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TRADIZIONE E ADATTAMENTO AI TEMPI del Dott. Luigi Giannelli

INTERVENTO PER IL CONVEGNO DEL 22-23 OTTOBRE 2016  FANO ( PU )

Cari amici e amiche, colleghi e Sorelle e Fratelli e Maestre e Maestri dell’Arte,

sono felice e onorato di poter partecipare, almeno in questa forma al Convegno. Mi onora che mi sia stato chiesto un intervento “a distanza”, nonostante la presenza di persone del più alto livello del nostro ambito Erboristico e Tradizionale.

Da un intervento del Maestro Simone Iozzi, che considero il Primo tra di noi, ed il primo, insieme ad Angelo Severi (due primi possono coesistere: si chiamano “comprimari”!), che mi ha, mi hanno instradato verso lo studio, l’applicazione pratica e la divulgazione di quella che noi definiamo “Erboristeria Tradizionale” con l’aggiunta dell’aggettivo “Mediterranea”.

Riteniamo che chi si è discostato ed ha disconosciuto le conoscenze e soprattutto i modi di affrontare e conoscere il Mondo secondo la Tradizione Ancestrale, abbia commesso un errore gravissimo, e consegnato di fatto l’Erboristeria in mano ad altre categorie professionali ed alla fine l’ha gettata nelle fameliche fauci della grande distribuzione.

In se’ questi eventi non sarebbero pericolosi, ma per fare questo conoscenze e modi sono stati distorti e pervertiti, resi inconoscibili e impossibili ad essere più compresi ed usati al giorno d’oggi.

Senso e concetto di Tradizione.

Per Tradizione si intende “trasmissione”, sottinteso di conoscenze; conoscenze tecniche, scientifiche, ma anche di ordine Spirituale.

Nell’antichità, e in modo simile sia in Oriente sia in Occidente, insieme ad una conoscenza tecnico-pratica e dei fenomeni naturali (oggi definibile come scienza) è sempre connessa con forti connotazioni Spirituali; non si può fare o conoscere nulla, se non si percepisce dietro l’Atto (compiuto o rilevato) una Divina Potenza, che tutto governa.

Per lunghi periodi della Storia, anzi fin nella profondità della Preistoria, prima di accedere ad una Arte pratica o ad un sistema conoscitivo o ad una Istituzione Religiosa o Spirituale , occorreva comunque un lungo Apprendistato ed una speciale procedura di Accesso Selezionato, detta “Iniziazione”.

Occorreva superare delle prove, anche fisiche, anche dolorose, per mostrarsi degni o degne per praticare qualsiasi attività.

Il massimo Maestro e guida di questo ambito è Renè Guenon (testi caratteristici: “IL Re del Mondo”, “Simboli della Scienza Sacra”), ma anche accademici come Mircea Eliade (“Arti del metallo e Alchimia”, Lo Sciamanesimo e Tecniche dell’Estasi”) o il suo allievo J.P. Couliano (“I viaggi dell’Anima”), Elemire Zolla, Robert Graves, che hanno scritto numerosi e fondamentali testi sulla Tradizione e sui suoi molteplici e complessi significati.

Ma mentre Renè Guenon rivendica il primato sempre e comunque del concetto di Tradizione Ancestrale (come del resto un altro autore come Julius Evola), gli altri, essendo degli Accademici moderni si adattano e adattano la loro esposizione al mondo di oggi, alla comprensione di coloro che OGGETTIVAMENTE non sono e non possono essere iniziati.

Certo è che per tutti i “tradizionalisti” la Rivoluzione Industriale e le sue premesse (come l’Illuminismo) sono malviste. E in buona parte con ragione. Oggi assistiamo alla maggiore degenerazione di questo evento, in sé ed all’inizio positivo.

Ma passiamo ora alla parte che interessa questa occasione, quella della “pratica” e della “teoria”, tecniche e saperi complessi e coerenti relativi all’ Arte del Sanare.

Tradizione Colta (La “Medicina Tradizionale Mediterranea”).

Per millenni Greci, Etruschi, Fenici, furono i migliori mercenari, corsari, briganti per conto di Egizi e altre Civiltà Mesopotamiche (Babilonesi, Assiri, Neo-Babilonesi), e nel VII° secolo esplose la Grande Scienza Greca. Fu la fusione tra molte Civiltà Millenarie che si concretizzò con la Medicina, l’Astronomia, la Matematica, la Filosofia Greche. Vedi anche gli studi di Egle Trovato e David Heath di Ragusa.

