Nono ragionamento ” Lo stato morboso ” prima parte, Maestro Simone Iozzi

NONO RAGIONAMENTO

LO STATO MORBOSO
SECONDO
LA FITOTERAPIA TRADIZIONALE ERBORISTICA

CONSIDERAZIONI E DIVAGAZIONI PRELIMINARI

Sulle generali possiamo parlare di due stati certi riguardo al senso della vita e di morte nel quale lo stato morboso non vi rientra poiché esso continuamente muta ed evolve, quindi passibile di risoluzione, di cronicizzazione e può condurre allo stato certo che è la morte. Può condurre alla morte ma non è la morte, perciò non considerabile come vita né tanto meno come morte, ma come fatto accidentale che sta alla vita, come la vita non sta alla morte ma ad un complesso di funzioni biologiche che resistono alla morte.
Dunque la vita in sé e di per sé è una condizione singolare e caratteristica rappresentata e sostenuta da un insieme di processi biologici che le consentono di alimentarsi, crescere, automantenersi e di riprodursi. Affinché questi processi abbiano possibilità di procedere secondo occorrenza, devono avvenire all’interno di determinate costanti fisiologiche, onde resistere alla morte. In pratica si ammette che la morte si ha quando queste vengono meno fino alla loro cessazione dell’organismo; in particolare le tre grandi funzioni quali la cerebrale, la cardiocircolatoria e la respiratoria. Mai drasticamente (salvo nell’infarto e altre condizioni traumatiche), ma gradatamente venendo sostituite da altri fenomeni quali i precadaverici. Le condizioni di vita sono dunque indissolubilmente legate all’incessante sforzo da parte dell’organismo di resistere alle forze che tendono ad annullarne il naturale scorrimento.
Quand’è dunque che inizia questo andare incontro alla morte? come e evolve e come si conclude? E’ difficile dare una risposta esaustiva al quesito al di fuori del significato di normalità per anatomi sistemi ma come accidentalità che non rientra nella normalità (dal latino norma che nella sua eccezione significa regola o legge)

LO STATO MORBOSO
La condizione ottimale di vita di ogni essere vivente è riconosciuta nella sua capacità di conservare la propria salute: ossia di garantire il pieno benessere psicofisico.
Per salute si intende quindi qualcosa che va ben oltre il concetto di assenza di sintomi, ma definibile come sviluppo armonico della personalità del singolo individuo nei confronti delle processualità biologiche.
Tuttavia, se tale definizione generale può apparire accettabile, poco ci dice su di un piano delle processualità biologiche, per cui è opportuno precisarne i contenuti..
Tutto ha inizio nel definire la natura umana quale sistema vivente che si compie all’interno di particolari strutture, le cellule, a mezzo di appositi componenti separate tra loro da membrane semipermeabili, dove ogni componente è correlato ad un numero imprecisato di altri componenti in costante e reciproco rapporto subordinato da numerose variabili quali quelle che possono verificarsi in seno agli scambi con il mezzo ambiente interno (vedi stato eucrasico), da cui traggono materia ed energia.
Come è ben noto, tutti i fenomeni biologici che caratterizzano la sostanza vivente sono soggetti a condizioni di variabilità processuali che di volta in volta si conformano alle necessità dell’organismo, per cui appare evidente che la processualità di ogni variabile non può identificarsi con valori statisticamente stabiliti per ogni singola categoria di cellule, la cui critica può essere rappresentata dal fatto di riconoscere per normale solo ciò che rientra nei limiti prestabiliti, pecca (a mio personale giudizio), di artificiosità..
La capacità di modulare le proprie variabilità processuali a fronte di esigenze diverse, costituisce l’adattamento (vedi apposito capitolo)), tanto da rappresentare uno dei fondamentali requisiti che permette alla sostanza vivente di mantenere stazionari (non fissi) determinati valori omeostatici nonostante l’incidenza di fattori etiopatologici che ne potrebbero perturbare l’ordinato svolgersi. Stazionarietà modulante le cui possibilità non sono illimitate; oltre certi limiti l’organismo non può aumentare tale peculiarità che tende a mantenersi all’interno di minima , media e massima performance che oscilla incessantemente intorno a valori di soglia biologicamente stabiliti oltre i quali (secondo l’erboristica), la maggior parte degli stati morbosi nascenti trarrebbero la loro origine. Ipotesi che propende sull’esistenza di momenti sfasamento funzionale elementare a priori dei servomeccanismi biologici (anche se la definizione di elementari è ben lontana dall’essere semplice).

