reflusso gastroesofageo è un problema molto diffuso ed è spesso originato da un’infiammazione dello stomaco. Ogni organo del corpo, come già visto, è collegato con un elemento. È stato già descritto come un eccesso di freddezza dello stomaco ne provochi la malattia. Utilizzando espedienti che ne ristabiliscano la giusta condizione e che sprigionino calore, esso potrà ritrovare l’equilibrio: piante che tecnicamente sembrerebbero controindicate per curare le affezioni del digerente, in realtà svolgono la loro azione curativa, non come palliativi ma in maniera definitiva.
Non è raro, poi, che patologie dello stomaco si ripercuotano sull’intestino, manifestandosi sotto forma di infiammazione (eccesso di calore). Può succedere ad esempio che l’organismo cerchi autonomamente di compensare l’eccessiva freddezza dello stomaco producendo calore (infiammazione appunto). Il medico che utilizza un approccio di derivazione ippocratico-galenica, andrà ad agire su quella che secondo la sua diagnosi risulterà essere la causa del disagio. In un caso come quello sopra descritto, l’eccesso di calore che affligge l’intestino provocando lesioni ulcerose ad esempio, può essere determinato dall’eccesso di freddo dello stomaco. Scaldando quest’ultimo (anche se può sembrare contraddittorio vista la presenza di un’infiammazione) si interverrà sia sul sintomo che sulla causa, giungendo al riequilibrio di entrambi gli organi.
Molto diffuse, soprattutto tra le donne dopo una certa età, sono osteoporosi e osteopenia. Secondo un approccio classico esse sembrerebbero essere “solo” le conseguenze di una carenza di calcio: la terapia quindi potrebbe limitarsi all’assunzione di integratori contenenti vitamina D e calcio, appunto. Differentemente, secondo l’approccio ippocratico galenico, le carenze di calcio e le patologie ad esse correlate, possono essere affrontate nutrendo la milza. Ad essa è collegato l’elemento “terra” che, a sua volta, è governato delle parti solide. L’osso è la parte solida per eccellenza del corpo umano: nutrendo la milza, dunque, automaticamente l’apparato scheletrico risulterà rinforzato.
Articolo tratto da Benessere.com a cura di Anna Tortora

LA MEDICINA IPPOCRATICO-GALENICA (prima parte)

LA MEDICINA IPPOCRATICO-GALENICA 1
di Anna Paola Tortora tratto da un’intervista con Paolo Ospici

“Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo”.
(Ippocrate)

La medicina di tradizione ippocratico-galenica, anche detta medicina mediterranea, ha origine nell’epoca sumera per essere poi ripresa dai greci e codificata da Ippocrate di Coo, ulteriormente sviluppata da Galeno nel II secolo d.C. Le teorie di quest’ultimo si basavano sul presupposto che il mondo fosse governato da quattro elementi, in equilibrio tra di loro, e che il corpo umano, come un mondo in miniatura, fosse alla stessa stregua soggetto, nella salute e nella malattia, alle conseguenze del mutare di questo equilibrio, la cui ricerca costante è parte della vita dell’uomo. Ruolo fondamentale per il medico che segue la tradizione ippocratico-galenica, è l’alimentazione: solo un corpo sano, o il più possibile vicino allo stato di salute ottimale, sarà in grado di ricavare dall’alimento il corretto nutrimento.

