Archivi tag: tradizione

LA MEDICINA IPPOCRATICO-GALENICA (seconda parte)

LA MEDICINA IPPOCRATICO-GALENICA 2
di Anna Paola Tortora tratto da un’intervista con Paolo Ospici

Medicine a confronto: la mediterranea e la cinese
Medicina tradizionale cinese e medicina mediterranea sono meno diverse tra di loro di quello che si possa pensare. Se la seconda si basa su alcuni elementi e di questi si occupa, quella cinese si interessa dei processi. Il fatto di concentrare la propria attenzione sugli elementi ha portato, nell’approccio mediterraneo, allo sviluppo maggiore di alcune discipline in occidente piuttosto che in Cina. Paragonando scritti antichi, ma contemporanei tra di loro, la descrizione anatomica galenica è molto più dettagliata rispetto a quella di un autore orientale dello stesso periodo storico. Questo non significa che non siano entrambe valide e complete. La scelta dell’approccio è personale.
La medicina cinese individua sul corpo una serie di canali, definiti meridiani. Galeno era consapevole che nel corpo esistono dei flussi energetici, ma il tipo di approccio che decise di adottare non contemplava il trattamento del meridiano. Se quindi la medicina di derivazione cinese si basa sulla ricerca dell’equilibrio energetico all’interno di questi canali e di riflesso degli organi ad essi connessi, Galeno prende in considerazione l’organo in sé e da questo parte; se il medico agopuntore risolve il deficit dell’organo intervenendo sul meridiano, Galeno nel suo approccio adotta un procedimento inverso, agisce sull’organo per risolvere il problema energetico. Uno sguardo più attento però alle droghe impiegate nella tradizione cinese e quella mediterranea, porta in evidenza che le erbe adoperate nella cura di patologie simili sono le stesse (il riferimento è a piante disponibili e conosciute in entrambe le aree geografiche) nonostante l’approccio ad esse, come dimostrato, sia opposto.
Pubblicità
Lo scopo della medicina, qualunque essa sia insomma, è il raggiungimento del benessere psicofisico, una condizione che interessa dunque sì il corpo ma anche il suo rapporto con la psiche e con l’ambiente che lo circonda.
L’analisi olistica (e quindi ogni genere di approccio che segue questa corrente, compresa la medicina mediterranea) prevede prima di tutto l’individuazione del terreno, ovvero la comprensione del contesto patologico. Successivamente si passa all’analisi del disturbo che produce una perturbazione dell’equilibrio del terreno. È necessario quindi operare una distinzione tra il “cronico” (il terreno che si potrebbe chiamare anche predisposizione) e l’”acuto”, ovvero il sintomo accusato del soggetto. Il secondo può essere trattato in modo mirato (mediante farmaci naturali o di sintesi quando necessario). Il terreno è il solo aspetto ad essere indagato mediante un approccio olistico, indipendentemente da quale filone terapeutico si scelga di seguire. Di fronte ad un soggetto che lamenta una problematica, lo specialista che adotta una visione ippocratico-galenica ha il dovere di non fermarsi al sintomo ma di indagare lo stato di salute generale del paziente (terreno), per comprendere chi ha davanti e scovare in modo profondo l’origine del disturbo per poi agire su questo mediante la dottrina e, nel caso dell’arte erboristica, con l’ausilio delle piante e delle loro proprietà.
Un’infezione batterica grave, ad esempio, non può non essere curata con l’antibiotico. Un abbassamento delle difese immunitarie invece è campo di intervento delle terapie olistiche. La difficoltà è nella diagnosi: l’immunodepressione non è sempre determinata dallo stesso fattore scatenante. Per non sbagliare strada l’operatore deve avere una buona conoscenza del sistema di riferimento che utilizza: nella fattispecie, secondo la visione mediterranea, la problematica potrebbe essere determinata da un umore flemma ma anche da melanconia. Il soggetto definito “flemmatico” e quello individuato come “melanconico” però sono tra di loro completamente differenti tra loro e diverse sono le ragioni portano alla determinazione dello medesimo terreno. Nel melanconico la causa sarà psichica, nel flemmatico di origine organica.
Lo specialista che segue l’approccio galenico per comprendere chi ha davanti può avvalersi di una scienza antica quale la Fisiognomica. Essa ha lo scopo di comprendere lo stato di equilibrio di una persona sulla base dell’indagine di ciò che l’operatore percepisce dai sensi e dall’osservazione dell’aspetto fisico.
La diagnosi, che richiede molta esperienza, viene effettuata grazie alla propria sensibilità ma ogni chiave interpretativa deve essere adattata agli schemi e dalla dottrina che egli ha appreso e interiorizzato negli anni. Per favorire il raggiungimento di uno stato di salute, si cercherà il punto più vicino all’equilibrio delle forze che governano il mondo e il corpo umano.