In tempi non recenti le varie patologie di cui soffre l’homo sapiens sono state considerate accidentali, ritenendo implicita la presenza di una contrapposizione tra salute e malattia, poiché risulta che un individuo perfettamente sano è un caso limite mai raggiunto. Ogni organismo è sempre, in qualche misura, ammalato, e ciò che è chiamiamo salute in realtà è una definizione che viene applicata tutte le volte che le incidenze patognomiche, di norma non superano qualitativamente e quantitativamente certi valori limite ontologicamente fissati.

Quindi, in linea di principio, possiamo presumere che ogni interpretazione, sui fatti sopra descritti, se guidata dalle sole alterazioni per anatomie indagati, rischia di non cogliere una incrinatura nella stazionarietà dei valori omeostatici su cui poggia la salute dell’organismo.
Sulla base di queste supposizioni è possibile accettare il concetto di movente patognomico a priori, ovvero sostenere l’idea che possa avere origine da una sfasamento primario a carico di un valore omeostatico interno, ideale o desiderato, potrebbe costituire il motivo di fondo di una fisiopatologia a posteriori.
L’assenza della percezione dei sintomi è una condizione permanente oppure transitoria? Ammettere la possibilità di uno stato morboso nascente i cui momenti etiologici possono essere non percepibili in termini sintomatici, permette teorizzare stati morbosi a carico di determinati sostrati organici. riconducibili ad una etiologia a priori imputabile ad oscillazioni del sistemi omeostatico generale: quindi asintomatica. Ed è proprio dei sistemi assoggettati ai sistemi omeostatici offrire la possibilità di aversi eventi definibili come stati morbosi silenti, penso non si tratti di una vischiosità concettuale, di lana caprina.

Sulla scorta di quanto fin qui descritto ogni nascente stato morboso, in generale, costituisce fenomeno limitato nel tempo che tende ad essere riassorbito spontaneamente, ma può anche evolvere fino a costituire patologie più o meno complesse con tutto il corollario che le contraddistingue. Corollario che ha una propria storia naturale chiamata decorso che può assumere caratteri diversi nel quale è possibile distinguere, una fase etiologica di incubazione, una fase iniziale silente, una fase successiva sintomatica cronica o reversibile
Nello specifico ogni stato morboso passa da livelli inferiori di organizzazione asintomatica a quello superiore sintomatico per cui si hanno, nel vivente, consequenzialità di iter a cascata a tutti i livelli di organizzazione biologica; dalla più elementare alla più complessa.

Simone Iozzi

Intervista a Luigi Giannelli di Marzia Coronati – Sciamani d’ Italia –

” Rito, preghiera, sostanza, la scelta del momento astronomico … ” sono le basi dei saperi delle varie medicina popolare.

Grazie alla giornalista Marzia Coronati ascoltiamo questa bella intervista che inizia con Luigi Giannelli per proseguire con gli altri professionisti :

Sciamani d’Italia – Parte 1
Con le voci di Padre Ivan, carmelitano; Paola Giovetti, autrice di “I guaritori di campagna”; Piero, Maria Rita e Valerio, guaritori e guariti; Antonella Bartolucci, antropologa; Luigi Giannelli, erborista.

Sciamani d’Italia – Parte 2
Con le voci di Paola Giovetti, autrice di “I guaritori di campagna”; Mario Ferraguti, scrittore; Antonella Bartolucci, antropologa; Daniele Lamioni e Maurilio Boni, gruppo Galli Silvestro; Franca, guaritrice.

https://marziacoronati.wordpress.com/2017/04/18/sciamani-ditalia-le-puntate/

Ottavo ragionamento riguardo ” L’Alimentazione E Nutrizione ” del Maestro Simone Iozzi

La nutrizione è la prima delle funzioni che appare nella scala degli esseri viventi e l’unica che garantisce la riproduzione (o nutrizione della specie) che è, come sappiamo, conseguenza immediata della prima. La nutrizione perciò consiste nell’attingere gli alimenti dal mezzo esterno trasformandoli assimilarli, convertirli in materia organica propriamente detta ed eliminarne poi i residui non più utilizzabili.
La nutrizione, infatti, è uno dei processi fondamentali ed esclusivi degli organismi viventi il cui studio può essere schematicamente ripartito in quattro fasi interdipendenti ed integrate.

1 – l’ alimentazione: cioè lo studio della produzione, della distribuzione e conservazione dell’associazione e del valore nutrizionale degli alimenti;

2 – la digestione: comprende l’insieme dei fenomeni meccanici e chimici (soprattutto enzimatici), che provocano e separano la parte utilizzabile degli alimenti dalle scorie. Ossia la scissione degli alimenti nei loro singoli componenti molecolari;

3 – l’assorbimento; cioè il passaggio dei costituenti stessi resi idonei dalla digestione ad attraversare la membrana delle cellule che costituiscono la parete del canale digerente ed entrare, per via ematica e linfatica, nell’ambiente interno dell’organismo;

4 – il metabolismo; per il quale le sostanze assunte sono oggetto di attività di sintesi e di scissione da parte del protoplasma vivente tramite processi che ne degradano il livello energetico e la complessità molecolare per essere poi utilizzate come costituenti strutturali, di regolazione e di riserva del protoplasma vivente, fornendo all’organismo materia ed energia necessarie allo svolgimento delle proprio funzioni biologiche.