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Introduzione alla medicina ippocratico-galenica applicata all’erboristeria
L’approccio alla patologia e al corpo umano più in generale della medicina ippocratico-galenica è di tipo olistico per cui un sintomo non può e non deve essere considerato e valutato come manifestazione circoscritta; questo vale soprattutto quando si parla di stati cronici. Non è pensabile curare il paziente senza considerare tutto l’organismo e con lui i suoi collegamenti interni: il corpo è un unicum e come tale va trattato.
Come accennato, lo specialista di tradizione ippocratico-galenica pone grande attenzione nei confronti dell’alimentazione e del cibo. All’interno dello stomaco termina, infatti, la cottura dei cibi; se all’altezza dell’organo che svolge questa attività si presenta una problematica che ne interdice il corretto funzionamento, il nutrimento derivante dal cibo ingerito sarà dannoso. Più semplicemente, per citare il noto erborista ed esperto di medicina mediterranea Luigi Giannelli, si può dire che chi si ammala di stomaco, prima o poi si ammala di qualunque cosa.
Laddove la cura dell’alimentazione non dovesse rivelarsi sufficiente, un ruolo determinante possono giocare i rimedi erboristici, fermo restando che se una lproblematica lo dovesse richiedere, il ricorso ad una terapia a base di farmaci di sintesi è sempre contemplato, principalmente per la cura delle situazioni acute che potrebbero non trovare giovamento mediante la fitoterapia. La medicina mediterranea applicata all’erboristeria è un approccio terapeutico che si avvale delle proprietà curative delle piante ma non si limita ad utilizzarle solo sulla base della loro composizione chimica e del principio attivo che le caratterizza.
Al tempo della nascita e dello sviluppo dell’approccio ippocratico-galenico, le uniche sostanze curative disponibili erano le piante ma nessuno dei medici ne conosceva la composizione chimica. Osservando le formulazioni preparate al tempo non è raro trovare corrispondenze errate rispetto a ciò che oggi si conosce sulle piante, il loro fitocomplesso e l’impiego che al tempo se ne faceva: alcune piante infatti sono citate come terapeutiche per la cura di disturbi senza un’apparente ragione o a volte addirittura in contraddizione rispetto a quelle che sono le conoscenze delle stesse piante e delle loro composizioni ottenute in epoca contemporanea. Non è raro reputare alcune formulazioni errate quando, tra le droghe consigliate per la cura di specifiche patologie, compaiono piante che sulla carta presentano indicazioni terapeutiche totalmente differenti se non addirittura avverse.

Secondo la tradizione ippocratico-galenica, l’organismo è governato da forze ed energie; gli organi sono connessi tra di loro, e così la loro patologia, e spesso per comprenderne gli stati è necessario andare oltre l’evidenza empirica e il sintomo. Solo in questo modo si giungerà all’individuazione della causa che provoca il disagio, ma proprio nella diagnosi risiede la difficoltà dell’approccio terapeutico di tipo ippocratico-galenico. Diagnosi è un termine che deriva dal greco e letteralmente significa “capire attraverso”: il sintomo non può e non deve essere considerato come inizio e fine della malattia. Questo genere di approccio è comune a tutte le discipline olistiche. Esse sono solite basarsi su alcuni elementi che trovano corrispondenza all’interno del corpo con organi e stati patologici.

La medicina ippocratico-galenica, le sue origini e la teoria degli elementi
La medicina ippocratica si basava sulla fisica di Empedocle, arricchita e rielaborata da Aristotele. Il mondo è descritto come composto da quattro elementi, che a loro volta derivano da quattro qualità della materia: il caldo, il freddo, il secco e l’umido. Unendo queste proprietà in coppie di due unità, il risultato sono quattro elementi: un elemento caldo/secco (il fuoco), un elemento caldo/umido (l’aria), uno freddo/umido (rappresentato dall’acqua), un elemento freddo/secco (la terra). Gli elementi compongono il mondo e quindi la materia e di conseguenza anche il corpo umano.
Ogni elemento ha aspetti che sono fisiologici, anatomici e psicologici. Ogni giorno, come in un ciclo, le quattro condizioni (elementi) si alternano; le ore del mattino sono caldo/secche, le ore del pomeriggio sono quelle freddo/secche, si passa poi al freddo/umido per arrivare all’ultimo segmento che si estende dalla mezzanotte fino all’alba caratterizzato dall’elemento caldo/umido. Il caldo/secco (fuoco) esprime tutto ciò che va verso l’alto, secondo legge di natura. Il suo opposto (l’acqua) fa esattamente il contrario; allo stesso modo l’aria, espande mentre il suo speculare, contrae.
Il ciclo delle 24 ore della giornata trova corrispondenza nell’alternanza delle stagioni e delle fasi lunari. Questi stessi elementi, la cui correlazione con l’organismo verrà spiegata in seguito, si ritrovano all’interno del corpo umano. Impossibile – secondo tale concezione – slegare l’essere umano dal mondo in cui vive e trattarlo come estraneo e non condizionato da quest’ultimo e dalle forze che lo governano. Le energie sono in relazione tra di loro e devono tendere all’equilibrio. Lo stato di salute è determinato dalla condizione in cui i quattro elementi di cui si parla sopra sono in bilanciamento tra di loro, anche se il bilanciamento non potrà mai essere perfetto.
Nel corpo umano, ogni organo governa un elemento e in alcuni casi, indirettamente, anche più di uno. Il fegato (organo caldo/secco) ad esempio domina direttamente il fuoco. L’aria, che è un elemento caldo/umido e rappresenta il soffio vitale, l’energia e l’ossigeno, si forma nei polmoni attraverso l’atto della respirazione e con il contributo del calore prodotto dal fegato. La milza, invece, è un organo freddo/secco e governa la terra.
La malattia dell’organo è riconducibile ad eccessi o difetti delle condizioni che lo caratterizzano. Ad esempio: lo stomaco nella visione ippocratico-galenica è caratterizzato come un organo freddo/umido e il suo elemento è l’acqua. Un eccesso di freddezza determina la sua patologia; solo mediante l’utilizzo di sostanze in grado di creare calore, l’organo può ritornare ad una condizione di buona salute.

