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Primo corso di “Geobotanica delle Piante Officinali”

La Geobotanica e la Fitosociologia sono materie che vengono solitamente studiate nei corsi universitari di Agraria e di Scienze Naturali. Queste però non vengono trattate nei corsi per Erboristi, mentre sono argomenti importanti ed utili in quanto spiegano come si comportano le piante e come è possibile individuarle in base alle zone geografiche. Ma queste materie nei corsi universitari trattano tutte le piante, non c’è un approfondimento specifico per le erbe officinali e quindi eccoci a presentavi un corso ad hoc per il nostro settore tenuto da Roberto Galardini, Dottore in Scienze Naturali e Tecnico Erborista.
DEFINITIVA 222fitosociologia

I Rovi

DI Luigi Giannelli

ARTICOLO RIVISTA DELLA VAL D’ORCIA – LUIGI GIANNELLI – 12 SETTEMBRE 2012

I Rovi.

Abbiamo visto come la Val d’ Orcia sia costituita da un suolo ricco, mutevole, anche sul piano strettamente chimico, e quindi ben dotato di varietà vegetali (e animali), anche s e ci sono degli elementi piu’ comuni di altri.
Stavolta vorremmo dedicarci ad una delle specie (anzi, insieme di specie) più odiate dai campagnoli di altri tempi, ovvero i Rovi (chiamati “Roghi” dai locali).
Noi vogliamo dedicarvi invece un bello spazio, anche perché questa pianta è ed è stata molto importante sia nella gastronomia (le celeberrime “marmellate di More” delle nostre mamme e nonne), sia nella Fitoterapia che nella Gemmoterapia.

Abbiamo parlato di più specie, poiché la più importante è sicuramente il Rovo comune (Rubus fruticosus), più grande ed imponente e che fa anche i frutti più grossi.
Non solo, pur essendo una pianta erbacea, esso compie ampi archi, più duri e rigidi di un ramo di pianta arborea; quando forma le macchie grandi, fa impressione, per le sue dimensioni e “aggressività spinosa”.

Non dimentichiamo poi una cosa: l’uso delle more come medicamento e alimento è antico (lo cita Dioscoride), ma la vera Mora al tempo era quella di Gelso. Il nostro era la “Mora seconda”, come avrebbero potuto dire a quel tempo.

Dioscoride cita il Rovo al Libro IV° della “Materia Medica”, al Cap. 39° (vers. Mattioli).
E soprattutto tralascia la descrizione botanica, considerandolo << da ciascuno conosciuto >>:
<< Del Rovo. Il Rovo da ciascuno conosciuto, ha virtù di disseccare ed astringere; fa neri i capelli (1). La decozione dei rami ristagna il corpo [blocca la diarrea] & parimenti i flussi delle donne [il flusso mestruale]. Giova ai morsi del Prestero (2); rafforza le gengive. Le foglie masticate giovano alle ulcere della bocca e frenano quelle corrosive. Giovano alle ulcere della testa che emettono pus & agli occhi. Le foglie ridotte in poltiglia, si pongono come empiastro sulla zona anale e similmente sulle emorroidi. Triturate finemente si usano per i dolori di cuore e per le debolezze di stomaco. I rami e le foglie si pestano e se ne spreme il succo per pressione. Tale succo, inspessito al calore del Sole, è un rimedio potente per tutte le affezioni che abbiamo sopra citato. Il succo delle sue More ben mature, è molto utile per confezionare i rimedi della bocca. Mangiate quando sono mezze mature, sono antidiarroiche. Stesso effetto ce lo hanno i suoi fiori, bevuti nel Vino.>>.

