Nono ragionamento ” Lo stato morboso ” prima parte, Maestro Simone Iozzi

NONO RAGIONAMENTO

LO STATO MORBOSO
SECONDO
LA FITOTERAPIA TRADIZIONALE ERBORISTICA

CONSIDERAZIONI E DIVAGAZIONI PRELIMINARI

Sulle generali possiamo parlare di due stati certi riguardo al senso della vita e di morte nel quale lo stato morboso non vi rientra poiché esso continuamente muta ed evolve, quindi passibile di risoluzione, di cronicizzazione e può condurre allo stato certo che è la morte. Può condurre alla morte ma non è la morte, perciò non considerabile come vita né tanto meno come morte, ma come fatto accidentale che sta alla vita, come la vita non sta alla morte ma ad un complesso di funzioni biologiche che resistono alla morte.
Dunque la vita in sé e di per sé è una condizione singolare e caratteristica rappresentata e sostenuta da un insieme di processi biologici che le consentono di alimentarsi, crescere, automantenersi e di riprodursi. Affinché questi processi abbiano possibilità di procedere secondo occorrenza, devono avvenire all’interno di determinate costanti fisiologiche, onde resistere alla morte. In pratica si ammette che la morte si ha quando queste vengono meno fino alla loro cessazione dell’organismo; in particolare le tre grandi funzioni quali la cerebrale, la cardiocircolatoria e la respiratoria. Mai drasticamente (salvo nell’infarto e altre condizioni traumatiche), ma gradatamente venendo sostituite da altri fenomeni quali i precadaverici. Le condizioni di vita sono dunque indissolubilmente legate all’incessante sforzo da parte dell’organismo di resistere alle forze che tendono ad annullarne il naturale scorrimento.
Quand’è dunque che inizia questo andare incontro alla morte? come e evolve e come si conclude? E’ difficile dare una risposta esaustiva al quesito al di fuori del significato di normalità per anatomi sistemi ma come accidentalità che non rientra nella normalità (dal latino norma che nella sua eccezione significa regola o legge)

LO STATO MORBOSO
La condizione ottimale di vita di ogni essere vivente è riconosciuta nella sua capacità di conservare la propria salute: ossia di garantire il pieno benessere psicofisico.
Per salute si intende quindi qualcosa che va ben oltre il concetto di assenza di sintomi, ma definibile come sviluppo armonico della personalità del singolo individuo nei confronti delle processualità biologiche.
Tuttavia, se tale definizione generale può apparire accettabile, poco ci dice su di un piano delle processualità biologiche, per cui è opportuno precisarne i contenuti..
Tutto ha inizio nel definire la natura umana quale sistema vivente che si compie all’interno di particolari strutture, le cellule, a mezzo di appositi componenti separate tra loro da membrane semipermeabili, dove ogni componente è correlato ad un numero imprecisato di altri componenti in costante e reciproco rapporto subordinato da numerose variabili quali quelle che possono verificarsi in seno agli scambi con il mezzo ambiente interno (vedi stato eucrasico), da cui traggono materia ed energia.
Come è ben noto, tutti i fenomeni biologici che caratterizzano la sostanza vivente sono soggetti a condizioni di variabilità processuali che di volta in volta si conformano alle necessità dell’organismo, per cui appare evidente che la processualità di ogni variabile non può identificarsi con valori statisticamente stabiliti per ogni singola categoria di cellule, la cui critica può essere rappresentata dal fatto di riconoscere per normale solo ciò che rientra nei limiti prestabiliti, pecca (a mio personale giudizio), di artificiosità..
La capacità di modulare le proprie variabilità processuali a fronte di esigenze diverse, costituisce l’adattamento (vedi apposito capitolo)), tanto da rappresentare uno dei fondamentali requisiti che permette alla sostanza vivente di mantenere stazionari (non fissi) determinati valori omeostatici nonostante l’incidenza di fattori etiopatologici che ne potrebbero perturbare l’ordinato svolgersi. Stazionarietà modulante le cui possibilità non sono illimitate; oltre certi limiti l’organismo non può aumentare tale peculiarità che tende a mantenersi all’interno di minima , media e massima performance che oscilla incessantemente intorno a valori di soglia biologicamente stabiliti oltre i quali (secondo l’erboristica), la maggior parte degli stati morbosi nascenti trarrebbero la loro origine. Ipotesi che propende sull’esistenza di momenti sfasamento funzionale elementare a priori dei servomeccanismi biologici (anche se la definizione di elementari è ben lontana dall’essere semplice).

