Archivi categoria: Altri articoli

Camomilla Comune

di Eleonora Zilli:

E’ una pianta erbacea spontanea che cresce “appresso alle vie e nei prati”[1], il suo nome è Camomilla comune (Matricaria camomilla L.) e l’odore dei suoi fiori è soave.

E’ delicata, e “nella sottilità sua simile alla rosa”[2].

Utile all’uomo perché mitiga e ammorbidisce, scaldando moderatamente. Quindi sgonfia.

Riscalda lo stomaco e mitiga i dolori del ventre. Per questo si usa anche esternamente, massaggiando l’olio caldo nel quale la si è cucinata, anche sul collo dolorante. Rilassa la muscolatura dell’utero e dell’intestino.

L’infuso lenisce la pelle irritata e sensibile, dissecca fistole, eritemi umidi e ferite putride.

L’impacco sugli occhi rinfresca e scioglie l’orzaiolo.

“I savi d’Egitto consacrarono la camomilla al sole, reputandola unico rimedio delle febbri”[3].

Associata al fegato e alla milza, perché “ferma la flession degli humori, corregge le male qualità, conferisce (giova) à i nervi, e à i membri nervosi”. Dunque apre e libera dalle ostruzioni di fegato, milza e reni, fluidificando.

Si utilizzava anche come antispasmodico nei casi di epilessia.

La si considera quindi il “rimedio calmante tipico sia dei fatti nevralgici sia dei fenomeni spastici”[4].



[1] Castore Durante, Herbario Nuovo, 1585

[2] Castore Durante, Herbario Nuovo, 1585

[3] Giuseppe Donzelli, Teatro farmaceutico dogmatico e spagirico, 1704

[4] Giovanni Negri, Nuovo Erbario figurato, 1904

Visione d’insieme

di Massimo Rossi, Biologo, Consulente aziendale

 

 

 

I rischi della Ricerca analitica: perdere di Vista il Tutto

Nello studio delle attività biologiche e farmacologiche delle piante, la tendenza corrente punta l’attenzione sulla stretta verifica sperimentale, prima in laboratorio su modelli animali, poi sull’uomo, per provare le evidenze terapeutiche.

Si valuta una proprietà alla volta, cercando di individuare i meccanismi biochimici coinvolti, si misurano le intensità d’azione e si controlla l’apparire di effetti collaterali, di interazioni con altri farmaci e quindi di controindicazioni.

 

Virtù trascurate

La storia sociale di una pianta, il suo portato tradizionale e le osservazioni empiriche sedimentate sono viste come pedana di partenza per costruire congetture da vagliare sperimentalmente.

Delineata l’ipotesi, le stratificazioni di conoscenza vengono abbandonate, se va bene, alle cure degli umanisti (storici, antropologi, etnologi, quasi mai i poeti), con lo scarso valore che a tali cure vengono attribuite.

Accade così che, paradossalmente, ad una pianta con una ricca e complessa tradizione di usi diversi venga oggi attribuita un’unica virtù, la sola su cui si è indagato approfonditamente, e che tutto il resto si perda come non esistesse.

Si focalizza l’attenzione su un principio attivo e sul suo ruolo biochimico, mentre la costellazione di altri componenti, ciascuno dotato di proprietà altrettanto nobili, viene trascurata e messa in un angolo. Anzi, capita spesso che la si veda come impaccio.

Come frequentemente accade, per illuminare un elemento si perde di vista complessità e memoria.

 

Un bell’Esempio

Quando si presentano nuovi Macerati di Pianta Fresca si ha invece ben chiaro il fine che ci si propone, contribuire cioè a portare alla luce il giusto impasto di tradizione erboristica, di clinica empirica riaggiornata e di ricerca scientifica. Un esempio può forse servire.

In Europa, l’uso del Crespino (Berberis vulgaris L.) fu incorporato dalla dottrina delle signature in ragione del colore giallo della parte interna della corteccia delle sue radici, che ne indicava il pregio come rimedio per i mali del fegato e della cistifellea. Per analogia con la causalità epatica delle malattie febbrili e infiammatorie, si estendevano le proprietà delle radici alla cura delle febbri intermittenti (malaria) e acute, alle infezioni urinarie e intestinali.

Nel secolo scorso l’interesse si puntò quasi esclusivamente su un singolo principio attivo del fitocomplesso, la berberina, e sulle sue attività antibatteriche,  antiparassitarie, antinfiammatorie e antiaritmiche. A causa di questa prevalente focalizzazione sulla berberina e su sostanze ad essa analoghe, si perdevano di vista le tracce della complessità della pianta lasciate nella storia umana.

 

La Madre rivela

La rilettura attenta delle ricerche pubblicate, invece, mostra che molte delle attività riscontrate sono coerenti con le caratteristiche del fitocomplesso di Berberis, ottenibile per estrazione nella preparazione della Tintura Madre.

Il quadro che se ne può desumere è quello di un regolatore funzionale dell’attività epatobiliare e renale in condizioni di stasi da stress provocato da agenti infettivi o infiammatori.

È chiaro che la regolazione indotta da Berberis si riflette sulle condizioni di apparati che sono fisiologicamente in connessione con le mansioni di drenaggio del fegato, della cistifellea e dei reni, come la pelle e il sistema immunitario.