Le stesse piante possono essere catalogate ed impiegate, indipendente dal fitocomplesso che ne determina l’azione e la loro composizione chimica, secondo questa visione. Altea e malva ad esempio sono piante dal profilo chimico praticamente identico: secondo la visione galenica però sono differenti tra di loro, l’altea infatti è una pianta tiepida mentre la malva è equilibrata. A seconda della situazione si rivelerà dunque più indicata una o l’altra. Generalmente l’azione dell’altea è più rapida di quella della malva, proprio per questa sua caratteristica di calore latente: nella cura della gastrite (eccesso di freddo) sicuramente è più indicata la prima, per la terapia contro la colite (stato infiammatorio dipendente da un eccesso di calore) si rivela migliore la seconda.
Nel corpo, gli elementi si traducono in umori attraverso un processo definito “ciclo delle trasformazioni” dai medici ippocratici, rinominato in epoca rinascimentale “ciclo delle cozioni”. Gli umori devono essere interpretati come qualcosa di dinamico; ogni umore ha un preciso significato, fisiologico, anatomico, psicologico e metafisico. Un esempio su tutti: il fuoco caratterizza un carattere irascibile e collerico; non è un caso che l’organo che governa questo elemento sia il fegato, notoriamente considerato la parte del corpo collegata a questo sentimento negativo. Sono anche le espressioni idiomatiche a suggerire questo parallelismo, quando nel linguaggio di uso comune si è soliti associare l’eccesso di bile a situazioni di ira estrema. Il rene, a sua volta, è l’organo che secondo i dettami della medicina galenica svolge la funzione di assorbire l’eccesso di calore epatico (che rappresenta, come detto sopra, la malattia dell’organo). Un’infiammazione delle vie urinarie, può essere ad esempio determinata da un eccesso di fuoco del fegato. La gramigna è spesso prescritta nelle formulazioni ippocratico-galeniche come pianta in grado di combattere questo disturbo; la ragione risiede nel fatto che essa raffredda l’asse fegato/reni riducendo il calore del fegato, alimentando il drenaggio del calore epatico, agendo dunque sul rene ma andando a risolvere la problematica che origina il disagio alla base.
Gli organi non sono in relazione solo con stati d’animo negativi: al fegato sono collegati, ad esempio, coraggio e temerarietà (quasi imprudenza si potrebbe dire); allo stesso tempo il rene, organo in grado di spegnere e sedare l’azione eccessiva del fegato, come descritto sopra, rappresenta la paura, che può tradursi quindi in prudenza che limita gli eccessi derivanti dal fegato.

Sindrome influenzale secondo la visione degli “Antichi”

di Nadia Zangaglia – Erborista:

 