In tempi non recenti le varie patologie di cui soffre l’homo sapiens sono state considerate accidentali, ritenendo implicita la presenza di una contrapposizione tra salute e malattia, poiché risulta che un individuo perfettamente sano è un caso limite mai raggiunto. Ogni organismo è sempre, in qualche misura, ammalato, e ciò che è chiamiamo salute in realtà è una definizione che viene applicata tutte le volte che le incidenze patognomiche, di norma non superano qualitativamente e quantitativamente certi valori limite ontologicamente fissati.

Quindi, in linea di principio, possiamo presumere che ogni interpretazione, sui fatti sopra descritti, se guidata dalle sole alterazioni per anatomie indagati, rischia di non cogliere una incrinatura nella stazionarietà dei valori omeostatici su cui poggia la salute dell’organismo.
Sulla base di queste supposizioni è possibile accettare il concetto di movente patognomico a priori, ovvero sostenere l’idea che possa avere origine da una sfasamento primario a carico di un valore omeostatico interno, ideale o desiderato, potrebbe costituire il motivo di fondo di una fisiopatologia a posteriori.
L’assenza della percezione dei sintomi è una condizione permanente oppure transitoria? Ammettere la possibilità di uno stato morboso nascente i cui momenti etiologici possono essere non percepibili in termini sintomatici, permette teorizzare stati morbosi a carico di determinati sostrati organici. riconducibili ad una etiologia a priori imputabile ad oscillazioni del sistemi omeostatico generale: quindi asintomatica. Ed è proprio dei sistemi assoggettati ai sistemi omeostatici offrire la possibilità di aversi eventi definibili come stati morbosi silenti, penso non si tratti di una vischiosità concettuale, di lana caprina.

Sulla scorta di quanto fin qui descritto ogni nascente stato morboso, in generale, costituisce fenomeno limitato nel tempo che tende ad essere riassorbito spontaneamente, ma può anche evolvere fino a costituire patologie più o meno complesse con tutto il corollario che le contraddistingue. Corollario che ha una propria storia naturale chiamata decorso che può assumere caratteri diversi nel quale è possibile distinguere, una fase etiologica di incubazione, una fase iniziale silente, una fase successiva sintomatica cronica o reversibile
Nello specifico ogni stato morboso passa da livelli inferiori di organizzazione asintomatica a quello superiore sintomatico per cui si hanno, nel vivente, consequenzialità di iter a cascata a tutti i livelli di organizzazione biologica; dalla più elementare alla più complessa.

Simone Iozzi

Intervista a Luigi Giannelli di Marzia Coronati – Sciamani d’ Italia –

” Rito, preghiera, sostanza, la scelta del momento astronomico … ” sono le basi dei saperi delle varie medicina popolare.

Grazie alla giornalista Marzia Coronati ascoltiamo questa bella intervista che inizia con Luigi Giannelli per proseguire con gli altri professionisti :

Sciamani d’Italia – Parte 1
Con le voci di Padre Ivan, carmelitano; Paola Giovetti, autrice di “I guaritori di campagna”; Piero, Maria Rita e Valerio, guaritori e guariti; Antonella Bartolucci, antropologa; Luigi Giannelli, erborista.

Sciamani d’Italia – Parte 2
Con le voci di Paola Giovetti, autrice di “I guaritori di campagna”; Mario Ferraguti, scrittore; Antonella Bartolucci, antropologa; Daniele Lamioni e Maurilio Boni, gruppo Galli Silvestro; Franca, guaritrice.

https://marziacoronati.wordpress.com/2017/04/18/sciamani-ditalia-le-puntate/

Ottavo ragionamento riguardo ” L’Alimentazione E Nutrizione ” del Maestro Simone Iozzi

La nutrizione è la prima delle funzioni che appare nella scala degli esseri viventi e l’unica che garantisce la riproduzione (o nutrizione della specie) che è, come sappiamo, conseguenza immediata della prima. La nutrizione perciò consiste nell’attingere gli alimenti dal mezzo esterno trasformandoli assimilarli, convertirli in materia organica propriamente detta ed eliminarne poi i residui non più utilizzabili.
La nutrizione, infatti, è uno dei processi fondamentali ed esclusivi degli organismi viventi il cui studio può essere schematicamente ripartito in quattro fasi interdipendenti ed integrate.