Pubblicità
Esempi pratici
Il reflusso gastroesofageo è un problema molto diffuso ed è spesso originato da un’infiammazione dello stomaco. Ogni organo del corpo, come già visto, è collegato con un elemento. È stato già descritto come un eccesso di freddezza dello stomaco ne provochi la malattia. Utilizzando espedienti che ne ristabiliscano la giusta condizione e che sprigionino calore, esso potrà ritrovare l’equilibrio: piante che tecnicamente sembrerebbero controindicate per curare le affezioni del digerente, in realtà svolgono la loro azione curativa, non come palliativi ma in maniera definitiva.
Non è raro, poi, che patologie dello stomaco si ripercuotano sull’intestino, manifestandosi sotto forma di infiammazione (eccesso di calore). Può succedere ad esempio che l’organismo cerchi autonomamente di compensare l’eccessiva freddezza dello stomaco producendo calore (infiammazione appunto). Il medico che utilizza un approccio di derivazione ippocratico-galenica, andrà ad agire su quella che secondo la sua diagnosi risulterà essere la causa del disagio. In un caso come quello sopra descritto, l’eccesso di calore che affligge l’intestino provocando lesioni ulcerose ad esempio, può essere determinato dall’eccesso di freddo dello stomaco. Scaldando quest’ultimo (anche se può sembrare contraddittorio vista la presenza di un’infiammazione) si interverrà sia sul sintomo che sulla causa, giungendo al riequilibrio di entrambi gli organi.
Molto diffuse, soprattutto tra le donne dopo una certa età, sono osteoporosi e osteopenia. Secondo un approccio classico esse sembrerebbero essere “solo” le conseguenze di una carenza di calcio: la terapia quindi potrebbe limitarsi all’assunzione di integratori contenenti vitamina D e calcio, appunto. Differentemente, secondo l’approccio ippocratico galenico, le carenze di calcio e le patologie ad esse correlate, possono essere affrontate nutrendo la milza. Ad essa è collegato l’elemento “terra” che, a sua volta, è governato delle parti solide. L’osso è la parte solida per eccellenza del corpo umano: nutrendo la milza, dunque, automaticamente l’apparato scheletrico risulterà rinforzato.
Articolo tratto da Benessere.com a cura di Anna Tortora

LA MEDICINA IPPOCRATICO-GALENICA (prima parte)

LA MEDICINA IPPOCRATICO-GALENICA 1
di Anna Paola Tortora tratto da un’intervista con Paolo Ospici

“Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo”.
(Ippocrate)

La medicina di tradizione ippocratico-galenica, anche detta medicina mediterranea, ha origine nell’epoca sumera per essere poi ripresa dai greci e codificata da Ippocrate di Coo, ulteriormente sviluppata da Galeno nel II secolo d.C. Le teorie di quest’ultimo si basavano sul presupposto che il mondo fosse governato da quattro elementi, in equilibrio tra di loro, e che il corpo umano, come un mondo in miniatura, fosse alla stessa stregua soggetto, nella salute e nella malattia, alle conseguenze del mutare di questo equilibrio, la cui ricerca costante è parte della vita dell’uomo. Ruolo fondamentale per il medico che segue la tradizione ippocratico-galenica, è l’alimentazione: solo un corpo sano, o il più possibile vicino allo stato di salute ottimale, sarà in grado di ricavare dall’alimento il corretto nutrimento.