Ci pare giusto, dopo Dioscoride, e con il consueto riferimento alla “Medicina Tradizionale Mediterranea”, non dimenticarci di Galeno, medico personale, nonché amico dell’ Imperatore Marco Aurelio.
Esso cita il Rovo nel suo “Le virtù dei semplici medicamenti” (“semplici” nel senso “ingredienti puri”; in realtà il testo è dedicato ai tecnici preparatori), al VI° Libro dell’opera:
<< Le foglie, le gemme, il frutto, e la radice dei Rovi, partecipano tutti non poco della virtù astringente, ma sono differenti in ciò, cioè, le foglie appena sviluppate e tenere hanno in sé molto dell’acquoso e poco dell’astringente ed il medesimo quando si tratta dei germogli. Però, quando si masticano, sanano le ulcerazioni della bocca e possono anche consolidare le ferite. Il loro equilibrio interno è composto in parte di essenza Fredda e Terrestre [Freddo-Secca] e in parte di essenza Acquea- Tiepida [Caldo-Umida.]. Ma il frutto quando è maturo, ha non poco succo Caldo Equilibrato; il quale è dolce, come abbiamo dimostrato. Perciò, per tale motivo, per un poco di sapore astringente, che vi si ritrova, è assai gradevole al gusto, mangiandolo. Quello che non è maturo, ha in sé di molto del Terrestre [Freddo-Secco], e per questo è acerbo e disseccante. L’ uno e l’altro si conservano secchi e sono quindi più valorosi che freschi. Il fiore ha la medesima forza del frutto immaturo e perciò valgono amvedue nella dissenteria, nella diarrea, , negli sputi di Sangue e dove occorre rafforzare le strutture solide. La radice, oltre ad essere astringente, ha in sé non poca sostanza sottile, in virtù della quale, riesce a rompere la pietra delle reni [calcoli renali e vescicali].>>.

Abbiamo citato i più grandi Autori antichi, Dioscoride e Galeno, su una pianta comune della Val d’Orcia, ahimè non più usata, anzi dimenticata, perfino per fare le marmellate dei frutti!

Dottrina della “Signatura” applicata al Rovo.
Uno dei fenomeni più importanti del mondo antico, è la descrizione dei fenomeni, insomma una forma ben definita di Scienza. Parte di questa scienza è il principio di analogia o di “signatura”, che viene applicato a tutto: se applicato agli esseri umani, abbiamo la Fisiognomica (Segni – Elementi –Umori – Organi), alle piante abbiamo la “Fitognomica” o “Dottrina della Signatura”.
Ogni pianta, mostrando forme, portamenti, colori, aspetti particolari (spine, pelosità, torcimenti, e via dicendo, la dice lunga sulle sue proprietà).
La prima cosa che ci colpisce del Rovo è il fatto che tutto il fusto ed i rami sono pieni di spine triangolari e piegate da un lato, formando una sorta di mezza luna: la complessità della spina, ci pare, indica nel contempo una energia potente che “esce” come un’arma, ma è un’arma che rammenta la scimitarra islamica, dove al Sole della Spada, si unisce la Luna. La base del triangolo indica la sua grande stabilità. Quindi, punta + stabilità + piegatura da scimitarra lunare.

Immediatamente dopo, soprattutto nei soggetti adulti e fitti, in epoca estiva, il fusto ed i rami (che sono poligonali (Terra, Freddo-Secco, Milza/Malinconia), possiedono anche un colore particolare: rosso-porpora, che rappresenta sia la Terra/Malinconia che l’Aria/Sangue.
Ma se il Sangue-Aria, rappresenta l’azione circolatoria e distributrice del corpo, così la Terra-Malinconia, rappresenta l’azione costruttiva-solidificante dei vari organi.
Insomma, il colore porpora rappresenta più di ogni altro l’azione compattante-cicatrizzante sull’elemento Sangue, da parte di droghe o sostanze astringenti-cicatrizzanti di natura Malinconica.
Ovvero, il segno-colore porpora più di ogni altro manifesta l’azione di ricompattazione di tessuti rilassati o con emorragie in corso.

Il Rovo, a nostro modesto parere, simboleggia la sintesi tra forze opposte e complementari, ovvero il blocco delle emorragie e l’essiccazione Fredda, e dall’altra la fluidificazione Caldo-Umida del flusso Sanguigno.