1 – l’ alimentazione: cioè lo studio della produzione, della distribuzione e conservazione dell’associazione e del valore nutrizionale degli alimenti;

2 – la digestione: comprende l’insieme dei fenomeni meccanici e chimici (soprattutto enzimatici), che provocano e separano la parte utilizzabile degli alimenti dalle scorie. Ossia la scissione degli alimenti nei loro singoli componenti molecolari;

3 – l’assorbimento; cioè il passaggio dei costituenti stessi resi idonei dalla digestione ad attraversare la membrana delle cellule che costituiscono la parete del canale digerente ed entrare, per via ematica e linfatica, nell’ambiente interno dell’organismo;

4 – il metabolismo; per il quale le sostanze assunte sono oggetto di attività di sintesi e di scissione da parte del protoplasma vivente tramite processi che ne degradano il livello energetico e la complessità molecolare per essere poi utilizzate come costituenti strutturali, di regolazione e di riserva del protoplasma vivente, fornendo all’organismo materia ed energia necessarie allo svolgimento delle proprio funzioni biologiche.

La nutrizione rappresenta dunque la base di ogni attività interna (chimica, termica, strutturale, ed ha aspetti che toccano, è il caso di dirlo, tutte le funzioni più salienti dell’organizzazione umana perciò, in mancanza di una nutrizione coerente con le sue necessità fisiologiche non può esserci salute, ed è parere comune che una migliore difesa avverso molte patologie consiste essenzialmente da un equilibrato apporto nutrizionale dei vari sostrati organici. Pertanto una alimentazione non coerente alle necessità dei sostrati organici non può essere considerata corretta poiché causa di presenza di scorie inquinanti (tossine endogene).
Quattro sono le tipologie che distinguono le varie forme di alimentazione umana quali la:

1 – eutrofica: quali – quantitativamente idonea al fabbisogno nutrizionale dell’organismo;

2 – distrofica: quantitativamente insufficiente al fabbisogno nutrizionale dell’organismo;

3 – braditrofica: decelerata nei processi digestivo/assimilativi con tendenza all’obesità;

4 – tachitrofica: accelerata nei processi digestivo/assimilativi con tendenza alla magrezza.

La possibilità dell’organismo di trasformare, assorbire ed utilizzare in conformità ai propri fabbisogni materici ed energetici gli alimenti introdotti al suo interno, dipende essenzialmente alla qualità e quantità di questi, dall’efficienza del suo metabolismo e dall’attività di determinate ghiandole endocrine (in particolare della tiroide), del fegato, del pancreas e della secrezione gastrica.
Vi sono altri fattori che contribuiscono ad intensificare o diminuire la capacità digestivo/assimilativa dell’organismo quali: la vita sedentaria poiché aumenta la braditrofia tanto quanto l’esercizio fisico la diminuisce; viceversa l’esercizio fisico aumenta la tachitrofia mente la vita sedentaria la diminuisce, il freddo accelera il metabolismo al pari del calore, ecc.

Per inciso, l’attività fisica rappresenta un valido sussidio per agevolare il metabolismo e non ha possibili sostituti fisiologici in tal senso se sapientemente alternata al riposo. L’attività fisica, infatti, è il più importante fattore coadiuvante il metabolismo, l’espulsione dei residui in scorie per accelerazione circolatoria e contrazione muscolare. L’aria balsamica, grazie all’apporto di ossigeno, è necessaria alla regolarità di una efficiente combustione degli alimenti per cui, un suo insufficiente apporto sminuisce il valore di una alimentazione corretta a vantaggio delle altre. Anche i fattori atmosferici come il freddo ed il caldo, risultano di una certa importanza per un metabolismo fisiologico; il primo per riflesso nervoso, ghiandolare e della contrazione muscolare, il secondo per aumentata attività biochimica e circolatoria.