Poi con l’Ellenismo, cioè dal III° secolo a.C. si concretizzò l’indirizzo potentemente scientifico della “Grecità”. Unita al mondo Macedone, dal quale nasce (con Alessandro Magno) anche la conquista e quindi i contatti stretti con vari Paesi d’Oriente (dalla Persia, all’India, alla Cina!).

Sulla base di questi stretti contatti tra culture molto diverse, Occidentali e Orientali, nasce e si sviluppa la grande – e di fatto ancora comprensibile – cultura Occidentale e Europea. Le basi: Le Quattro Qualità (Caldo, Freddo, Secco, Umido), i Quattro Elementi (Fuoco, Aria, Acqua, Terra) e i Quattro Umori (Bile gialla, Sangue, Flemma e Malinconia). Su queste basi si fonda sia l’Arte Medica, e Veterinaria, sia la farmaceutica e la chimica/alchimia/spagiria, sia l’Arte Fisiognomica (fondamento di ogni sistema diagnostico) ma anche altri aspetti della Scienza Antica e i sistemi tecnologici, l’Astronomia e l’Astrologia, la Meteorologia, la metallurgia, la tintura tessile, l’edilizia, l’arte vetraria, l’agricoltura insomma tutte le conoscenze le arti e pratiche di epoca pre-industriale.

Emergono le alte figure dei medici come Ippocrate e le figure divinizzate e spostate in un epoca “al di là del Tempo” come Asclepio.

Infine emergono le figure soprattutto di Corte, in epoca Romana, come Galeno o nel Medio Evo Arabo-Islamico come Mesuè, Razes Avicenna. In Europa figure di Santi, come Santa Ildegarda di Bingen, ma in parallelo con la medicina colta e laica, nelle Università di Salerno e di Montpellier. Ciò proseguirà fino alla Rivoluzione Industriale e perfino oltre.

Tradizione Popolare (l’Erboristeria Tradizionale dei Popoli Mediterranei, in tutte le possibili varianti). Accanto alle classi dominanti delle varie culture, si affollano i Popoli, che hanno le stesse necessità. Anzi, fino ad una certa epoca, ambito colto e saperi e abilità popolari sono strettamente compenetrati. Il fabbro, il contadino, il vetraio, il tessitore ed il tintore DEVONO condividere saperi e abilità spesso comuni al medico, al notaio, all’architetto, al Principe (quale che sia).

Coll’allontanarsi tra di loro delle categorie sociali, mentre la Tradizione Colta si sviluppa per suo conto, anche quella popolare lo fa. Molte società tendono a chiudersi (vedi nell’economia dei villaggi sia durante l’Impero Romano sia – in modo diverso nel Medio Evo) e tendono a formarsi, in questi casi figure analoghe all’Antico Sciamano. Alcuni sono maggiori (i Grandi Guaritori), altri sono “minori”, come i guaritori familiari. In ogni famiglia, ma questo fino alla prima metà del XX° secolo, c’era una anziana o un anziano esperto di erbe, di cibi e di guarigioni.

Rammento gli esempi spesso riportati e desunti dalla Tradizione Popolare autentica:

  • Parietaria per colite (centro Italia) e emorroidi (sud Italia);

  • Agrimonia o Rose selvatiche bacche per le calcolosi renali;

  • Olmo, Sambuco, Salvia Pratensis e Iperico per le affezioni cutanee, dalle ustioni all’Herpes

  • Empiastri a base di farina di Fave e albume d’Uovo (e piante in sostituzione o Verbena o Crucifere) per la maturazione di ascessi e cisti purulente;

  • Piantaggine per ulcerazioni esterne o delle mucose interne.

Per alcuni, forse, banalità. Ma millenarie e……. funzionano.

Necessità e modalità di adattamento al Mondo di oggi, ai Tempi correnti.

Certo, oggi, soprattutto nell’Area degli Erboristi, può e deve consolidarsi (pena il totale spegnimento o assorbimento in figure che definire “minori” è dir poco) la ricerca, lo sviluppo, l’adattamento della Tradizione ai Tempi moderni. Tuttavia nel contempo è indispensabile che si manifesti una grande fermezza e fedeltà agli Antichi Principi.

Adattamento significa trovare il modo di comunicare in maniera semplice e chiara, sia all’interno dei gruppi e Associazioni professionali di Erboristi ed altri operatori della Salute (Medici e Farmacisti compresi) sia all’esterno, cioè al pubblico ed ai cittadini.