Pubblicità
Introduzione alla medicina ippocratico-galenica applicata all’erboristeria
L’approccio alla patologia e al corpo umano più in generale della medicina ippocratico-galenica è di tipo olistico per cui un sintomo non può e non deve essere considerato e valutato come manifestazione circoscritta; questo vale soprattutto quando si parla di stati cronici. Non è pensabile curare il paziente senza considerare tutto l’organismo e con lui i suoi collegamenti interni: il corpo è un unicum e come tale va trattato.
Come accennato, lo specialista di tradizione ippocratico-galenica pone grande attenzione nei confronti dell’alimentazione e del cibo. All’interno dello stomaco termina, infatti, la cottura dei cibi; se all’altezza dell’organo che svolge questa attività si presenta una problematica che ne interdice il corretto funzionamento, il nutrimento derivante dal cibo ingerito sarà dannoso. Più semplicemente, per citare il noto erborista ed esperto di medicina mediterranea Luigi Giannelli, si può dire che chi si ammala di stomaco, prima o poi si ammala di qualunque cosa.
Laddove la cura dell’alimentazione non dovesse rivelarsi sufficiente, un ruolo determinante possono giocare i rimedi erboristici, fermo restando che se una lproblematica lo dovesse richiedere, il ricorso ad una terapia a base di farmaci di sintesi è sempre contemplato, principalmente per la cura delle situazioni acute che potrebbero non trovare giovamento mediante la fitoterapia. La medicina mediterranea applicata all’erboristeria è un approccio terapeutico che si avvale delle proprietà curative delle piante ma non si limita ad utilizzarle solo sulla base della loro composizione chimica e del principio attivo che le caratterizza.
Al tempo della nascita e dello sviluppo dell’approccio ippocratico-galenico, le uniche sostanze curative disponibili erano le piante ma nessuno dei medici ne conosceva la composizione chimica. Osservando le formulazioni preparate al tempo non è raro trovare corrispondenze errate rispetto a ciò che oggi si conosce sulle piante, il loro fitocomplesso e l’impiego che al tempo se ne faceva: alcune piante infatti sono citate come terapeutiche per la cura di disturbi senza un’apparente ragione o a volte addirittura in contraddizione rispetto a quelle che sono le conoscenze delle stesse piante e delle loro composizioni ottenute in epoca contemporanea. Non è raro reputare alcune formulazioni errate quando, tra le droghe consigliate per la cura di specifiche patologie, compaiono piante che sulla carta presentano indicazioni terapeutiche totalmente differenti se non addirittura avverse.

Secondo la tradizione ippocratico-galenica, l’organismo è governato da forze ed energie; gli organi sono connessi tra di loro, e così la loro patologia, e spesso per comprenderne gli stati è necessario andare oltre l’evidenza empirica e il sintomo. Solo in questo modo si giungerà all’individuazione della causa che provoca il disagio, ma proprio nella diagnosi risiede la difficoltà dell’approccio terapeutico di tipo ippocratico-galenico. Diagnosi è un termine che deriva dal greco e letteralmente significa “capire attraverso”: il sintomo non può e non deve essere considerato come inizio e fine della malattia. Questo genere di approccio è comune a tutte le discipline olistiche. Esse sono solite basarsi su alcuni elementi che trovano corrispondenza all’interno del corpo con organi e stati patologici.

La medicina ippocratico-galenica, le sue origini e la teoria degli elementi
La medicina ippocratica si basava sulla fisica di Empedocle, arricchita e rielaborata da Aristotele. Il mondo è descritto come composto da quattro elementi, che a loro volta derivano da quattro qualità della materia: il caldo, il freddo, il secco e l’umido. Unendo queste proprietà in coppie di due unità, il risultato sono quattro elementi: un elemento caldo/secco (il fuoco), un elemento caldo/umido (l’aria), uno freddo/umido (rappresentato dall’acqua), un elemento freddo/secco (la terra). Gli elementi compongono il mondo e quindi la materia e di conseguenza anche il corpo umano.
Ogni elemento ha aspetti che sono fisiologici, anatomici e psicologici. Ogni giorno, come in un ciclo, le quattro condizioni (elementi) si alternano; le ore del mattino sono caldo/secche, le ore del pomeriggio sono quelle freddo/secche, si passa poi al freddo/umido per arrivare all’ultimo segmento che si estende dalla mezzanotte fino all’alba caratterizzato dall’elemento caldo/umido. Il caldo/secco (fuoco) esprime tutto ciò che va verso l’alto, secondo legge di natura. Il suo opposto (l’acqua) fa esattamente il contrario; allo stesso modo l’aria, espande mentre il suo speculare, contrae.
Il ciclo delle 24 ore della giornata trova corrispondenza nell’alternanza delle stagioni e delle fasi lunari. Questi stessi elementi, la cui correlazione con l’organismo verrà spiegata in seguito, si ritrovano all’interno del corpo umano. Impossibile – secondo tale concezione – slegare l’essere umano dal mondo in cui vive e trattarlo come estraneo e non condizionato da quest’ultimo e dalle forze che lo governano. Le energie sono in relazione tra di loro e devono tendere all’equilibrio. Lo stato di salute è determinato dalla condizione in cui i quattro elementi di cui si parla sopra sono in bilanciamento tra di loro, anche se il bilanciamento non potrà mai essere perfetto.
Nel corpo umano, ogni organo governa un elemento e in alcuni casi, indirettamente, anche più di uno. Il fegato (organo caldo/secco) ad esempio domina direttamente il fuoco. L’aria, che è un elemento caldo/umido e rappresenta il soffio vitale, l’energia e l’ossigeno, si forma nei polmoni attraverso l’atto della respirazione e con il contributo del calore prodotto dal fegato. La milza, invece, è un organo freddo/secco e governa la terra.
La malattia dell’organo è riconducibile ad eccessi o difetti delle condizioni che lo caratterizzano. Ad esempio: lo stomaco nella visione ippocratico-galenica è caratterizzato come un organo freddo/umido e il suo elemento è l’acqua. Un eccesso di freddezza determina la sua patologia; solo mediante l’utilizzo di sostanze in grado di creare calore, l’organo può ritornare ad una condizione di buona salute.