Secondo un’ elaborazione semplificata della Dottrina Umorale di origine lppocratica e Galenica sappiamo che il crocevia di tutte le trasformazioni e’ lo stomaco,che inoltre gestisce in primo luogo il “Govemo dell’Acqua”, invece l’organo che da forza ed energia alle trasformazioni stesse e’ il fegato che permette quello che possiamo definire “Governo del Fuoco”. Lo Stomaco difatti e’ situato al centro dell’incontro dei due “assi maggiori” , il verticale con l’orizzontale, ed affiancato dagli organi governatori fondamemali: a destra il fegato, a sinistra la milza .
Per avere la percezione del fondamentale e indissolubile legame tra questi organi, basti pensare alla loro disposizione fisica all’intemo del corpo: al Centro lo stomaco, che sovrasta il pancreas che a
sua Volta “ collega” fegato e milza;. Lo stomaco e’ avvolto e abbracciato dal fegato sulla parte destra e si appoggia, quasi sulla milza, a sinistra. Dietro, un po’sotto, quasi a far da “sedia” ai reni.
Salendo Verso l’alto si va subito alla testa. dove secondo la Dottrina Umorale lppocratica, hanno sede oltre alle funzioni intellettive e sensitive, anche quelle di tipo “metabolico”: grazie ai precursori che si formano nello stomaco e che salgono nella testa, si forma la Flemma, l’Umore corrispondente all’elemento Acqua, Freddo e Umido e Lunare al massimo grado.
. Esso, come acqua di una fontana, discende e fluisce verso il basso. La Flemma, prosegue la sua discesa,, che in greco e’ detta “catarrho” o “rheuma” ( letteralmente scorrimento verso il basso;
scorrimento) e attraverso il collo raggiunge il petto, dove si trovano polmoni e cuore, chiamato da Platone”l’intoccabile”, protetto dalle “spugne” polmonari e dalla gabbia toracica (torax termine latino che deriva dall’analogo termine greco, indica sia la parte anatomica delimitata dalla gabbia toracica sia la parte della corazza o lorica che protegge il busto del guerriero ).
L’area del petto comprende quindi sia una parte di ” acque”, piu’esterna, protettiva, Fredda e Umida, sensibile al flusso flemmatico ( i polmoni), sia una parte interna, “nucleare” e lgnea (il cuore), sensibile soprattutto ai flussi Sanguigno Biliare ( la Bile per la Dottrina Umorale e’ fuoco organico ).
Nel petto-are toracica convivono due nature, in continuo scambio e compensazione, che permettono l’assunzione e distribuzione di :
a) Calore vitale,concentrato nel cuore e da esso distribuito, proveniente dall`asse fegato-vasi-reni
b) Soffio vitale o “Pneuma”o “Spiritus”, che i polmoni assumono dall’ambiente e cedono al cuore, che a sua volta lo distribuisce, insieme al Calore Vitale.I polmoni, irrorati di “catarrho” Flemmatico_ inoltre, rinfrescano e umettano il cuore e il sangue, impedendo che il calore e la parte ignea eccedano nella loro funzione e provochino danni al resto
dell’organismo. .
Dal punto di vista patologico in corrispondenza di questi punti si formano i muchi vischiosi, collosi, tenaci, a causa dell’eccesso di Freddo ambientale , climatico-stagionale che alimentare.
Ogni evento e’ ambiguo: il Freddo e Umido della Flemma compensa a livello toracico l’eccesso di calore del sangue e del cuore, ma oltre ad una certa misura,riversa nei polmoni un flusso abnorme
che si trasforma in muco ostacolante la funzione respiratoria.
Concludere il percorso in “discesa” della Flemma a questo livello sarebbe assurdo, ma in questa occasione possiamo limitarci a considerare questo “segmento” in quanto é l’area che viene
maggiormente colpita dai “virus” ,ovvero, e’ proprio sulle mucose dei primi tratti dell`apparato respiratorio che si “attaccano” virus e batteri ( complicanza della sindrome influenzale e causa sproporzionata dell’uso di antibiotici, in presenza di banali raffreddori o tossi persistenti o peggio ancora solo influenze virali!!!),
L’attenzione di conseguenza del medico antico era rivolta, in caso di “influenze”, a ristabilire all’interno dell’organismo l’equilibrio tra gli Umori, con particolare attenzione all’aspetto Freddo Umido o comunque all’interferenza “perversa”degli altri umori su Questo.

 

Un caso di Medicina Popolare: la Pomata di Checcaccio

di Eleonora Zilli:

Scoprire storie lontane, di persone speciali, carismatiche, attente osservatrici immerse completamente nel proprio contesto, è un’emozione. Oggi si è portati, purtroppo, a considerarsi come estranei alla Natura, spettatori di fenomeni staccati dalla propria esistenza. Invece questa storia mi fa pensare che un tempo, in assenza di fortuna e benessere, ci si sentiva più Creature di un Tutto con cui dialogare. Quando la preghiera si mescolava alla preparazione di una medicina e la ritualità aveva un senso mistico molto potente.

La vita di Giuseppa Bazzucchi, detta Peppa del Bartolo, è la storia di una donna forte, energica e sola. Ma non nell’accezione di “senza compagnia”, bensì di indipendente e piena di vita.

Massimiliano Dragoni, suo nipote, musicista e filosofo, ha raccolto in un bellissimo libro, ricordi, racconti e testimonianze sulla vita dura ed intensa di Peppa, “accademicamente analfabeta, ma dalla cultura genuina e dalla lucidità invidiabile”1.

Vissuta tra le montagne, tra Gualdo Tadino e Assisi, “[…]apparteneva a quella generazione sopravvissuta a due guerre mondiali, alla dittatura fascista e all’occupazione nazi-fascista” e viveva in un paese di campagna. Scandendo la vita attraverso i segni della natura, vento, sole, luna e neve, cercava e trovava in essa ogni rimedio utile.