Adattamento per essere compresi (comunicazione), adattamento per la fabbricazione di prodotti rispettando sia i canoni-base del prodotto da riprodurre sia alle nuove tecnologie estrattive e preparative.

Ripeto: adattamento della COMUNICAZIONE, non dei concetti, che vanno salvaguardati e fedelmente riportati.

Sta qui, in fondo la vera difficoltà: entrare in un “altro mondo” quello della “mente antica” con la “mente moderna”. Si può. Basta rispettare i Principi, ma osservando accuratamente le reazioni di chi riceve la comunicazione. E qui grande aiuto lo dà la Fisiognomica!

Il corretto rapporto con la Scienza Moderna derivante dalla Rivoluzione Industriale.

Gli Antichi non avevano la nozione in termini moderni di quelli che oggi chiamiamo “principi attivi” e “fitocomplesso” (ovvero l’insieme di sostanze che compongono il contenuto delle piante, sia quelle considerate attive sia quelle considerate inerti; per la mente antica non esistevano “materie inerti”: tutto è vivo e attivo!). Tutte le culture, Occidentali e Orientali hanno osservato “sostanze” e “forze”, materia e energia, anzi, la parte più nobile e sottile di una certa “forza” sconfina nella realtà “sovrasensibile”, ovvero Spirituale.

Occorre usare quella che a volte mi è piaciuto definire “mente oscillante”, ovvero la mente moderna, del chimico e del tecnico farmaceutico e quella antica, del Sacerdote/Sciamano a volte del Mago (come è successo nel XVI° e XVII° secolo).

Conclusioni

Insomma, SI PUO’ salvaguardare la Tradizione Ancestrale con le sue basi, nella sua totale integrità. SI DEVE tuttavia fare un grande sforzo per poterla comunicare ai colleghi ed ai cittadini che in noi confidano.

Osservando dal punto di vista moderno le piante (principi attivi), se questa operazione la si svolge in modo appropriato vediamo come gli Antichi avessero già visto le stesse cose, ma a loro modo. Non dobbiamo fare confusione. Dobbiamo avere una accanto all’altra la “scheda della pianta” secondo Tradizione (servendoci soprattutto di Dioscoride, Galeno e Avicenna, che abbiamo in Archivio in copie conformi), ma anche la scheda chimica, farmacologica e tossicologica secondo la Scienza Moderna e fare continuamente un lavoro di comparazione.

Grazie alla Fisiognomica, possiamo leggere in modo completo la diagnosi semeiotica e strumentale del medico moderno, anche in questo caso comparando e notando attentamente analogie e similitudine.

Grazie alla Dottrina della Segnatura, osserviamo i segni della Natura in ogni dove, con la Fisiognomica nei corpi, con portamento, struttura e colori sulle piante, ma anche sui minerali ed anche sugli animali, che ci servono per comprendere al massimo grado le analogie.

Ringrazio Simone Iozzi, uno dei più grandi e primi (con Angelo Severi) veri Maestri, per essere presente.

Può darsi che dica cose un po’ diverse da come le ho messe io, ma se si fosse sempre e comunque d’accordo non saremmo Maestro e Apprendista. Avremmo fatto una setta!

Ringrazio poi il Consiglio Direttivo dell’Associazione “Erboristi Mediterranei”, in primo luogo il Presidente Aldo Galante e la Vice-Presidente Carmela Patania, che si sono impegnati alla realizzazione ed alla riuscita di questo storico evento.

Non so quanta gente ci sarà. Ma il luogo sarà PIENO delle Anime di chi non è potuto venire e di quelle Sacre dei nostri Antenati.

Saremo i Custodi della Tradizione.

 

 

Erboristi Mediterranei firma il protocollo d’ intesa con UNIPOSMS

La firma che sancisce il Protocollo d’intesa tra Erboristi Mediterranei e UNIPOSMS “Università popolare nuova Scuola Medica Salernitana” iscritta al Reg. Nazionale Ricerche del MIUR cod. 61589KCW è stata depositata a Salerno, in data 17 giugno 2016 presso l’ Istituto “S. CATERINA DA SIENA – AMENDOLA” dalla D.ssa Carmela Patania ( Vicepresidente di Erboristi Mediterranei) in presenza del Presidente UNIPOSMS Prof. Pio Vicinanza, del Preside ad Cathedram Prof. Carlo Montinaro e del Prof. Carlo Morelli.

La sinergia è mirata a diffondere e valorizzare la cultura e la tradizione della illustre Schola Salernitana. Nel 1231 l’ autorità della scuola veniva sancita dall’ Imperatore Federico II di Svevia, ” Stupor Mundi “, protettore delle arti e grande rinnovatore, uomo di ingegno e mente aperta.