Le stesse piante possono essere catalogate ed impiegate, indipendente dal fitocomplesso che ne determina l’azione e la loro composizione chimica, secondo questa visione. Altea e malva ad esempio sono piante dal profilo chimico praticamente identico: secondo la visione galenica però sono differenti tra di loro, l’altea infatti è una pianta tiepida mentre la malva è equilibrata. A seconda della situazione si rivelerà dunque più indicata una o l’altra. Generalmente l’azione dell’altea è più rapida di quella della malva, proprio per questa sua caratteristica di calore latente: nella cura della gastrite (eccesso di freddo) sicuramente è più indicata la prima, per la terapia contro la colite (stato infiammatorio dipendente da un eccesso di calore) si rivela migliore la seconda.
Nel corpo, gli elementi si traducono in umori attraverso un processo definito “ciclo delle trasformazioni” dai medici ippocratici, rinominato in epoca rinascimentale “ciclo delle cozioni”. Gli umori devono essere interpretati come qualcosa di dinamico; ogni umore ha un preciso significato, fisiologico, anatomico, psicologico e metafisico. Un esempio su tutti: il fuoco caratterizza un carattere irascibile e collerico; non è un caso che l’organo che governa questo elemento sia il fegato, notoriamente considerato la parte del corpo collegata a questo sentimento negativo. Sono anche le espressioni idiomatiche a suggerire questo parallelismo, quando nel linguaggio di uso comune si è soliti associare l’eccesso di bile a situazioni di ira estrema. Il rene, a sua volta, è l’organo che secondo i dettami della medicina galenica svolge la funzione di assorbire l’eccesso di calore epatico (che rappresenta, come detto sopra, la malattia dell’organo). Un’infiammazione delle vie urinarie, può essere ad esempio determinata da un eccesso di fuoco del fegato. La gramigna è spesso prescritta nelle formulazioni ippocratico-galeniche come pianta in grado di combattere questo disturbo; la ragione risiede nel fatto che essa raffredda l’asse fegato/reni riducendo il calore del fegato, alimentando il drenaggio del calore epatico, agendo dunque sul rene ma andando a risolvere la problematica che origina il disagio alla base.
Gli organi non sono in relazione solo con stati d’animo negativi: al fegato sono collegati, ad esempio, coraggio e temerarietà (quasi imprudenza si potrebbe dire); allo stesso tempo il rene, organo in grado di spegnere e sedare l’azione eccessiva del fegato, come descritto sopra, rappresenta la paura, che può tradursi quindi in prudenza che limita gli eccessi derivanti dal fegato.

Sindrome influenzale secondo la visione degli “Antichi”

di Nadia Zangaglia – Erborista:

 