E’ una pianta, che oltre ad avere proprietà terapeutiche, possiede proprietà “didattiche”; molte piante come il Rovo servono agli Erboristi Tradizionali a comprendere al meglio le forze i gioco tra gli organi, secono la Dottrina Umorale-Medicina Tradizionale Mediterranea.

Note:
1) Quasi tutte le piante molto ricche di tannino, ridotte in forma appropriata, magari con l’aggiunta di Sali metallici, tendono a tingere fortemente i capelli e i peli dei mammiferi; inoltre venivano usati per la concia delle pelli. Ciò è dovuto dalla grande affinità tra tannino + ioni metallici (Fe, Cu, ad esempio) + cheratina.
2) Prestero: serpente velenosissimo, probabilmente nemmeno europeo, considerando i lunghi viaggi come medico militare fatti da Dioscoride stesso.

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BIBLOGRAFIA

Mattioli P.A. “Discorsi sulla Materia Medica di Pedacio Dioscoride Anarzabeo ” Venezia 1557 (Rist. anastatica Biokyma-Anghiari AR ‘93)

Platone – Opere complete – Editore Sansoni – Firenze 1989
Lucrezio T.C. – “De rerum natura” – varie edizioni
Apuleio – “Metamorfosi” – varie edizioni
Vitruvio P. – “De Architectura” – a cura di P. Gros – Einaudi – Torino 1997
Varrone M. T. – “Opere scelte” – Classici UTET 1974 – rist. 1996
Plinio G.S. “Storia Naturale” – vers. M.L. Domenichi – Venezia – 1612
Plinio G.S. “Storia Naturale” – a cura di G.B. Conte – Einaudi – Torino 1983-1995
Plutarco “Quaestiones conviviales” – varie edizioni
Cremonese A. – “Direttive sanitarie per le Crociate nella Terra Santa (d)all’ Imperatore Federico II°” . scritta nel 1227
Traduzione di una ristampa anastatica Borna-Leipzig – 1913 – Fritz Honger – Dresda
Tesi di Laurea in Medicina (Università di Leipzig) – Robert Noske (alcuni dati sono incerti; il testo invece è una traduzione originale e conforme).

Dioscoride P. “Materia Medica” – vedi vers. Ruellio – Venezia 1538 e Mattioli – Venezia 1557 e 1568.
Galeno C. “De Compositione medicamentorum secundum locos” – vers. J. Cornario – XVI° sec.
Galeno C. “De Antidotis”
Galeno C. “De Compositione medicamentorum per genera”
[le tre opere sopra citate fanno parte di una raccolta danneggiata del XVI° sec.].
Galeno C. “Methodi Medendi” – Edizione generale – Venezia 1565
Galeno C. “De Simplicium medicamentorum facultatibus” vers. Gaudano – Lione 1547
Galeno C. – “Manualetto di facili preparazioni di rimedi” – trad. di Paolo Crasso da Padova sull’opera di Solone, ripresa da Galeno – parte di raccolta di opere varie di Galeno – Venezia 1565
Alessandro di Tralles – “I Dodici libri di Medicina” – Venezia 1573 (originale: VI° secolo d.C.)
Paolo di Egina – “Totius rei mediche” – autore bizantino VII° secolo – ediz. latina Basilea 1556
Du Ruel J. (Ruellio) – “Pedacii Dioscoridis Anazarbei De Medicinali Materia Libri Quinque”- Venezia 1538
Mattioli P.A. “Discorsi” Venezia 1557 (Rist. anastatica Biokyma-Anghiari AR ‘93)
Galeno C. – “De Theriaca ad Pisonem” – vers. E. Coturri – L. Olschki – Firenze 1959
Galeno C. – “De bonis malisque sucis” – vers. A.M. Ieraci Bio – M.D’Auria – Napoli 1987
Galeno C. – “Le facoltà naturali” – vers. – Oscar classici Mondadori – Milano 2000
Plateario M. – “Circa instans” – Scuola Salernitana XI°-XII° secolo – ed. italiana “Il libro delle piante medicinali” – Vallardi/Garzanti – Milano 1990
Rabelais F. – “Gargantua e Pantagruele” – XVI° secolo – varie edizioni moderne
Alessandro di Tralles “I Dodici libri di Medicina” – Venezia 1573 (originale: VI° secolo d.C.)
Avicenna “Canone della Medicina” – vers. G.Cremonese-correz.A. Alpago – Basilea 1556
Avicenna “Canone della Medicina” – vers. G.Cremonese-correz.A. Alpago – Venezia 1595
AA.VV. “Regimen Sanitatis – Flos Medicinae Scholae Salerni” – vers. A.Sinno – Mursia-Milano 1987
AA.VV. “Ricettario Fiorentino” – edizione 1498 – a cura dell’Istituto Medico-Farmaceutic de Catalunya Barcelona 1992
AA.VV. “Ricettario Fiorentino” – edizione 1550 – a cura di Laboratori Biokyma – Anghiari (AR)