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” L’ evento rappresenta anche uno dei rarissimi riconoscimenti di fatto ed in parte di diritto da parte di un organo dello Stato verso un’ Associazione di privati cittadini” Dott. Luigi Giannelli -Erboristi Mediterranei.

E’ solo l’inizio di un lungo cammino e di condivisione del sapere antico.

Erboristi Mediterranei ringrazia:
Prof. Pio Vicinanza
Prof. Carlo Montinaro
Prof. Carlo Morelli

Dott.ssa Eva Avossa: ViceSindaco di Salerno, Assessore alla Pubblica Istruzione ed Edilizia scolastica
Prof.ssa Anna Rita Carrafiello: Dirigente Scolastico Istituto “S. CATERINA DA SIENA – AMENDOLA” Salerno
Dr. Luigi Frezza: Segretario UNIPOSMS
e tutti coloro che hanno reso indimenticabile questo momento storico dell’ Erboristeria Tradizionale e che hanno creduto sin dal primo momento ad Erboristi Mediterranei.

Grazie

D.ssa Carmela Patania

” L’ uso delle erbe officinali dei Monti Iblei “

LOCANDINA - Siracusa - web

#‎ErboristiMediterranei‬ sostiene gli eventi delle associazioni come ‪#‎Herbage‬ che promuovono ” I saperi delle arti erboristiche ” e sostengono la figura professionale dell Erborista tradizionale.
Il tema dell ‘ incontro è basato sulle tradizioni erboristiche iblee, tra cultura e sviluppo economico.

Sicilia:
Siracusa: Centro Pio La Torre- Piazza Santa Lucia
venerdì 10 giugno h 18,00

Il Finocchio… e il suo essere poliedrico

fennel tea

“Farsi infinocchiare”, locuzione che significa “non farsi influenzare”, prende spunto proprio dal finocchio che era offerto dall’oste quando voleva dar da bere ad un cliente un vino scadente, il cui gusto veniva migliorato dal forte aroma. Il Foeniculum (dal latino “foenum”, fieno, per l’uso foraggero che se ne faceva) è stato coltivato dagli antichi romani per il suo frutto aromatico e la succulenta parte edibile (grumulo); i semi di finocchio sono stati trovati persino nelle tombe dei faraoni egiziani. Il finocchio è stato anche adoperato come un’erba magica: nel medioevo fu posto sopra le porte la vigilia di mezza estate per proteggere la famiglia dagli spiriti maligni.

È una pianta erbacea annuale, biennale o perenne alta da 40 cm fino a 2 mt; glabra e glauca, ha foglie con la base ingrossata e guainante ed in alto completamente divise in lacinie filiformi. La porzione appena interrata è di norma nodosa ed annulata (grumolo), da cui si dipartono i fusti; i fiori sono gialli disposti in ombrelle terminali; il frutto (comunemente chiamato seme) è un achenio lungo 4-7 mm.

Le varietà.
Esistono molte varietà di finocchio ed una classificazione è praticamente impossibile a causa della tendente ibridizzazione. Di Foeniculum vulgare subsp. vulgare esistono 3 varietà: la “vulgare” è il finocchio amaro, usato spesso per adulterare la varietà dolce nella produzione dell’olio essenziale, con una quantità inferiore di anetolo; la varietà “azoricum”, annuale, chiamato finocchio, finocchio di Firenze o anice, ha il grumulo dolce ed edibile; la varietà “dulce” chiamato finocchio, finocchio dolce o romano, ha un frutto più grande, molto aromatico, coltivato soprattutto per la pregiata qualità dell’olio essenziale, che viene raccolto a maturazione: è una varietà precocissima adatta per la semina.
La subsp. piperitum è invece il finocchio selvatico o pepato, specie perenne e nota pianta aromatica mediterranea utilizzata in cucina che si può trovare in diverse aree temperate del mondo fino ai 1000m di altitudine; è caratteristica lungo le strade, i sentieri e i luoghi aridi.
Le varietà descritte appartengono a due sub-specie che variano morfologicamente:

-nel numero dei raggi dell’ombrella, 12-25 o più nella subsp. vulgare e 4-10 della subsp. piperitum
-nella forma delle foglie, che sono flessibili e lunghe più di 10 mm nella subsp. vulgare, ridottissime e rigide nella seconda;
inoltre, quest’ultima è sempre perenne e non ha il grumolo, mentre la subsp. vulgare è spesso biennale ed ha un grumolo voluminoso ed edibile.