La nutrizione rappresenta dunque la base di ogni attività interna (chimica, termica, strutturale, ed ha aspetti che toccano, è il caso di dirlo, tutte le funzioni più salienti dell’organizzazione umana perciò, in mancanza di una nutrizione coerente con le sue necessità fisiologiche non può esserci salute, ed è parere comune che una migliore difesa avverso molte patologie consiste essenzialmente da un equilibrato apporto nutrizionale dei vari sostrati organici. Pertanto una alimentazione non coerente alle necessità dei sostrati organici non può essere considerata corretta poiché causa di presenza di scorie inquinanti (tossine endogene).
Quattro sono le tipologie che distinguono le varie forme di alimentazione umana quali la:

1 – eutrofica: quali – quantitativamente idonea al fabbisogno nutrizionale dell’organismo;

2 – distrofica: quantitativamente insufficiente al fabbisogno nutrizionale dell’organismo;

3 – braditrofica: decelerata nei processi digestivo/assimilativi con tendenza all’obesità;

4 – tachitrofica: accelerata nei processi digestivo/assimilativi con tendenza alla magrezza.

La possibilità dell’organismo di trasformare, assorbire ed utilizzare in conformità ai propri fabbisogni materici ed energetici gli alimenti introdotti al suo interno, dipende essenzialmente alla qualità e quantità di questi, dall’efficienza del suo metabolismo e dall’attività di determinate ghiandole endocrine (in particolare della tiroide), del fegato, del pancreas e della secrezione gastrica.
Vi sono altri fattori che contribuiscono ad intensificare o diminuire la capacità digestivo/assimilativa dell’organismo quali: la vita sedentaria poiché aumenta la braditrofia tanto quanto l’esercizio fisico la diminuisce; viceversa l’esercizio fisico aumenta la tachitrofia mente la vita sedentaria la diminuisce, il freddo accelera il metabolismo al pari del calore, ecc.

Per inciso, l’attività fisica rappresenta un valido sussidio per agevolare il metabolismo e non ha possibili sostituti fisiologici in tal senso se sapientemente alternata al riposo. L’attività fisica, infatti, è il più importante fattore coadiuvante il metabolismo, l’espulsione dei residui in scorie per accelerazione circolatoria e contrazione muscolare. L’aria balsamica, grazie all’apporto di ossigeno, è necessaria alla regolarità di una efficiente combustione degli alimenti per cui, un suo insufficiente apporto sminuisce il valore di una alimentazione corretta a vantaggio delle altre. Anche i fattori atmosferici come il freddo ed il caldo, risultano di una certa importanza per un metabolismo fisiologico; il primo per riflesso nervoso, ghiandolare e della contrazione muscolare, il secondo per aumentata attività biochimica e circolatoria.

Ricapitolando: una corretta alimentazione non solo è il risultato dell’apporto di alimenti in linea con le esigenze biologiche dell’organismo, ma è anche dei fattori che contribuiscono al vantaggio alimentare quali i digestivi, gli assimilativi, i metabolici, gli espulsivi dei residui finali.

DEFINIZIONE DÌ ALIMENTO

In termini rigorosi la definizione di alimento non può essere qui espressa tramite una lunga perifrasi atta a comprendere tutte le polimorfe necessità nutrizionali caratteristiche della specie umana. Ovvero, nella sua essenzialità un alimento costituisce “ogni sostanza introdotta per via del canale alimentare che possa venire ossidata fornendo all’organismo calore, lavoro o altre forme energetiche”; in altri termini “di provvedere l’organismo di materiali necessari all’accrescimento corporeo e alla riparazione del danno provocato dal continuo logorio dei sostrati organici.
Tale definizione comprende diverse classi si sostanze quali i protidi, i lipidi, i glucidi che assicurano in vario modo il fabbisogno calorico, energetico e plastico; le vitamine, numerosi minerali come regolatori dei processi del metabolismo e dell’omeostasi corporea e, conseguentemente, dello stato eucrasico interno. Infine l’acqua sia come sostanza plastica per eccellenza, sia come veicolo obbligatorio per ogni movimento vitale di regolazione fisiologica

La classificazione degli alimenti plastici quali le proteine ed energetici quali i glicidi e i lipidi, non risulta abbastanza esaustiva: in realtà glucidi e lipidi sono anch’essi da considerare come plastici, ove si consideri la componente chimica della cellula nella quale sono rappresentati tutti i principi nutrizionali; per contro le sostanze proteiche, nel loro turnover, sono anch’esse ossidate e quindi fonte di energia. Alcuni alimenti, ad esempio l’acqua e i monosaccaridi, non subiscono il processo digestivo essendo direttamente assimilati dalla mucosa gastrica.