Secondo un’ elaborazione semplificata della Dottrina Umorale di origine lppocratica e Galenica sappiamo che il crocevia di tutte le trasformazioni e’ lo stomaco,che inoltre gestisce in primo luogo il “Govemo dell’Acqua”, invece l’organo che da forza ed energia alle trasformazioni stesse e’ il fegato che permette quello che possiamo definire “Governo del Fuoco”. Lo Stomaco difatti e’ situato al centro dell’incontro dei due “assi maggiori” , il verticale con l’orizzontale, ed affiancato dagli organi governatori fondamemali: a destra il fegato, a sinistra la milza .
Per avere la percezione del fondamentale e indissolubile legame tra questi organi, basti pensare alla loro disposizione fisica all’intemo del corpo: al Centro lo stomaco, che sovrasta il pancreas che a
sua Volta “ collega” fegato e milza;. Lo stomaco e’ avvolto e abbracciato dal fegato sulla parte destra e si appoggia, quasi sulla milza, a sinistra. Dietro, un po’sotto, quasi a far da “sedia” ai reni.
Salendo Verso l’alto si va subito alla testa. dove secondo la Dottrina Umorale lppocratica, hanno sede oltre alle funzioni intellettive e sensitive, anche quelle di tipo “metabolico”: grazie ai precursori che si formano nello stomaco e che salgono nella testa, si forma la Flemma, l’Umore corrispondente all’elemento Acqua, Freddo e Umido e Lunare al massimo grado.
. Esso, come acqua di una fontana, discende e fluisce verso il basso. La Flemma, prosegue la sua discesa,, che in greco e’ detta “catarrho” o “rheuma” ( letteralmente scorrimento verso il basso;
scorrimento) e attraverso il collo raggiunge il petto, dove si trovano polmoni e cuore, chiamato da Platone”l’intoccabile”, protetto dalle “spugne” polmonari e dalla gabbia toracica (torax termine latino che deriva dall’analogo termine greco, indica sia la parte anatomica delimitata dalla gabbia toracica sia la parte della corazza o lorica che protegge il busto del guerriero ).
L’area del petto comprende quindi sia una parte di ” acque”, piu’esterna, protettiva, Fredda e Umida, sensibile al flusso flemmatico ( i polmoni), sia una parte interna, “nucleare” e lgnea (il cuore), sensibile soprattutto ai flussi Sanguigno Biliare ( la Bile per la Dottrina Umorale e’ fuoco organico ).
Nel petto-are toracica convivono due nature, in continuo scambio e compensazione, che permettono l’assunzione e distribuzione di :
a) Calore vitale,concentrato nel cuore e da esso distribuito, proveniente dall`asse fegato-vasi-reni
b) Soffio vitale o “Pneuma”o “Spiritus”, che i polmoni assumono dall’ambiente e cedono al cuore, che a sua volta lo distribuisce, insieme al Calore Vitale.I polmoni, irrorati di “catarrho” Flemmatico_ inoltre, rinfrescano e umettano il cuore e il sangue, impedendo che il calore e la parte ignea eccedano nella loro funzione e provochino danni al resto
dell’organismo. .
Dal punto di vista patologico in corrispondenza di questi punti si formano i muchi vischiosi, collosi, tenaci, a causa dell’eccesso di Freddo ambientale , climatico-stagionale che alimentare.
Ogni evento e’ ambiguo: il Freddo e Umido della Flemma compensa a livello toracico l’eccesso di calore del sangue e del cuore, ma oltre ad una certa misura,riversa nei polmoni un flusso abnorme
che si trasforma in muco ostacolante la funzione respiratoria.
Concludere il percorso in “discesa” della Flemma a questo livello sarebbe assurdo, ma in questa occasione possiamo limitarci a considerare questo “segmento” in quanto é l’area che viene
maggiormente colpita dai “virus” ,ovvero, e’ proprio sulle mucose dei primi tratti dell`apparato respiratorio che si “attaccano” virus e batteri ( complicanza della sindrome influenzale e causa sproporzionata dell’uso di antibiotici, in presenza di banali raffreddori o tossi persistenti o peggio ancora solo influenze virali!!!),
L’attenzione di conseguenza del medico antico era rivolta, in caso di “influenze”, a ristabilire all’interno dell’organismo l’equilibrio tra gli Umori, con particolare attenzione all’aspetto Freddo Umido o comunque all’interferenza “perversa”degli altri umori su Questo.

 

Camomilla Comune

di Eleonora Zilli:

E’ una pianta erbacea spontanea che cresce “appresso alle vie e nei prati”[1], il suo nome è Camomilla comune (Matricaria camomilla L.) e l’odore dei suoi fiori è soave.

E’ delicata, e “nella sottilità sua simile alla rosa”[2].

Utile all’uomo perché mitiga e ammorbidisce, scaldando moderatamente. Quindi sgonfia.

Riscalda lo stomaco e mitiga i dolori del ventre. Per questo si usa anche esternamente, massaggiando l’olio caldo nel quale la si è cucinata, anche sul collo dolorante. Rilassa la muscolatura dell’utero e dell’intestino.

L’infuso lenisce la pelle irritata e sensibile, dissecca fistole, eritemi umidi e ferite putride.

L’impacco sugli occhi rinfresca e scioglie l’orzaiolo.

“I savi d’Egitto consacrarono la camomilla al sole, reputandola unico rimedio delle febbri”[3].