Tralasciando l’approvazione di tale sistematica, il Foeniculum vulgare Mill. potrebbe essere confuso con l’aneto (Anethum graveolens L.) e con il falso aneto per l’aspetto fogliare e il colore dei fiori, ma distinguibile dall’aroma dell’aneto in quanto più simile al cumino e da quello del falso aneto che è pungente e poco gradevole.

Usi tradizionali
È una pianta adoperata ampiamente nelle medicine tradizionali come la Ayurveda, Unani, Siddha, in quelle indiane e iraniane, con metodi di preparazione ed uso che fanno parte di una ben documentata letteratura etnobotanica. I frutti maturi e l’olio essenziale di finocchio sono usati come agenti aromatizzanti nei prodotti alimentari: i frutti in particolare sono utilizzati per produrre liquori, pane e formaggio, mentre l’olio essenziale è anche un ingrediente di prodotti cosmetici e farmaceutici.
Anticamente in Sicilia si masticava il finocchio selvatico o quello dolce per l’acidità di stomaco (oggi sappiamo che tale effetto va sfruttato in uno stomaco la cui mucosa gastrica è intatta), mangiato nelle minestre come galattogeno e nella galattorrea; veniva inoltre applicato per curare i “polipi agli occhi” ed usato come depurativo e diuretico il decotto dei semi. In Basilicata invece le foglie più tenere venivano masticate e bloccate sull’ulcera per curare le stomatiti mentre il decotto dei frutti veniva utilizzato per i disordini digestivi; in Liguria, come sedativo, si dava da mangiare ai bambini i germogli apicali; mentre a Roma invece si masticavano, o si usavano come condimento, i frutti per avere l’effetto galattogeno. Tradizionalmente in Europa e nelle aree mediterranee il finocchio è usato come antispasmodico, diuretico, antinfiammatorio, analgesico, secretomotorio, secretolitico, galattogeno e come collirio.

Usi medicinali
Viene utilizzato principalmente per la sua attività antispasmodica che ha trovato conferma anche da evidenze cliniche: agendo sulla funzionalità della muscolatura liscia migliora la spasticità nei disturbi gastrointestinali anche nei bambini (flatulenza, coliche gassose, sindrome del colon irritabile, colite cronica, dispepsie), mentre l’olio essenziale regolarizza la motilità e riduce la produzione di gas intestinale.
Alcuni studi farmacologici sembrano confermare l’attività espettorante dei frutti i quali stimolano la motilità ciliare dell’apparato respiratorio facilitando l’eliminazione dei corpuscoli estranei, l’olio essenziale invece stimola la contrazione della muscolatura liscia della trachea facilitando l’espettorazione.
L’effetto galattogeno sembra, da evidenze sperimentali, essere dovuto principalmente all’anetolo, il quale sembra sia di tipo selettivo nella ghiandola mammaria: esso (probabilmente meno potente dei suoi polimeri) compete con la dopamina, inibitore della prolattina, stimolando la produzione di latte.
Riguardo l’attività antimicrobica, la letteratura è ricca di dati: tutti gli studi sono stati effettuati sugli estratti grezzi ed è difficile individuare il metabolita antimicrobico attivo. Al di là di questo, l’olio essenziale non sembra avere un’attività antibatterica molto pronunciata, ma è risultato efficace ad ampio spettro su 25 ceppi batterici patogeni.
La Commissione E ha approvato l’uso interno dell’olio essenziale di finocchio per disturbi spastici del tratto gastrointestinale, sensazione di pienezza, flatulenza e anche per disturbi delle vie respiratorie superiori come il catarro; infatti il miele al finocchio è stato nello specifico raccomandato per contrastare il catarro nei bambini.

La composizione
Il finocchio è ricco di fibre e vitamine ed è una delle più alte fonti vegetali di potassio, sodio, fosforo e calcio. I carboidrati sono i macronutrienti più abbondanti in tutte le parti e vanno dai 18,44 ai 22,82 g / 100 g, mentre le proteine, gli zuccheri riducenti, e i grassi sono i macronutrienti meno abbondanti; le proteine ​​nello specifico variano tra 1,08 g / 100 g nei gambi e 1,37 g / 100 g nelle infiorescenze. Inoltre, le infiorescenze e i gambi hanno il più alto contenuto di grassi (1,28 g / 100 g) e minore è il contenuto dello zucchero (1,49 g / 100 g), rispettivamente, tra tutte le parti di finocchio. Le infiorescenze hanno i valori più alti di energia, mentre le foglie e steli ne hanno un contenuto più basso.
Sono state condotte molte ricerche fitochimiche, con risultati diversi, per analizzare la composizione dell’olio essenziale; ad influenzare la composizione dell’olio essenziale del finocchio sono le varietà, il tempo e il luogo di raccolta o di coltivazione, nonché la conservazione. I principali componenti sono derivati ​​dei fenilpropanoidi: trans-anetolo, estragolo (metil cavicolo), e poi alfa-fellandrene, limonene, fenchone, e alfa-pinene. È quindi molto difficile stabilire la quantità di estragolo effettiva presente nell’olio essenziale.