Ai prodotti in elenco viene data anche la definizione di alimenti complessi, mentre alle sostanze cui danno origine dopo la digestione, viene data la definizione di alimenti semplici o principi nutritivi o nutrienti.

Concludendo c’è da aggiungere che nessun alimento di per sé fornisce tutti i principi nutrizionali di cui l’organismo abbisogna per le proprie funzioni vitali: nessuno di essi, nella significazione sopra descritta, è completo. Resta perciò ancora di attualità, anche se non recente, la definizione di alimento di Randoin e Simmonet (1927) che cita “un alimento è una sostanza in generale naturale che necessia ai fabbisogni dell’organismo.

Impressioni del 3° Congresso Di Erboristi Mediterranei …. da Alessandro Pagnoni

Cari Erboristi Mediterranei,
Avrei voluto scrivere un resoconto più asettico e meno sentimentalmente patecipato, riguardo al congresso di Erboristi Mediterranei che si è tenuto a Zafferana Etnea (CT) il 25 ed il 26 marzo 2017 e che mi vedeva tra i partecipanti, ma un resoconto asettico non avrebbe reso l’idea del clima di festa e di passione per la tradizione di utilizzo delle piante officinali che si è respirato in questi due giorni.

Quindi sebbene il parterre di relatori fosse composto nomi storici dell’Erboristeria Italiana: quali Simone Iozzi, Luigi Giannelli, Carlo Montinaro, Marco Sarandrea, Giuseppe Ferraro, Carmela Patania, Bartolomeo Antonio Scalzi e Carmelo D’Amore vorrei prima di tutto soffermarmi sull’atmosfera di amicizia, stima e passione che regnava tra i partecipanti e tra i partecipanti ed i relatori, amicizia che si è ritrovata a tavola, nei brindisi, nei capannelli spontanei che, durante le pause, si formavano parlando di ogni cosa, di metodi come di piante, così come, con estrema leggerezza, di metodiche analitiche.

Se ci fossero parole per descrivere la signorilità del Maestro Simone Iozzi, il garbo e l’infinita disponibilità di Marco Sarandrea, la passione e la chiarezza espositiva del dott. Luigi Giannelli e l’amore per il proprio lavoro dimostrato dalla valentissima collega Carmela Patania probabilmente le userei ma queste parole o non esistono, oppure il sottoscritto è scrittore troppo modesto per trovarle.

Torniamo più seri e cominciamo a descrivere le relazioni partendo da quella del dott. Ferraro che, alla presenza di circa una trentina di erboristi ha spiegato le relazioni tra piante officinali, uomo e cosmo secondo le teorie antroposofiche elaborate, oltre un secolo fa da Rudolf Steiner.

Successivamente è stata la volta del dott. Carlo Montinaro, pediatra, Presidente della Scuola Medica Salernitana che ha spiegato alla platea presente il Circa Istans erbario presente nella biblioteca afferente a questa scuola dopodiché ha rapito la platea con un esposizione storica relativa agli 11 secoli di storia della Scuola Medica Salernitana.

Il Maestro Simone Iozzi ha chiuso i lavori del sabato educendo la platea sul ruolo della fitoterapia tradizionale erboristica, che, stando alla sua relazione porrebbe linguisticamente al riparo da ogni abuso professionale da parte degli erboristi. Le prerogative di un buon erborista tradizionale starebbero secondo il pensiero del relatore in tre diverse essenzialità: l’essenzialità delle painte intese come tagli tisana e preparazioni tradizionali, l’essenzialità del corpo umano che va conosciuto a menadito in ogni sua funzione fisiologica ed infine l’essenzialità della creazione della salute attraverso le erbe.
La fondamentale differenza, infatti l’erborista moderno e l’erborista tradizionale sta nella considerazione del principio attivo: se in fitoterapia clinica esso è fondamentale, in fitoterapia tradizionale il principio attivo è del tutto ininfluente poiché il fitocomplesso ha la parte preponderante.

La domenica mattina è stata la volta di Luigi Giannelli che ha letteralmente rapito la platea parlando delle piante della madre terra secondo la Medicina Tradizionale Mediterranea ed insegnando a noi tutti l’utilizzo corretto di queste piante.