Ricapitolando: una corretta alimentazione non solo è il risultato dell’apporto di alimenti in linea con le esigenze biologiche dell’organismo, ma è anche dei fattori che contribuiscono al vantaggio alimentare quali i digestivi, gli assimilativi, i metabolici, gli espulsivi dei residui finali.

DEFINIZIONE DÌ ALIMENTO

In termini rigorosi la definizione di alimento non può essere qui espressa tramite una lunga perifrasi atta a comprendere tutte le polimorfe necessità nutrizionali caratteristiche della specie umana. Ovvero, nella sua essenzialità un alimento costituisce “ogni sostanza introdotta per via del canale alimentare che possa venire ossidata fornendo all’organismo calore, lavoro o altre forme energetiche”; in altri termini “di provvedere l’organismo di materiali necessari all’accrescimento corporeo e alla riparazione del danno provocato dal continuo logorio dei sostrati organici.
Tale definizione comprende diverse classi si sostanze quali i protidi, i lipidi, i glucidi che assicurano in vario modo il fabbisogno calorico, energetico e plastico; le vitamine, numerosi minerali come regolatori dei processi del metabolismo e dell’omeostasi corporea e, conseguentemente, dello stato eucrasico interno. Infine l’acqua sia come sostanza plastica per eccellenza, sia come veicolo obbligatorio per ogni movimento vitale di regolazione fisiologica

La classificazione degli alimenti plastici quali le proteine ed energetici quali i glicidi e i lipidi, non risulta abbastanza esaustiva: in realtà glucidi e lipidi sono anch’essi da considerare come plastici, ove si consideri la componente chimica della cellula nella quale sono rappresentati tutti i principi nutrizionali; per contro le sostanze proteiche, nel loro turnover, sono anch’esse ossidate e quindi fonte di energia. Alcuni alimenti, ad esempio l’acqua e i monosaccaridi, non subiscono il processo digestivo essendo direttamente assimilati dalla mucosa gastrica.

Ai prodotti in elenco viene data anche la definizione di alimenti complessi, mentre alle sostanze cui danno origine dopo la digestione, viene data la definizione di alimenti semplici o principi nutritivi o nutrienti.

Concludendo c’è da aggiungere che nessun alimento di per sé fornisce tutti i principi nutrizionali di cui l’organismo abbisogna per le proprie funzioni vitali: nessuno di essi, nella significazione sopra descritta, è completo. Resta perciò ancora di attualità, anche se non recente, la definizione di alimento di Randoin e Simmonet (1927) che cita “un alimento è una sostanza in generale naturale che necessia ai fabbisogni dell’organismo.

Impressioni del 3° Congresso Di Erboristi Mediterranei …. da Alessandro Pagnoni

Cari Erboristi Mediterranei,
Avrei voluto scrivere un resoconto più asettico e meno sentimentalmente patecipato, riguardo al congresso di Erboristi Mediterranei che si è tenuto a Zafferana Etnea (CT) il 25 ed il 26 marzo 2017 e che mi vedeva tra i partecipanti, ma un resoconto asettico non avrebbe reso l’idea del clima di festa e di passione per la tradizione di utilizzo delle piante officinali che si è respirato in questi due giorni.

Quindi sebbene il parterre di relatori fosse composto nomi storici dell’Erboristeria Italiana: quali Simone Iozzi, Luigi Giannelli, Carlo Montinaro, Marco Sarandrea, Giuseppe Ferraro, Carmela Patania, Bartolomeo Antonio Scalzi e Carmelo D’Amore vorrei prima di tutto soffermarmi sull’atmosfera di amicizia, stima e passione che regnava tra i partecipanti e tra i partecipanti ed i relatori, amicizia che si è ritrovata a tavola, nei brindisi, nei capannelli spontanei che, durante le pause, si formavano parlando di ogni cosa, di metodi come di piante, così come, con estrema leggerezza, di metodiche analitiche.