La presunta tossicità
Un lavoro pubblicato qualche anno fa su “Food and Chemical Toxicology“ ha suscitato una larga eco sul web e sulla stampa; in seguito a tale studio il finocchio è stato accusato di tossicità soprattutto se usato come decotto per i bambini: la sostanza imputata è l’estragolo, un fenilpropanoide presente in quantità variabili nel basilico, nel finocchio e nell’anice. Gli autori hanno misurato, in vari campioni di tisane al finocchio in commercio in Italia, il contenuto di estragolo: alcune di queste tisane conterrebbero quantitativi di estragolo che, a parere degli autori, potrebbero rappresentare un pericolo se assunti dai bambini nei primi mesi/anni di vita. Essi segnalano anche che alcune tisane solubili in vendita in Italia, appositamente formulate e commercializzate per lattanti e bambini, contengono quantità di estragolo che meritano attenzione.
Ciò che ha destato sospetto è la genotossicità in vitro e la cancerogenicità dell’estragolo in studi su roditori, l’interpretazione dei quali ha suscitato critiche e perplessità tra gli esperti. I motivi cruciali della disapprovazione riguardano precisamente 4 punti:
I dati ottenuti in modelli animali non sono sovrapponibili a quelli ottenuti negli esseri umani.
Le alte dosi di estragolo puro applicate negli studi non rappresentano le dosi reali a cui gli esseri umani sono esposti come consumatori di cibi e fitofarmaci contenenti tale sostanza. L’esposizione negli esseri umani avviene sempre a dosaggi molto più bassi e per tempi minori di quella a cui sono stati sottoposti gli animali da laboratorio, molte volte viene somministrato estragolo per quasi tutta la vita dell’animale da laboratorio.
Gli studi sul metabolismo dell’estragolo rivelano differenze quantitative tra il metabolismo dell’estragolo nei topi e negli uomini.
È stato dimostrato che una sostanza somministrata in forma isolata può avere effetti significativamente diversi dalla stessa assunta nel suo fitocomplesso.
I suddetti elementi non sono stati considerati nella valutazione del rischio nella misura in cui questa dovrebbe comunque essere basata su dati adeguati raccolti in studi relativi agli esseri umani. C’è anche da tenere presente che non esistono studi epidemiologici e clinici che possano confermare la cancerogenicità osservata nell’animale da esperimento, ma considerando il lungo uso tradizionale dell’infuso di finocchio, la probabilità di un grave rischio è trascurabile.
Una miscela multicomponente come l’infuso di finocchio contiene sostanze che potrebbero ridurre notevolmente gli effetti tossici di alcune molecole presenti le quali, valutate singolarmente, sono dannose: l’estragolo puro ed i suoi metaboliti sono infatti inattivati da molte sostanze contenute nel decotto e nell’infuso; i conseguenti effetti avversi sono ridotti quando l’estragolo è ingerito nel proprio contesto fitochimico.
L’estragolo è metabolizzato lungo una serie di pathway metabolici tra cui O-demetilazione (che dà il cavicolo), epossidazione del doppio legame, 1′-idrossilazione e degradazione ossidativa della catena laterale di acidi carbossilici. Le dosi alte conducono alla saturazione di alcuni sistemi enzimatici che causano l’attivazione di reazioni metaboliche alternative come la 1′-idrossilazione che, nel topo, è la principale via metabolica che determina la produzione di derivati ​​con maggiore potenziale cancerogeno (1-idrossiestragolo). Jeurissen et al. (2008) hanno dimostrato che un estratto metanolico di basilico è in grado di inibire il legame del metabolita 1′-idrossiestragolo al DNA, sia su DNA in vitro sia su cellule di epatomacarcinoma HepG2 intatte, bloccando quindi il meccanismo responsabile dell’avvio del danno cellulare. L’attivazione dell’estragolo, dei suoi metaboliti ed i conseguenti effetti avversi sono quindi ridotti quando l’estragolo è ingerito col suo fitocomplesso rispetto a quando viene somministrato come sostanza isolata. A questo proposito si conferma dunque l’ipotesi che altre molecole presenti nell’estratto sono in grado di bloccare il meccanismo responsabile dell’avvio del danno cellulare.
Altra critica si può fare alla modalità di somministrazione dell’estragolo nei topi: essa viene eseguita in pochi minuti mediante siringa o sondino gastrico (gavage) ed è di fatto insolita nell’uomo; il rischio di tossicità potrebbe aumentare perché l’assorbimento è più veloce e si espone il fegato ad alti livelli della sostanza. Tale somministrazione può alterare il metabolismo e produrre effetti tossici che non si verificano quando la stessa dose giornaliera viene somministrata con la dieta. L’uomo in genere ingerisce minori quantità della sostanza che si trova nel proprio contesto fitochimico, non tutti i giorni né per lunghi periodi. Le piante la cui composizione comprende estragolo non fanno tra l’altro parte dell’alimentazione abituale del topo bensì dell’uomo, il quale è esposto da millenni a quantità normali di estragolo, e quindi potrebbe essersi adattato sviluppando, rispetto al topo, una diversa tolleranza.