Dopo il dott. Giannelli è stato il turno di Marco Sarandrea che dapprima ha parlato di Erboristeria monastica con la descrizione accurata della regola di Benedetto da Norcia, soprattutto riguardante la coltivazione dell’orto dei semplici. Quindi egli, presentatosi con una borsa di piante raccolte quella mattina stessa nei dintorni dell’albergo che ci ospitava, ci ha descritto l’utilizzo di ciascuna di esse soffermandosi, in particolar modo sulle piante dimenticate dall’erborista moderno, piante che appartengono alla nostra tradizione e che dobbiamo salvaguardare ad ogni costo.

La dott.ssa Carmela Patania ci ha proposto una interessantissima riflessione sul ruolo del seme sia nella parte botanica, sia in quella alimentare concludendo la sua relazione con la spiegazione di una tisana a base di quattro semi di apiacee utile nei casi di digestione lenta.

Dopo la nostra vicepresidente è stato il turno, assai gradito, di un collega dalla cui chiarezza espositiva anche i migliori relatori al mondo dovrebbero imparare, Bartolomeo Antonio Scalzi che con la sua relazione su “La vita segreta delle piante” ha dato alla platea prova dell’amore che ogni erborista dovrebbe avere, per la botanica. La relazione non ha posto la botanica come una materia sistematica e nemmeno ha fatto vedere le piante da un punto di vista evolutivo diretto come si è soliti leggere nei manuali di botanica, bensì la relazione si è interrogata sul significato della parola evoluzione.
Il Maestro Simone Iozzi ha chiuso, infine i lavori parlando e spiegando il suo erbario e i modi di utilizzo di ogni singola pianta.

Concludendo questo resoconto il sottoscritto si è reso conto una volta in più, mi si perdoni il gioco di parole, di praticare un mestiere antico e bellissimo che tuttavia dà risposte ad interrogativi estremamente moderni.

Grazie
Alessandro Pagnoni

Settimo ragionamento ” LA FISIOGNOMICA ” del Maestro Simone Iozzi

Che il procedere dello sviluppo della figura umana consegua quello dei tre foglietti embrionali quali l’ectoderma, il mesoderma e l’endoderma è un fatto certo dell’embriologia. Ed è altrettanto certo fissandone i caratteri morfo – funzionali di composita biologicità intesa come entità associativa complessa (come precedentemente descritta nel capitolo sulla Physis umana) tanto da rappresentare l’indice più idoneo per un collegamento tra aspetto esteriore e dinamica vitale; sempre però che la rilevazione sia corretta e i limiti delle categorie umane siano basati su solidi criteri inerenti le varie componenti sostratiali della corporeità individuale

In sintesi, ogni individuo presenta un proprio profilo fisionomico designante un “sistema complesso a se stante, apparentemente omogeneo, in perpetua reazione con l’ambiente, composto da parti tra loro armonizzate in un’unica entità indivisibile comprendente tutti gli attributi anatomo/ fisiologici e biologici che la contraddistinguono dai suoi simili: ripartibile come tipologia, costituzione e temperamento. Ma vediamoli nei loro profili fondamentali.

COME TIPOLOGIA

Come inclinazione funzionale d’insieme che determina la complessione dei tre grandi sistemi caratterizzanti la complessione umana nei suo caratteri generali ravvisabili nel:

tipo craniale – o unità nervosa eminentemente psico – volitiva la cui complessione è di relazionare l’esperienza sensoriale connessa al fattore sociale con il soma, ed ha nell’ipotalamo il centro della resistenza cerebrale.

di derivazione ectomorfa ha grande sensibilità e incostanza psicologica e sensoriale, polso piccolo e flebile: si nutre di suoni e di luce che trasforma in immagini e sensazioni ed ha negli occhi e nelle orecchie la via di entrata. Tale tipologia è contraddistinta da tratti somatici longilinei.

Tipo toracico – o unità respiratoria: eminentemente ossigenante la cui funzione è di relazionare l’apparato cardio – respiratorio con il fattore atmosferico ed ha nel cuore il centro della resistenza energetica.

di derivazione mesomorfa ha grande sensibilità ai mutamenti atmosferici, polso celere e marcato: si nutre di aria atmosferica ed ha nelle narici la via di entrata. Tale tipologia è contraddistinta dal prevalere del torace sull’addome.