Associata al fegato e alla milza, perché “ferma la flession degli humori, corregge le male qualità, conferisce (giova) à i nervi, e à i membri nervosi”. Dunque apre e libera dalle ostruzioni di fegato, milza e reni, fluidificando.

Si utilizzava anche come antispasmodico nei casi di epilessia.

La si considera quindi il “rimedio calmante tipico sia dei fatti nevralgici sia dei fenomeni spastici”[4].



[1] Castore Durante, Herbario Nuovo, 1585

[2] Castore Durante, Herbario Nuovo, 1585

[3] Giuseppe Donzelli, Teatro farmaceutico dogmatico e spagirico, 1704

[4] Giovanni Negri, Nuovo Erbario figurato, 1904

Iperico

di Annamaria Bianchi -Erborista
-Hypericum perforatum. L’Iperico o Erba di San Giovanni o Cacciadiavoli per il particolare odore di incenso o Erba dall’olio rosso .
Ancora tutto il mese di Luglio per preparare l’olio di Iperico con i fiori freschi ,facili da identificare e da trovare ,questa erbacea cresce spontanea fino ai 1600 mt in terreni asciutti,lungo le strade ed ai margini dei boschi. Ama il sole. Esistono numerose ricette per preparare l’olio di Iperico da fiori freschi ,una delle più usate dalla tradizione popolare prevede l’uso di 30 gr fi fiori di iperico freschi (in alcune ricette solo i fiori in altre le sommità fiorite) in 100 gr di olio di oliva e 10 gr di buon vino bianco. Si pone il tutto in un vaso di vetro e si espone per 15\21 gg al sole avendo cura di muovere di tanto in tanto quindi si filtra con l’aiuto di una pezza . Si ottiene così un olio dal bel colore rosso da conservare in piccole bottiglie di vetro scuro al riparo dal sole. L’olio cosi ottenuto risulterà un ottimo rimedio per le scottature ,anche solari,per le piaghe,cicatrici.
Un buon cosmetico anti rughe e per le pelli secche e disidratate si ottiene sostituendo l’olio di oliva con l’olio di riso o mandorle dolci.

LE CANAPICCHIE – PIANTE DELLA VAL D’ORCIA CON DIOSCORIDE E GALENO

di Luigi Giannelli

In Val d’Orcia usa chiamare “Canapicchia” non una sola pianta, ma un gruppo nemmeno tanto omogeneo.

Le più importanti sono due (L’ Elicriso – Helycrysum Italicum L. e l’ Erba Cipressina o Santolina – Santolina Chamaecyparissias L., ambedue composite.).Ambedue sono citate nella più celebre opera di sostanze impiegate nella terapia medica dell’ antichità, la “Materia Medica” di Dioscoride.Intanto, sommariamente, chi era Dioscoride?

Pedacio (o Pedanio) Dioscoride, nato ad Anazarba, in Cilicia (costa sud-occidentale dell’ attuale Turchia, proprio sopra all’ isola di Cipro), tra circa il 40 e il 90 dopo Cristo. Che non vuol dire che sia campato 50 anni, le date sono solo indicative).Fu medico, farmacologo e botanico al tempo degli Imperatori Claudio, Nerone e Vespasiano.Militò come medico militare nelle legioni al comando del futuro Imperatore Vespasiano, durante la Prima Guerra Giudaica, 64-70 d.C., iniziata sotto Nerone e conclusa da Vespasiano.Per la precisione la sua opera fu prestata sotto il proconsole Sesto Lucilio Basso, che dopo alterne vicende si legò all’astro nascente di Vespasiano.In pratica, la Prima Guerra Giudaica fu condotta dalle legioni romane sotto il comando supremo del Legatus Flavio Vespasiano; ai suoi oridini c’era questo Sesto Lucilio Basso, che a sua volta comandava i reparti dove Dioscoride.Questi fatti permisero a Dioscoride di viaggiare in lungo e in largo per il Medio-Oriente, dove potè rilevare la presenza, il tipo di raccolta, conservazione e trasformazione di una quantità enorme di droghe.Nel suo testo “Materia Medica” sono riportate oltre 800 droghe per uso medicamentoso di origine vegetale, ma anche minerale e animale.“Materia Medica”, nel significato originario significa “Raccolta della descrizione di sostanze per la preparazione di medicamenti complessi”.In realtà nella materia medica sono descritte sia le proprietà medicamentose delle singole droghe riportate, sia la presenza di molte preparazioni complesse.