Se ci fossero parole per descrivere la signorilità del Maestro Simone Iozzi, il garbo e l’infinita disponibilità di Marco Sarandrea, la passione e la chiarezza espositiva del dott. Luigi Giannelli e l’amore per il proprio lavoro dimostrato dalla valentissima collega Carmela Patania probabilmente le userei ma queste parole o non esistono, oppure il sottoscritto è scrittore troppo modesto per trovarle.

Torniamo più seri e cominciamo a descrivere le relazioni partendo da quella del dott. Ferraro che, alla presenza di circa una trentina di erboristi ha spiegato le relazioni tra piante officinali, uomo e cosmo secondo le teorie antroposofiche elaborate, oltre un secolo fa da Rudolf Steiner.

Successivamente è stata la volta del dott. Carlo Montinaro, pediatra, Presidente della Scuola Medica Salernitana che ha spiegato alla platea presente il Circa Istans erbario presente nella biblioteca afferente a questa scuola dopodiché ha rapito la platea con un esposizione storica relativa agli 11 secoli di storia della Scuola Medica Salernitana.

Il Maestro Simone Iozzi ha chiuso i lavori del sabato educendo la platea sul ruolo della fitoterapia tradizionale erboristica, che, stando alla sua relazione porrebbe linguisticamente al riparo da ogni abuso professionale da parte degli erboristi. Le prerogative di un buon erborista tradizionale starebbero secondo il pensiero del relatore in tre diverse essenzialità: l’essenzialità delle painte intese come tagli tisana e preparazioni tradizionali, l’essenzialità del corpo umano che va conosciuto a menadito in ogni sua funzione fisiologica ed infine l’essenzialità della creazione della salute attraverso le erbe.
La fondamentale differenza, infatti l’erborista moderno e l’erborista tradizionale sta nella considerazione del principio attivo: se in fitoterapia clinica esso è fondamentale, in fitoterapia tradizionale il principio attivo è del tutto ininfluente poiché il fitocomplesso ha la parte preponderante.

La domenica mattina è stata la volta di Luigi Giannelli che ha letteralmente rapito la platea parlando delle piante della madre terra secondo la Medicina Tradizionale Mediterranea ed insegnando a noi tutti l’utilizzo corretto di queste piante.

Dopo il dott. Giannelli è stato il turno di Marco Sarandrea che dapprima ha parlato di Erboristeria monastica con la descrizione accurata della regola di Benedetto da Norcia, soprattutto riguardante la coltivazione dell’orto dei semplici. Quindi egli, presentatosi con una borsa di piante raccolte quella mattina stessa nei dintorni dell’albergo che ci ospitava, ci ha descritto l’utilizzo di ciascuna di esse soffermandosi, in particolar modo sulle piante dimenticate dall’erborista moderno, piante che appartengono alla nostra tradizione e che dobbiamo salvaguardare ad ogni costo.

La dott.ssa Carmela Patania ci ha proposto una interessantissima riflessione sul ruolo del seme sia nella parte botanica, sia in quella alimentare concludendo la sua relazione con la spiegazione di una tisana a base di quattro semi di apiacee utile nei casi di digestione lenta.

Dopo la nostra vicepresidente è stato il turno, assai gradito, di un collega dalla cui chiarezza espositiva anche i migliori relatori al mondo dovrebbero imparare, Bartolomeo Antonio Scalzi che con la sua relazione su “La vita segreta delle piante” ha dato alla platea prova dell’amore che ogni erborista dovrebbe avere, per la botanica. La relazione non ha posto la botanica come una materia sistematica e nemmeno ha fatto vedere le piante da un punto di vista evolutivo diretto come si è soliti leggere nei manuali di botanica, bensì la relazione si è interrogata sul significato della parola evoluzione.
Il Maestro Simone Iozzi ha chiuso, infine i lavori parlando e spiegando il suo erbario e i modi di utilizzo di ogni singola pianta.

Concludendo questo resoconto il sottoscritto si è reso conto una volta in più, mi si perdoni il gioco di parole, di praticare un mestiere antico e bellissimo che tuttavia dà risposte ad interrogativi estremamente moderni.

Grazie
Alessandro Pagnoni