Tipo addominale – o unità gastrointestinale: eminentemente digestivo – assimilativa la cui funzione è di relazionare il fattore alimentare al metabolismo generale ed ha nel fegato il centro della resistenza molecolare (o corpi chimici).

di derivazione endomorfa: ha grande sensibilità ai mutamenti alimentari , polso pieno e forte: si nutre di materia ed ha nella bocca la via di entrata. Tale tipologia è contraddistinta dal prevalere dell’addome sul torace

COME COSTITUZIONE ORGANICA DÌ FONDO

Comprende quattro caratteristiche morfo – funzionali sostratiali che determinano il terreno biologico di fondo dell’organismo. Si hanno quattro configurazioni di base quali la:

pletorico – flogistica

flogistico – reattiva

mucoide – essudativa;

compulsivo – passionale;

COME TEMPERAMENTO

Corrispondente alla risposta adattiva del temperamento sopra una certa configurazione costituzionale. Si hanno quattro adattabilità di base quali:

l’angiopenumonico a risposta adattiva pletorico – congestizia;

l’endocrino – reticoloisticitario a risposta adattiva flogisico – irritativa;

il linfoghiandolare a risposta adattiva mucoide – catarrale;

l’encefalomidollare: a risposta adattiva compulsivo – dissociativa;

Riassumendo:

in generale possiamo osservare come il soma presenti aspetti fisionomici a varianza individuale che porta al concetto di complessione individuale specificati in tipologia, costituzione e temperamento.
Un primo gruppo di considerazioni sopra questo importante argomento riguarda la possibile associabilità tra i diversi aspetti dell’habitus umano, o solo tra alcuni di essi dato che la classificazione dei caratteri distintivi dei vari habitus non può basarsi sulla valutazione di un solo carattere fisionomico, ma sull’ accordo associante tra tipologia, costituzione e temperamento, tenendo di conto della varietà che tale coniugazione comporta.
Un secondo gruppo di considerazioni è connesso alla applicazione pratica dei parametri fisionomici di identificazione dei vari habitus umani, in quanto non è praticamente ammessa l’esistenza di tipi estremi, ovvero ideali, ma tutta una gamma di tipi intermedi all’interno dei tratti tipologici, costituzionali e temperamentali, poiché l’habitus umano comporta una estesa variabilità tanto da non poter essere descritto in poche classi fisionomiche anche perché, talvolta, l’associazione tra determinati aspetti tipologici, costituzionali e temperamentali riscontrabili in uno studio fisiognomico, può presentare analogie non corrispondenti , poiché possiamo trovarci alcune volte di fronte a caratteristiche di aspetti tipologici, costituzionali e temperamentali che sembrano allontanarsi (apparentemente) da quelli ritenuti fisionomicamente coerenti.
In conclusione, in concetto di habitus umano è molto articolato poiché presenta aspetti somatici che denunciano una certa difficoltà da poter raggiungere una sintesi esaustiva se non ponderatamente analizzata: se teniamo di conto del polimorfismo cui va incontro la razza umana la cui variabilità fisionomica oggettiva è ritenuta finita in quanto espressa attraverso la ristretta gamma delle tipologie. Per quanto riguarda invece la variabilità soggettiva dei caratteri fisionomici questi possono manifestarsi con forme più o meno miste da rappresentare un “continuum” tra tipologia costituzione e temperamento; il più delle volte tra costituzione e temperamento.
Infine ragionare sull’esistenza di un habitus umano come tipo globale non è affatto sostenibile, dal momento in cui è possibile trovarsi di fronte ad una più o meno integrazione di caratteri che si combinano, integrano o discostano a fronte dei singoli individui.
Concludendo: lo studio fisiognomico dell’ Habitus umano rappresenta, per la Fototerapia Tradizionale Erboristica, la sola via per specificare le diverse complessioni riscontrabili nei singoli individui, e come essi reagiscono a fronte di determinati input stressogeni cui possono andare incontro.

Sesto ragionamento ” L’HABITUS UMANO ” del Maestro Simone Iozzi

L’HABITUS UMANO

– DIVAGAZIONI E CONSIDERAZIONI PRELIMINARI –

Rappresenta la conformazione generale dell’ habitus umano la cui nozione ha particolare
importanza per definirne l’unità corporea quale l’insieme di aspetti strutturali esprimenti il soma individuale riconoscibile mediante l’osservazione disponente anatomica della massa corporea nei le sue sembianze craniali, toraciche e addominali.

In sostanza; si tratta della prevalenza di alcune varianti sul soma individuale tra quelle riscontrabili nell’ambito della razza umana e, più specificamente, varianti dovute al prevalere di talune varianti morfologiche d’insieme.

Pur limitando l’argomento alla definizione sopra enunciata, apparentemente così semplice,
racchiude in sé un concetto molto complesso sulle varianti dei tratti somatici quali quelli esprimenti l’unità corporea dell’individuo. In altri termini un habitus umano come uno e tutto associativo in stretto rapporto tra morfologia e funzione.