Agrippa C. – “De Occulta Philosophia” – Mediterranee – Roma 1980
“Culpeper’s Complete Herbal” – W. Foulsham & Co. Ltd – Londra 1972
Campanella T. – “Il senso delle cose o La Magia” – F.lli Melita editore – Milano 1980.
Fernel J. – “Therapeutices universalis, seu medendi rationis libri septem” – Francoforte 1593
Rosaccio G. – “Il Medico” – Venezia 1621
Cristini P.B. – “Pratica Medicinale et Osservationi” – Bologna 1680
Castelli B.- “Lexicon Medicum Graeco-Latinum” – Padova 1762
Baumè A. – “Elementi di Farmacia” – Venezia 1773
Murray J.A. – “Apparatus Medicaminum etc.” – Venezia 1795
Pazzini A.- “Storia della Medicina” – Società Editrice Libraria – Milano 1947
AA.VV. – “Atti del IV° Congresso Nazionale di Erboristeria” – Club Alpino Italiano – Modena 1954 – Ristampa Anastatica a cura di Laboratori Biokyma – Anghiari (AR) 2009
Masino C. – “Voci di Spezieria dei secoli XIV°-XVIII°” – Accademia Italiana di Storia della Farmacia Piacenza 1988
Guenon R. – “Simboli della Scienza Sacra” – Adelphi – Milano 1980
Iozzi S. – “Fitopratica” – Giunti -Firenze 1980
Giannelli L. – “L’ Arte dei Profumi” – MIR Edizioni – Montespertoli 1998 – II.a ristampa 2009.

Giannelli L. – “Medicina Tradizionale Mediterranea” – Tecniche Nuove – Milano 2006
Cattabiani A. – “Floriario” – Mondadori – Milano 1996
Brosse J. – “Mitologia degli Alberi” – BUR – Milano 1994 (orig. Edition Plon 1989)
Valnet J. – “Cura delle malattie con ortaggi, frutta e cereali” – Giunti – Firenze 197… – attualmente nuove edizioni.
Giannelli L. – “Gemmoterapia” – Tradizione Mediterranea, Fisiognomica e Mitologia, Manuale Pratico – Edizioni MIR – – Santiveri – Montespertoli (FI) – 2009