EFSA ed EMEA hanno preso posizioni allarmistiche al riguardo, effettuando misure cautelari estremamente rigide. Tale difesa nei confronti della salute non ha però fondamenti scientifici diretti; potrebbe anche avere un seguito se si facesse riferimento all’uso dell’estragolo come singola sostanza chimica (ad esempio come additivo alimentare), ma non è così; il timore della tossicità è attribuito impropriamente al pool di sostanze che sono il risultato del processo fitochimico della pianta. Relativamente all’estragolo assunto unitamente ai costituenti chimici naturali dell’estratto o dell’alimento, consumati da sempre dall’umanità, si viene a distinguere la natura del discorso riguardante l’estragolo puro. FAO e WHO si sono posizionati invece su livelli molto più rassicuranti, mentre FAO e OMS pongono importanza sul fatto che l’uomo non assume estragolo in forma isolata e a dosaggi elevati, ma solo a piccolissime dosi ed all’interno di un pool di sostanze presenti in alimenti e piante officinali; ipotizzano che il metabolismo di questa sostanza sia significativamente diverso nell’uomo da quello che è stato osservato in vitro ed in vivo come sostanza isolata.
È necessario evidenziare che, secondo moderne indagini antropologiche ed evoluzionistiche, il mantenimento di determinate abitudini alimentari è associato ad una migliore capacità di sopravvivenza; non è quindi né utile né costruttivo puntare il dito sulla sostanza contenuta in una pianta senza considerare altri fattori che sono determinanti. Tutto sommato, di fatto, il finocchio rientra in abitudini alimentari e mediche antiche ed ha sempre conservato una reputazione positiva.

Dott. Fabio Milardo
Fonte: L’ Erborista n° 1/2016

#chiedi_scusa_agli_erboristi

Giovedì 28 aprile, nella trasmissione di Rete 4, Forum, la conduttrice, la giornalista Barbara Palombelli introduce la puntata che verte su un problema di tossicodipendenze.
Rilascia, però, una frase infelice…
Noi Erboristi, siamo sicuri che il suo non sia un suo attacco contro di Noi Erboristi, ma che sia frutto di vecchi PREGIUDIZI.
Purtroppo, l’attacco nei nostri confronti non è isolato.
Guardate Voi stessi cosa abbiamo da dire in proposito Noi Erboristi.
Buon divertimento!
Se vi piace, condividete con l’hashtag:
#chiedi_scusa_agli_erboristi

 

Bartolomeo Antonio Scalzi

 

https://www.youtube.com/watch?v=Ep-k0qg5i9Y&feature=youtu.be

ABC dell’ Erboristeria Tradizionale a cura della D.ssa Carmela Patania ” C “

Questa volta ho temporeggiato poiché  le ” C  pretendenti ” erano tantissime. Sarà perché è l iniziale del mio nome quindi mi sentivo ” più responsabile ” o forse perché  il periodo storico che stiamo vivendo, intriso di veloci cambiamenti, ha influenzato i miei pensieri, ma alla fine ho scelto una parola del Trecento ovvero la ” C di Contezza “.