In sintesi, ogni individuo ha un suo particolare assetto corporeo interpretabile come fisionomia di fondo corrispondente alla unità vivente che è, appunto l’individuo, ossia “un sistema vitale a se stante, apparentemente omogeneo, in perpetua reazione con l’ambiente, composto da parti tra loro combinate in un’unica entità indivisibile comprendente tutti gli attributi fisiologici. biochimici e psichici che contraddistinguono ogni individuo dai suoi simili”.

RIGUARDA LA COMPLESSIONE CORPOREA DÌ FONDO

Rappresentare un Habitus umano delineante la sua complessione corporea dì fondo quale sistema
polifunzionale organizzato in reciproci incanalamenti caratterizzati da estese reti di comunicazione di supersistema a circuiti multipli, limitatamente una organizzazione tra compositi sostrato organici diversi tra loro, assoggettati a dinamiche processuali tra loro diverse, a patto però che conservino la loro singolarità funzionale.

Per fare alcuni esempi, la struttura del fegato, la sua doppia circolazione, i suoi rapporti con le vie biliari implicano che sia in rapporto con la digestione, ma non in grado di fornire informazioni sulle numerose operazioni biochimiche compiute in sede di metabolismo intermedio. Cosi la struttura del rene, le sue vie escretrici unitamente al rapporto con il sistema circolatorio, portano a pensare che abbia una funzione “depurante”, ma non che tenga sotto controllo l’equilibrio elettrolitico e la riserva alcalina e della messa in circolo una sostanza in grado di controllare la differenziazione delle cellule staminali del midollo osseo in cellule della serie rossa.

Anche il fatto che ogni dinamismo biologico richieda la cooperazione di due o più apparati
organici non sempre risulta dalla sola compagine anatomica. E’ il caso della circolazione sanguigna, il cui flusso arterioso è affidato alla forza di contrazione cardiaca, mentre quello venoso è esplicato dalla contrazione muscolare e, nelle grosse vene, dalla pressione negativa provocata prevalentemente dalla contrazione del diaframma.

Inoltre il fegato grazie alla sua attività metabolica aggiunge o rimuove molecole organiche
secondo necessità, mentre i polmoni apportano ossigeno ed eliminano anidride carbonica, il tratto
gastrointestinale rende possibile all’ organismo l’ assorbimento dell’ acqua ingerita con le sostanze nutritizie; il rene elimina la giusta quantità di prodotti catabolici, acqua e sali; e così via nella lunga

lista delle attività regolate dell’ organismo tramite:

– vie di ingresso come l’assunzione;

– vie intermedie come il metabolismo;

– vie di raccordo come le nervose, le circolatorie, le endocrine

– vie di uscita come l’escretizie.

unitamente a

– garantire un continuo apporto di ossigeno e di nutrienti al sistema;

– garantire la raccolta e l’eliminazione delle scorie organiche prodotte dal proprio metabolismo;

– garantire la costanza delle condizioni fisico – chimiche necessarie al proprio ambiente interno.

Movimento circolare inizia con la digestione dove la materia attinta dall’esterno va incontro ad una intensa disintegrazione “specifica per specie molecolare”, ed è dopo il loro assorbimento che si ha una intensa reintegrazione in molecole aventi “specificità di sostrato”.

Infine, se ne guardiamo la macrostruttura corporea nel suo procedere osserviamo come alla sua
incessante inquietudine funzionale si sovrapponga un decorso di mutamento molto più lento
palesato dalla osservazione empirica della fisionomia umana, poiché ben diversa è la compagine
corporea nel neonato, da quella di un bambino, del giovane, dell’adulto e dell’anziano.
A periodi medi di tempo si ha perciò un’incessante escalation dell’organismo fino al suo destino finale che è la cessazione del fenomeno vita.

Quinto ragionamento ” RIGUARDA LA STRUTTURA DELLA CELLULA ” del Maestro Simone Iozzi

La materia vivente ci si presenta con una enorme varietà di forme e di funzioni indissolubilmente legate. Circa un milione di specie animali e 280000 circa di piante sono attualmente conosciute, e per nessun gruppo l’attuale sistematica è ben lontana dalla completezza.
Ma, pur con questa molteplice diversità, gli organismi viventi posseggono comuni attributi che li riuniscono tra loro, separandoli dal mondo inorganico e, per quanto diversi tra di loro, si distinguono da una pietra o da un campione di specie chimica, quindi tra loro si assomigliano.
Però, anche se immediata l’intuizione di ciò che è vivo, non è facile dare una breve definizione degli attributi biologici comuni all’intero mondo dei viventi poiché, in genere, presentano una conformazione estremamente complessa fin in ogni individuo e nei vari momenti di vita di ogni individuo: e la loro organizzazione deve pur avere una matrice comune, e questa è da ricercarsi nelle caratteristiche morfo funzionali identificabili nella cellula eucariota che presenta