PIANTE DELLA VAL D’ORCIA – L’ACHILLEA – DA LUIGI GIANNELLI

Certamente questa pianta erbacea, per quanto a volte, a seconda delle specie e delle varietà,
non occuperà gli spazi che occupano piante arbustive il Lentisco e altre, più “voluminose”. Invece la sua importanza sia per certi spazi che copre (è difatti molto frequente), sia per le sue virtù medicamentose, la considero una delle piante più importanti dell’areale mediterraneo.
Per il tipo di impostazione che mi riguarda (lo studio dei testi antichi sulle piante medicinali usate o usabili ancor oggi, con successo e senza effetti collaterali), inizierò citando il testo più importante, per dimensioni e per “durata di utilizzo” che abbiamo sottomano, ovvero la “Materia Medica” di Dioscoride.
Per chi non lo rammentasse, Pedacio (o Pedanio) Dioscoride di Anazarba, città della Cilicia, vissuto tra il 40 ed il 90 d.C.; fu medico militare al tempo di Nerone, attivo (come medico!) durante la Prima Guerra Giudaica, ove le legioni romane erano comandate dal futuro Imperatore Vespasiano ed in parte dai suoi figli, Tito, che si distinse in modo particolare.
C’è tuttavia da fare una premessa: essendo l’Achillea una pianta ricca di specie e di varietà (come molti fanno notare), Dioscoride descrive sia l’Achillea, sia il Millefoglio, in due capitoli diversi, pur nello stesso libro, il IV°, della “Materia Medica”.
Iniziamo con la pianta che Dioscoride chiama “Achillea Siderite”, Libro IV°, Cap. 38° (vers. Mattioli):
<< L’ Achillea, la quale chiamano alcuni Achillea Siderite, produce i fusti lunghi una spanna e qualche volta maggiori, che somigliano a fusi; circondati da minute fronde, intagliate minutissimamente per traverso , come il Coriandolo, di color rossigno, arrendevoli, di odore molto medicinale e non ingrato. Produce nella sommità una ombrella rotonda [in realtà si tratta di un corimbo e lo si vede nei disegni del Mattioli] con fiori bianchi, o purpurei o anche dorati [il fatto che possa produrre fiori gialli ci dice che anche altre piante somiglianti sono poste insieme]. Nasce nei terreni grassi e fruttiferi. La sua chioma, triturata e applicata come empiastro, salda le ferite fresche, e le assicura contro le infiammazioni [nell’antichità si intendevano le infiammazioni dovute alle infezioni]. Ristagna i flussi di sangue e del pari, l’eccesso di emorragia mestruale applicata con lana sui genitali; per questo motivo, fanno semicupi con il suo decotto le donne che soffrono di diarrea e di flussi [sia emorragie sia leucorrea]. Per la diarrea è utile anche bere questo decotto >>.
Galeno, medico e amico di Marco Aurelio, vissuto quasi cento anni dopo Dioscoride, parla dell’Achillea nell’VIII° Libro del “Le virtù dei semplici medicamenti”:
<< Molti chiamano l’Achillea Siderite [la Siderite è pianta molto astringente], per aver virtù simili, per quanto essa sia ancora più astringente. Perciò per ristagnare il sangue, la diarrea ed il flusso [emorragie e leucorree] dell donne, è molto efficace >>.
Per avere un quadro completo del pensiero antico, non ci resta che vedere cosa dicono i nostri grandi Maestri del passato, sul Millefoglie (tenere conto, che a livello popolare Achillea e Millefoglio sono sinonimi).
Torniamo alla “Materia Medica” di Dioscoride; il Millefoglio si trova sempre nel Libro IV°, Cap. 105° (vers. Mattioli), dove la pianta è chiamata “Stratiote Millefoglio”:
<< [L’Autore inizia descrivendola quasi allo stesso modo, bassa ma che può essere anche più alta]…. Le sue foglie sembrano le penne degli uccellini, molto brevi, intagliate fin dall’inizio. Le foglie somigliano al Cumino selvatico, soprattutto per la ruvidezza e per essere corte; l’ombrella [è sempre un corimbo] è più densa e più piena. Produce nella sommità del fusto sottili rametti sui quali si forma l’ombrella che somiglia a quella dell’Aneto; i fiori sono piccoli e bianchi. Nasce nei campi più aridi e sulle vie. E’ usata con successo e con frequenza nelle ulcerazioni cronicizzate, ma anche su quelle fresche, alle emorragie e nelle fistole >>. Tra gli “Stratioti” se ne trova anche uno acquatico. Occorre tenere conto che la classificazione delle piante non segue gli schemi che verranno usati da Linneo, secoli dopo.
Questa affermazione ci serve per leggere la parte che “racconta” Galeno, il quale parla dello “Stratiote Millefoglio” sempre nell’ VIII° Libro del “Le virtù dei semplici medicamenti”.
<< La specie acquatica è molto Fredda e Umida , ma le terrestri sono molto astringenti. Per questo possono far saldare le ferite e le ulcerazioni. Molti le usano per le emorragie e per curare le fistole >>. Più o meno ripete quanto dice Dioscoride.
Quindi alla fine, al di là delle specie e delle varietà, oggi riconoscibili con l’esattezza di Linneo e dei botanici moderni, le varie Achillee e Millefogli hanno, dalla millenaria osservazione alcune importanti proprietà:
1 – sono astringenti e cicatrizzanti;
2 – sono antiinfiammatorie e antiinfettive;
3 – bolccano emorragie, curano le ferite, le ulcerazioni, anche purulente, le fistole;
4 – hanno importanti azioni sull’apparato genitale femminile, sia perché bloccano le emorragie mestruali e le cosiddette “perdite bianche”, dette anche leucorrea (che vuol dire “bianco flusso”, dovute avarie cause, la più frequente delle quali la canidosi.
5 – agiscono sia per uso esterno (che è il più rammentato dagli Autori), ma è indicato anche l’uso interno
Non a caso oggi l’Achillea (quale che sia), si usa per molti tipi di emorragie, esternamente per ferite, ulcere ed emorroidi; per uso interno è uno dei presidi più attivi per la cura sempre delle emorroidi, ma anche per la cura di molte forme ulcerative intestinali, come quelle dovute al Morbo di Chron.