Sino a qualche mese fa non utilizzavo spesso questo termine poiché mi sembrava troppo arcaico, ma facendo attenzione, lo sentivo spesso pronunciare da oratori che trattavano tematiche sensibili alla Natura e al Creato. Da brava curiosa ho cercato  il suo significato più profondo e ho ritenuto di inserirlo nella rubrica dell’ Erboristeria Tradizionale.

L’ Erborista Mediterraneo è colui che conosce ogni singolo prodotto della sua bottega, possiede familiarità delle meravigliose piante officinali che conserva con cura in Erboristeria, rende noto al cliente con semplicità di linguaggio ed entusiasmo delle piccole scoperte e curiosità  che trova sui testi o in campo aperto o dalle interviste fatte agli anziani del paese, tutto ciò per conoscere le poliedriche funzionalità di ogni singola pianta.

L’ Erborista Mediterraneo ha contezza del suo mestiere e delle piante officinali.

A presto

Carmela

 

UNA QUESTIONE DI BUON SENSO

 

In risposta alla questione sollevata da alcuni colleghi Erboristi sull’acritica valutazione dei testi tradizionali ,delle medicine e tradizioni popolari e la contestualizzazione del pensiero di Paracelso sui Nuovi e vecchi dogmi :

“Indubbiamente l’argomento è interessante e meriterebbe ben altro spazio che non un forum su fb, comunque ci piacerebbe dire la nostra visto che ci picchiamo di essere “tradizionalisti”. Prima di tutto bisogna dire che qualsiasi riprosizione acritica, dal nostro punto di vista, è sbagliata, e questo include la scienza moderna altrimenti dovremmo accettare la cancerogenicità del finocchio e persino della lavanda (quest’ultimo studio è stato pubblicato in Inghilterra e per fortuna è passato quasi inosservato). Quindi il senso critico è una virtù da coltivare sempre e comunque e chi non ce l’ha farebbe bene a procurarselo. Per quel che riguarda Paracelso, data la mole immensa del suo lavoro, andrebbe interpretato per l’appunto in modo critico e non estrapolando un solo passo da un singolo testo. Così facendo, emerge chiaramente che più che con Galeno o con la dottrina degli umori, che altrove peraltro colloca tra le vie per la salute, sebbene non la più importante, ce l’ha con il galenismo della sua epoca, e cioè con gli accademici suoi contemporanei. Del resto la ricerca alchimica è una ricerca aristotelica a tutti gli effetti, e non poteva essere altrimenti, avendo come oggetto d’indagine il quinto elemento, quello invisibile riconducibile al “divino”. Che poi qualcuno, anche se vorremmo sapere chi visto che tra le nostre conoscenze tra colleghi non ce n’è che si comportino così, riproponga acriticamente le ricette di Ildegarda o di Galeno solo perché di Ildegarda o di Galeno certamente sbaglierebbe. Riproporle però a fini esemplificativi e didattici, per mostrare come si praticava la medicina una volta e per mostrare un punto di vista che ha permesso, e questo va detto, a tutta la tradizione erboristica di arrivare fino ai nostri giorni, è a nostro giudizio opera meritoria, se si recidono le radici l’albero muore. Quindi, facendo la sintesi, nessuna accettazione acritica di nessuna dottrina, antica o contemporanea, i paradigmi cambiano ma le erbe e gli erboristi (speriamo) restano, finora almeno è stato così.”

ABC dell’ Erboristeria Tradizionale a cura della D.ssa Carmela Patania ” B “

La seconda lettera dell’ alfabeto è la B di Beltà.

Studiando i testi antichi, ciò che mi affascina oltre al contenuto e alla tematica è  leggere vocaboli che ad oggi non sono in uso nel linguaggio volgare. La  beltà ovvero la bellezza dello spirito,  per gli antichi era lo scopo da raggiungere in ogni loro composizione artistica e culturale. Mi piace riconoscere all’ Erborista tradizionale la ricerca della beltà nel suo operato quotidiano rispetto i clienti, le piante officinali che non solo vende ma in primis custodisce con accuratezza  e precisione e non per ultimo nei confronti del lato estetico dell’ Erboristeria. L’ amore e la passione di questo mestiere, antico e tramandato, si percepisce non solo nella sua formazione professionale ma anche nella creazione di un luogo ove la tranquillità fa da benvenuto al cliente e si percepisce lo stato proprio della bellezza. Lo stato di serenità così indotto nel cliente è utile per conoscere e  ricercare quale disarmonia abbia creato il malessere. L’ individuo è come un seme, germina solo nel momento in cui le condizioni ambientali e i fattori biotici  sono ottimali.

Grazie e buon lavoro

Carmela