– una morfologia
più o meno ben definita nelle loro diverse forme e una base comune che si ritrova nella cellula. Possiamo dire perciò, che tutti i sostrati organici di fondo sono costituiti da una o più unità cellulari composte ognuna essenzialmente da una massa protoplasmatica contenente il citoplasma e il nucleoplasma;

– una biochimica
esplicata nel citoplasma tramite gli organuli ivi presenti che svolgono incessantemente due ordini di fenomeni opposti, disintegrativi, con liberazione di energia (fenomeni catabolici), o costruttivi o reintegrativi (fenomeni anabolici) con immagazzinamento di energia. La sostanza vivente presenta perciò un continuo ricambio ana – e catabolico: insieme rappresentano il “metabolismo cellulare”:

– una irritabilità’
a fronte di stimoli e di reagirvi in determinate maniere, e se lo stimolo non è troppo forte, alla sua cessazione il protoplasma rientra nella condizioni quo ante
L’irritabilità è una proprietà veramente generale della sostanza vivente? E difficile dirlo, perche è difficile definire il fenomeno. Certamente la risposta è affermativa, se intendiamo interpretare ll fenomeno in senso “dinamico”, anche se risulta oltremodo complicato sotto il profilo del metabolismo cellulare

– un apparato morfo funzionale;
atto a svolgere adeguatamente ogni funzione della cellula all’interno di un habitat umorale (ialoplasma o citosol) adeguato specificamente conosciuto come gradiente biochimico o umorale quale quello che l’evoluzione naturale ha prestabilito filologicamente e ontologicamente fin dai primi nucleotidi apparsi sulla Terra;
– un rinnovamento:
continuo della componente citoplasmatica esteso a tutto il periodo di vita della cellula fino al suo arresto corrispondente alla morte.
Infatti, per rinnovamento è inteso il complesso di adeguamenti in grado di generare, conservare, accrescere e riprodurre ogni singola cellula, e sappiamo anche come ogni sua attività è vincolata all’attività dei suoi organuli quale elemento fondante di tutta la sua organizzazione, e l’ialoplasma che ne fa parte presenta carattere colloidale.
– si riproduce:
unitamente a quello dello sviluppo, dell’accrescimento e della differenziazione.
– una ereditarietà acquisita geneticamente:
nei suoi caratteri morfologici e funzionali
– un ordine:
sostanzialmente formato da protidi (o albumine) complesse i cui gruppi prostetici rappresentano gli strumenti più idonei a caratterizzare i fenomeni vitali.

Quarto ragionamento ” Riguardo alla risposta difensiva verso Input stressogeni ” del Maestro Simone Iozzi

L’affermazione della specie implica l’insorgenza, nella sua evoluzione, di meccanismi difensivi

sempre più raffinati che la preservino dai continui attacchi provenienti dall’esterno.

L’organismo umano deve pertanto essere in grado, entro certi limiti, di rispondere adeguatamente alle variazioni atmosferiche, di neutralizzare i microrganismi , di eliminare tutte le sostanze diverse al fine di mantenere la propria integrità e individualità.

In termini generali la capacità di risposta difensiva rappresenta il complesso di adeguamenti

biologici e fisiologici mobilitati in presenza di nuove esperienze avverso input stressogeni di varia natura capaci di alterare il normale controllo delle basilari condizioni di vita dell’organismo.

Tale risposta è direttamente rapportabile al significato di omeostasi (da non assimilarlo al concetto di stato eucrasico), i cui concetti fondamentali furono già espressi nel 1800 dal Bernard ripresi poi dal fisiologo statunitense W. B. CANNON nel 1926 introducendo il nozione che il nostro
organismo è un sistema aperto con scambi con l’ esterno, e le sostanze che lo compongono risultano
estremamente instabili. Il fatto che mantengano uno stato omeostatico costante (non fisso), è prova dell’ esistenza di meccanismi equilibratori che ne controllano i volumi.

Infatti, ogni tendenza al mutamento (vedi stato eucrasico) è impedita da un’ accresciuta mobilitazione dei fattori di equilibrio omeostatico tanto maggiore quanto più forte è la propensione difensiva.

Il sistema di regolazione omeostatica risulta composto da un insieme di fattori cooperanti come

sistema polifunzionale di un autocontrollo come feedback negativo (o retroazione) organizzato e

mantenuto da automatismi di regolazione ossia dalla completezza delle attività corporee a carattere

fisiologico.

Simone Iozzi

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