Comunicazione …a tutti i colleghi !

Alla luce della crescente offerta di prodotti
registrati come cosmetici ma presentati in forma tale
da poter essere inavvertitamente confusi con integratori alimentari,
crediamo opportuno ricordare a tutti i colleghi
che un eventuale uso improprio di tali prodotti da parte dei consumatori,pone i
loro venditori nella condizione di risponderne personalmente in termini di responsabilita’ giuridica .
Pertanto si invitano tutti gli operatori
a prestare la massima attenzione alle modalità di esitazione
e ai consigli per l’uso, dati all’atto della vendita del prodotto.

Si auspica altresì da parte delle aziende produttrici
che evitino ogni possibile dubbio nelle indicazioni d’uso e
di porre la massima attenzione e cura nel dare ai colleghi che li acquistano
le giuste informazioni sul corretto impiego e finalità dei prodotti
onde evitare che simili errori, sia pur commessi in buona fede,
possano verificarsi.

Giuseppe Giordano​
Bartolomeo Antonio Scalzi​
Paolo Ospici​
Aldo Galante​
Luigi Giannelli

Ira Archilei

Carmela Patania

La Curcuma

di Aldo Galante – Erborista

Curcuma Longa L.

Pianta erbacea perenne dal caratteristico rizoma color giallo ,originaria dell’Asia Meridionale ,dell’India e dell’Indonesia .Il nome deriva dal Sanscrito “Kum -Kuma “.Sin dai tempi dei Romani questa spezia giungeva dal lontano Oriente sottoforma di polvere che sovente veniva usata per colorare di giallo i tessuti .Scrisse Marco Polo “nel Reame di Fughiu…v’e’ un frutto che par Zafferano ma non e’ ,ma vale altrettanto a operare “..e da allora questa polvere merito’ il nome di Zafferano d’Oriente .Pare che a Firenze venisse utilizzata dagli orefici che ritenevano neutralizzasse le inalazioni tossiche da mercurio .Nel XVI secolo la dottrina delle Signature riteneva la curcuma, per il suo colore giallo come la bile ,vantaggiosa nel trattamento dell’Itterizia .Alla fine del 400′ veniva consigliata per la cura delle affezioni del fegato e delle vie biliari e figuro’ tra i medicamenti del celebre “Libro delle Droghe “di Tabernaemontanus.Tuttora si impiega nella medicina Ayurvedica come depurativo generale ,come rimedio digestivo ,in presenza di febbre (calore epatico),infezioni ,dissenteria ,artrite ,itterizia e vari disturbi epatici ..Le componenti principali della Curcuma sono Sequiterpeni monociclici ,carburi (zingiberene,,B-e d-curcumene,ar-curcumene)derivati ossigenati (turmerone,ar-turmerone,curlone,alfa e gamma-atlantoni ,bisabolani,germacrani ,curcuminoidi (curcumina ,sostanza colorata ad azione coleretica ,colagoga ,spasmolitica(olio essenziale )delle vie biliari ,antiflogistica e antinfiammatoria (curcumina) se si e’ in presenza di Artrite ,o per alleviare le infiammazioni delle ferite ,digestiva poiche’ stimola la secrezione biliare favorendo la digestione dei grassi ,epatoprotettiva dei tessuti del fegato se esposti a farmaci epatotossici o ad abuso di alcool e nella prevenzione delle cardiopatie .
L’olio essenziale ,inoltre ,contenuto in misura rilevante nel rizoma ,agirebbe sull’escrezione biliare
e stimolando le contrazioni ritmiche della colecisti .I suoi effetti ipocolesterolemici ,ad esempio,furono posti in relazione con la curcumina la quale agirebbe con un meccanismo legato alla maggiore escrezione di acidi biliari ,fattori importanti nella digestione dei lipidi .
Secondo studi effettuati in India ,la Curcumina ha attivita’ antiglogistica ed antinfiammatoria a bassa tossicita’ (rispetto agli steroidi).Essa agirebbe con un potere antinfiammatorio pari a quello dell’idrocortisone con un meccanismo dovuto ,secondo alcune interpretazioni ,ad una aumentata sensibilizzazione dei tessuti bersaglio all’azione degli ormoni corticosteroidi ,e secondo altri ,alle proprieta’ antiossidanti della curcumina che inibirebbero la risposta infiammatoria ,ammesso che questa sia mediata da interferenze con le ossidazioni cellulari .
Secondo la MTM la Curcuma ha qualita’ Calda e Secca in II° di sapore aromatico amarognolo ,con punta lievemente acre .La sua azione e’ fortemente coleretica e colagoga ,analoga al Rabarbaro ma senza effetti lassativi diretti -Favorisce l’espulsione della Bile Gialla Surriscaldata e gli effetti da eccesso di Calore (anche le febbri);lenisce gli spasmi biliari e quelli dell’apparato renale (effetto anticolico ).Sblocca l’Amenorrea occasionale .Signatura :quella della Bile Gialla surriscaldata .
Organotropismo :asse fegato-cistifellea e asse fegato-sangue-reni .
La polvere di Curcuma e’ un componente essenziale per la preparazione del curry .

Bibliografia :
Medicina Tradizionale Mediterranea -Luigi Giannelli ed.Tecniche Nuove
Rivista l’Erborista ,ottobre 2006
Il Milione ,cap.CLV
F.B.Pegolotti ,la Pratica della Mercatura redatta nel 1340 e pubblicata nel III volume del G.F.Pagnini della Ventura intitolato :Della Decima e di varie altre gravezze ,Lisbona-Lucca 1765
Benigni Capra Cattorini ,Piante medicinali ,chimica,farmacologia e terapia .Milano 1962 p.420
M.Pedretti ,La Curcuma ,in Erboristeria Domani ,11-86
Ernesto Riva -Il Taccuino della Sanita’ ediz.GV

Sindrome influenzale secondo la visione antica

di Nadia Zangaglia:

Secondo un’ elaborazione semplificata della Dottrina Umorale di origine lppocratica e Galenica sappiamo che il crocevia di tutte le trasformazioni sia lo stomaco, che lnoltre gestisce in primo luogo il “Govemo dell’Acqua”; invece l’organo che da forza ed energia alle trasformazioni stesse é il fegato, che permette quello che possiamo definire “Governo del Fuoco”.
Lo Stomaco difatti e’ situato al Centro dell’incontro dei due “assi maggiori” , il verticale con l’orizzontale, ed affiancato dagli organi governatori fondamentali: a destra il fegato, a sinistra la milza .
Per avere la percezione del fondamentale e indissolubile legame tra questi organi, basti pensare alla loro disposizione fisica all’interno del corpo : al centro lo stomaco, che sovrasta il pancreas, che a sua volta ” collega” fegato e milza;
Lo stomaco e’ avvolto e abbracciato dal fegato sulla parte destra e si appoggia, quasi sulla milza, a sinistra. Dietro, un po’sotto sono, quasi a far da “sedia” ai reni.
Salendo verso l`alto si va subito alla testa. dove secondo la Dottrina Umorale lppocratica, hanno sede oltre alle funzioni intellettive e sensitive, anche quelle di tipo “metabolico”: grazie ai precursori che si formano nello stomaco e che salgono nella testa, si forma la Flemma,l’Umore corrispondente all’elemento Acqua, Freddo e Umido e Lunare al
massimo grado.
Esso, come acqua di una fontana, discende e fluisce verso il basso.
La Flemma, prosegue la sua discesa, che in greco e detta “catarrho” o “rheuma” ( letteralmente scorrimento Verso il basso; scorrimento) e attraverso il collo raggiunge il petto, dove si trovano polmoni e cuore, chiamato da Platone l’”Intoccabile “protetto clalle “spugne” polmonari e dalla gabbia toracica (torax termine latino che deriva dall’analogo
termine greco indica sia la parte anatomica delimitata dalla gabbia toracica sia la parte della corazza o lorica che protegge il busto del guerriero ).
L’area del petto comprende quindi sia una parte di ” acque”, piU’ esterna, protettiva, Fredda e Umida, sensibile al flusso flemmatico ( i polmoni), sia una parte intera, “nucleare” e IAgnea (il cuore) , sensibile soprattutto ai flussi Sanguigno Biliare ( la Bile per la Dottrina Umorale é Fuoco organico ).
Nel petto-area toracica convivono due nature, in continuo scambio e compensazione, che permettono l’assunzione e distribuzione di : Calore vitale,concentrato nel cuore e da esso distribuito, proveniente dall’asse fegato-vasi-reni -o Soffio vitale o “Pneuma”o *‘Spiritus”, che i polmoni assumono dall`ambiente. e cedono al cuore, che a sua volta lo distribuisce, insieme al Calore vitale.
l polmoni,i irrorati di “catarrho” Flemmatico, inoltre, rinfrescano e umettano il cuore e il sangue, impedendo che il calore e la parte ignea eccedano nella loro funzione e provochino danni al testo dell`organismo.
Dal punto di vista patologico in corrispondenza di questi punti si formano i muchi vischiosi, collosi, tenaci, a causa dell’eccesso di Freddo ambientale , climatico-stagionale che alimentare.
Ogni evento e’ ambiguo: il Freddo e Umido della Flemma compensa a livello toracico l’eccesso di calore del sangue e ,del cuore_ ma oltre ad una certa misura diversa nei polmoni un flusso abnorme che si trasforma in muco ostacolante la funzione respiratoria .
Concludere il percorso in “discesa” della Flemma a questo livello sarebbe assurdo, ma in questa occasione possiamo limitarci a considerare questo “segmento” in quanto é l’area che viene maggiormente colpita dai “virus” ,ovvero, e’proprio sulle mucose dei primi tratti dell’apparato respiratorio che si “attaccano” virus e batteri ( complicanza della sindrome influenzale e causa sproporzionata dell’uso di antibiotici, in presenza di banali raffreddori o tossi persistenti o peggio ancora solo influenze virali ).
Di conseguenza,l’attenzione del medico antico era rivolta, in caso di “influenze”, a ristabilire all’intemo dell’organismo l’equilibrio tra gli Umori, con particolare attenzione all’aspetto Freddo Umido o comunque all’interferenza “perversa”degli altri umori su questo.