“Mettevamo i piedi nudi in un contenitore e li immergevamo nella neve fresca per aver giovamento alla circolazione sanguigna degli arti inferiori.”

“La pozione magica, spesso e volentieri, diventava una bevanda fresca a base di decotto di malva” per fastidiose e improvvise indigestioni.

“[…]La vidi fustigarsi come un battitore del Venerdì Santo in qualche paese dell’entroterra campano, con un mazzetto di ortica.” Irritando la cute stimolava la circolazione sanguigna, nei problemi di vene varicose.

E la pomata de Checcaccio, unguento a base di sambuco, è un medicamento di cui si è tramandato oralmente dal sensale Checco de Biagioni, di Santa Maria di Lignano, a Ginetta de Frustavento, che

tramite l’Emilia de Fiana arrivò all’”esperta erborista appenninica, Giuseppa Bazzucchi”. E’ da ricordare che, ai tempi, il medico raggiungeva difficilmente e sporadicamente la montagna, per cui nella comunità spiccavano figure sciamaniche e dedite alla medicina popolare. Tra l’altro Peppa si occupava dei parti in casa.

Ogni anno tra la metà del mese di settembre e i primi dieci giorni di ottobre, avveniva la preparazione della suddetta pomata: la pomata del poro Checcaccio, come Peppa la chiamava.

“Quando in casa si procedeva alla preparazione, nonna non amava né confusione né tanto meno domande inopportune, tutto doveva procedere secondo un rituale semi alchemico, che lei conduceva con maestria”. Ed ecco la ricetta originale in dialetto, da una registrazione:

Pe fa la medicina tocca pià el sambuco ‘lla pè settembre, tocca scartoccià el sambuco e arcapà le foje e la scorsa. Quando che l’è scartocciato, ‘l mette ‘nto na busta de plastica, e doppo ‘nto la mattera. Quando che se ‘ncomincia a fracià, el cave. Doppo serve l’olio d’uliva, l’olio bono, el mele e la cera d’ape. Prima fè bollì l’olio col sambuco, la cera e tre cucchiaie de mele, quando che l’è bollito spigne el foco e prepare ‘n pentolino coll’acqua ghiaccia. Arcape el sambuco e butte tutto n’to l’acqua, la lave, cave l’acqua e ce l’armette; ce fè nove volte.2

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“Perché nove volte? Perché tre volte tre? Il nove è il numero ottenibile sommando tre volte il numero perfetto tre, numero dall’alone mitico, divino per la religione cristiana e magico in epoca arcaico-greca. Numero ottenibile allo stesso modo moltiplicando il numero tre per se stesso, la perfezione moltiplicata per la perfezione stessa. E’ il numero che per la religione cristiana dimostra l’essenza stessa della perfezione divina: ternari signat misteria trinitas.”

“Durante il lavaggio, Giuseppa parlava una lingua a dir poco incomprensibile, prima di tutto a causa del volume, molto tenue, in secondo luogo, perché si trattava di una sorta di nenia in latino.[…]ogni volta mi spiegava che ognuno dei “dottori” aveva la sua versione per accompagnare le ultime fasi della ricetta.”

Impiegata per le infiammazioni alla gola, punture d’insetto, acne, problemi cutanei dei piedi, emorroidi, ferite ed infezioni, la pomata del Checcaccio fortunatamente è giunta fino a noi grazie a persone come Massimiliano Dragoni che, come gli erboristi tradizionali, vedono e cercano nel passato una fonte preziosa di conoscenza, d’ispirazione e continuità con il presente.

1 Tutte le citazioni da: Massimiliano Dragoni, La Pomata de Checcaccio, Era Nuova, 2008

2 Per la preparazione della medicina, occorre raccogliere del sambuco in settembre; bisogna separare la corteccia e metterla, insieme ad alcune foglie, in una busta, meglio se di plastica, e conservarla in una dispensa. Nel momento in cui il sambuco inizia la fase della macerazione è pronto all’uso. Occorre procurarsi dell’olio d’oliva, olio extra-vergine, del miele e della cera d’api. Prima si fa bollire l’olio con il sambuco, la cera e tre cucchiai di miele; una volta bollito si spenge la fiamma e si prepara un altro pentolino con dell’acqua a temperatura ambiente. Si versa il contenuto del pentolino, nel recipiente con l’acqua, filtrando il sambuco, si lava il contenuto formatosi – che sarà piuttosto solido, dato il contrasto delle differenti temperature – si toglie l’acqua; si ripete l’operazione nove volte.

Eleonora Zilli