Galeno è figura molto più complessa: visse a lungo e stimatissimo; il padre, l’architetto Nikone di Pergamo sognò il Dio Asclepio che gli ordinò di consacrare a Lui il piccolo Galeno.

Galeno, quindi invece che architetto, fu medico.Studiò presso gli ultimi Maestri della Medicina Ellenistica, da Pergamo ad Alessandria d’ Egittoe compose centinaia di opere, di medicina, farmacologia e filosofia.Fu medico di “ludi” gladiatori, ma anche medico di fiducia ed amico di Marco Aurelio, del figlio Commodo e sopravvisse alla caduta della Casa Imperiale Antonina e fu gradito al servizio di Settimio Severo. Visse oltre 80 anni.                                                                       

L’ Elicriso:

Dice Dioscoride, nel IV° Libro della “Materia Medica”, Capitolo 59° (vers. Mattioli):(Alcuni termini sono stati lievemente modificati, per adattarli alla mentalità di oggi)<< Lo Helicriso, il Quale chiamano alcuni “Crisantemo” [in grecoElicriso significa “Sole d’Oro” e “Crisantemo”, “Fiore d’ Oro”] e altri “Amaranto, di cui coronano le statue degli Dei, ha uil fusto dritto, bianco, verdeggiante,  e fermo, su per il quale sono le fronde strette simili all’ Abrotano, distinte tutte per intervalli.

Produce la chioma ritonda, di colore d’ Oro, ridotta in ombrella, come di secchi corimbi pendenti; la radice è sottile.Nasce in luoghi aspri e nelle rive e nei letti dei fiumi.

Giova la sua chioma bevuta nel Vino al morso dei serpenti [velenosi], alle sciatiche, alle distillazioni d’ orina [probabile spasmi uretrali] ed alle ulcerazioni [viscerali], ; provoca le mestruazioni.Bevuta con Vino Melato dissolve il sangue rappreso nella vescica e nell’intestino.Bevuta a digiuno in Vino bianco annacquato………evita il catarro che scende dalla testa [sinusite e raffreddore].>>

Galeno, nel suo “Le virtù dei semplici medicamenti”, al VI° libro, dice

<<….. L’Amaranto – lui lo chiama così – ha virtù incisiva [fluidificante del muco] e disseccativa. Provoca le mestruazioni, dissolve i coaguli sanguigni dello stomaco e della vescica, con Vino Melato. Asciuga tutti i flussi [sangue, muco], ma nuoce allo stomaco >> E perciò andava assunto con Vino Melato.

Rammentiamo che l’ Elicriso fu usato tra gli anni ’50 e ’60 da un celebre (per il luogo) medico condotto della Garfagnana, il Dott. Santini, figura benemerita e mai abbastanza compianta: egli curava con il decotto di questa pianta: cirrosi epatica e epatiti, affezioni reumatiche fino alla artrite reumatoide, le affezioni, anche gravi e infettive dell’apparato respiratorio e dell’apparato urogenitale, la cefalea e buon ultima, la psoriasi.

In Val d’Orcia, era usato dai contadini e dai maniscalchi, fino a 60-70 anni fa sui cavalli con difficoltà ad orinare.                                                                                                                                                                                                   La        Santolina                                                                                                                                                               Era detta anche “Abrotano Femmina” e quindi descritto alla voce “Abrotano” da Dioscoride, nel III° Libro, Capitolo 26° (vers. Mattioli).

Saltiamo la parte descrittiva, che comunque corrisponde perfettamente alla pianta, ed ai luoghi dove cresce di più (Sicilia, Siria, Cappadocia), ma per noi interessa che cresca in Val d’Orcia!

<< ……………………..il seme d’ambedue crudo e bollito nell’acqua e bevuto, giova agli asmatici, a coloro che hanno ulcerazioni anche nelle vie respiratorie, agli spasmi colici, alle sciatiche, ai dolori uretrali, e nell’amenorrea. Sparso in giro, sia la pianta, sia il suo fumo, scaccia i serpenti. Bevuto con Vino giova ai morsi dei serpenti ed alle punture degli scorpioni e dei ragni detti “Phalangi”.

Ridotto in empiastro con Mele Cotogne cotte oppure con pane ammollato, giova nelle infiammazioni degli occhi.

Impastato con farina d’Orzo e poi cotto, risolve i piccoli ascessi………>>.

Galeno, sempre nel VI° Libro del “Le virtù dei semplici medicamenti” dice:

<<……… E’ Caldo e Secco nel III° grado [alto grado dell’Elemento Fuoco]. Ma si trova il suo equilibrio nel gusto fortemente amaro e questo sapore indica una certa essenza Terrestre., è quindi molto fluidificante e alleggerente. Quindi l’Abrotano [femmina]

 dissecca e perciò si impiastrano le sue fronde e i suoi fiori sulle ulcerazioni e si ritrova un po’ acre e lievemente irritante.

Si usa il suo estratto oleoso per ungere la testa ed il corpo. Soprattutto a chi ha febbri che danno tremito da freddo, soprattutto prima che la febbre prenda il sopravvento……….

………………E’ molto fluidificante, uccide i vermi intestinali……………>>

 Nella tradizione popolare era usato fino a tempi recenti come vermifugo per i bambini e contro le tarme, appeso negli armadi e posto nelle cassapanche, anche – e soprattutto – in Val d’Orcia.

Connessione con la Fisionomica.

 Eliocriso e Santolina (quest’ultima è oggi vietata nell’uso familiare), essendo Caldi e Secchi, piante di Fuoco, sono assolutamente adatti a fluidificare il muco dei Flemmatici e le malattie dell’apparato genito-urinario e di quello articolare.

Quindi i soggetti pallidi, pieni di liquidi ristagnanti e con dolori articolari non possono che trarne Calore e giovamento.

Moderne ricerche non fanno che confermare quanto gli Antichi Maestri avevano già, da millenni osservato.

Cannella Ceylon – Nonna Ortica

Il Laboratorio di Nonna Ortica.
Nel 1983 Roberto Nicola conobbe Luigi Giannelli e Angelo Severi, Maestro di entrambi; da questa conoscenza nacque una collaborazione che portò al Laboratorio di “Nonna Ortica”.
Da quando è nato il Laboratorio di “Nonna Ortica” di Roberto Nicola, ha cercato di realizzare un sogno: quello di fare tinture madri e gemmoderivati ad elevata concentrazione e superare i “protocolli” della pur rispettabile Farmacopea Francese.
E’ dal XVI° secolo che le estrazioni idroalcoliche fanno parte della Tradizione Mediterranea; eravamo ancora in epoca pre-industriale e i “protocolli” e le metodiche sono state elaborate più secondo le Dottrine Alchemico-Spagiriche (quelle più semplici, ovvio) che secondo quelle della Chimica Moderna.
E quando non si usavano soluzioni idroalcoliche “pure” (e si usavano!), si usavano estratti vinosi (gli enoliti) ed estratti in acquavite.
Il bello è che i prodotti di “Nonna Ortica” rispondono alle migliori regole sia elaborate nel XVI° secolo, sia al giorno di oggi.
Sia le TM sia i MG hanno una concentrazione più alta di quelle “alla francese”.
Ad esempio, basta guardare il filmato fornito da “Nonna Ortica”, dove si sente la voce di Roberto, il titolare, che fa l’esperimento dove si vede la bella differenza tra una preparazione al 30% di Cannella ed una al 10%, sempre di Cannella.
L’altro aspetto è il livello di qualità: le piante che obbligatoriamente sono presenti allo stato secco (come la Cannella), si usa quella di qualità più elevata, ovvero a corteccia intera e lunga quasi 30 cm. E del tipo detto “Cannella Ceylon” (e non la Cannella Cina, buona ma più povera di aldeide cinnamica).
Invece per le piante che possono essere raccolte allo stato fresco, sono raccolte allo stato fresco, e lavorate entro la giornata, ovvero non oltre le 5-6 ore dalla raccolta.
Rammentiamo ai colleghi le foto delle Rose fresche, profumatissime, biologiche, per le quali Roberto è andato sull’Appennino Ligure. Le Rose sono state raccolte e quasi subito lavorate. Roberto si era portato dietro attrezzature e contenitori, proprio per evitare che le Rose soffrissero per il viaggio e per il tempo di non lavorazione. Roberto le mostrò, un paio di mesi fa in un “forum”.
Stesso discorso vale per i gemmoderivati; i macerati glicerinati invece del 2% raggiungono il 5%, e sono preparati usando alcol, glicerina e solo pochissima acqua, tenendo conto di quella presente nelle gemme, sempre raccolte e lavorate freschissime, ovvero raccolte e lavorate entro 4-5 ore al massimo.
Infine, c’è da dire che forme estrattive così concentrate sono molto più attive ed i loro effetti molto più rapidi; i costi poi sono comparabili con quelli delle altre aziende del settore, pur con la concentrazione più elevata.