Possiamo osservare evidenze analoghe anche ripercorrendo la storia di altre piante, che nel corso del tempo sembravano aver perso di interesse, se non a titolo etnobotanico. Il loro recupero razionale, non avulso dalla tradizione, può restituirci strumenti utili e flessibili.

Oligoelementi e Oligoterapia (seconda parte)

Di Elena Radici, seconda parte:

 

3- LE REAZIONI BIOCHIMICHE

Le reazioni chimiche, in generale, avvengono solo in determinate condizioni e a determinate velocità, esistono, infatti, reazioni chimiche che procedono ad altissima velocità ed altre che sono, invece, estremamente lente.

Questa velocità si può modificare ed, in effetti, viene influenzata da sostanze chiamate Catalizzatori. Esse non modificano la reazione, ma le forniscono una “strada” alternativa più veloce.

In pratica, una reazione, in presenza di un Catalizzatore, acquista (nella maggioranza dei casi) una velocità di reazione maggiore.

Questo fenomeno viene chiamato Catalisi.

Il nostro organismo funziona grazie a Reazioni Biochimiche estremamente veloci: nelle Cellule avvengono una quantità enorme di reazioni in frazioni infinitesime di secondo.

Le condizioni di Temperatura (37°C circa), Pressione atmosferica (normali, circa 1) e PH (vicino alla neutralità) del nostro organismo (quindi il luogo dove avvengono queste reazioni) sono particolarmente blande e certo da sole non permetterebbero alle Reazioni Biochimiche di avvenire in tempi così brevi, compatibili con la vita.

Per questo motivo il ruolo dei Catalizzatori, ovvero degli Enzimi, è così importante, vitale.

Torna all’inizio della Pagina

 

4- GLI ENZIMI

Abbiamo detto che gli Enzimi sono dei Catalizzatori biologici, sono responsabili del regolare svolgersi delle reazioni biochimiche sulle quali si fonda l’equilibrio metabolico del nostro organismo; quindi sono indispensabili alla vita e al benessere del nostro organismo.

Sono stati isolati e studiati e si è visto che un gran numero di Enzimi contiene un Oligoelemento o comunque funziona solo in presenza di un Oligoelemento, perciò anche essi sono indispensabili alla vita e al benessere del nostro organismo.

Una carenza di Oligoelementi può quindi portare ad un blocco, sia pure parziale, di un sistema enzimatico, con conseguente squilibrio metabolico e ripercussioni negative sulla nostra salute.

 

5- CONCETTO DI AMETALLOSI

“Ametallosi è una carenza locale o generale, momentanea o persistente, continua o intermittente di ioni metallici necessari per lo svolgimento delle reazioni metaboliche che non possono effettuarsi in modo fisiologico senza la loro partecipazione”

(Claude Meunier, ricercatore francese)

 

L’Ametallosi quindi è alla base di uno squilibrio metabolico che si ripercuoterà inevitabilmente sullo stato di salute: questa compromissione metabolica sarà cioè l’effetto di una carenza anche parziale di oligoelementi nel nostro organismo.

Possiamo sintetizzare e chiarire questo concetto con un piccolo schema:

 

Ametallosi >> Deficit di attività enzimatica >> Dismetabolismo >> Malattia funzionale

 

Questa correlazione è tuttavia reversibile.

E’ provato infatti che reintroducendo gli oligoelementi metallici carenti, prima che la malattia provochi lesioni irreversibili, si corregge lo stato di Ametallosi, si compensa il deficit enzimatico, si riequilibra il metabolismo e pertanto si ritorna allo stato di salute o quantomeno si blocca l’evoluzione della malattia funzionale.

(E’ questo meccanismo compensativo che ci fa paragonare gli oligoelementi alle vitamine, tanto che alcuni ricercatori chiamano gli oligoelementi “vitamine inorganiche”)

 

 

6- L’AZIONE CATALITICA DEGLI OLIGOELEMENTI

L’impiego terapeutico degli oligoelementi è senz’altro basato sulla necessità di correggere eventuali carenze, ma questa azione primaria non è l’unica.

Va riconosciuta agli oligoelementi un’altra azione che è sempre di tipo catalitico e che

 

“è orientata verso la regolazione degli scambi ionici. E’quest’ultima azione che ci sembra costituire la base della Terapeutica Funzionale. In effetti certi oligoelementi (elementi chimici denominati -di transizione-) sembrano dotati di caratteristiche fisiche atte a favorire gli scambi ionici proprio per la loro struttura elettronica”.

(J. Ménétrier)

 

Questa azione catalitica di tipo enzimatico avviene grazie alla forte diluizione e ionizzazione dei preparati oligoterapici.

Questi scambi ionici, questa particolare reattività chimica, che si traduce in una altissima biodisponibilità, consentono agli oligoelementi di intervenire in maniera correttiva sui terreni organici*.

Si tratta cioè di un intervento sulla globalità diatesica* tant’è che vedremo modificarsi sia le caratteristiche intellettuali, psicologiche, fisiche che le manifestazioni pre o parapatologiche.

Quand’anche non si arrivi alla guarigione, si determina comunque un miglioramento netto e generale, così come si potrà agire positivamente nei trattamenti preventivi delle varie patologie.

Si tratta quindi di due azioni distinte: una che corregge una determinata carenza e l’altra che produce una regolazione ionica.

La Medicina Funzionale, tramite l’impiego della terapia catalitica con gli oligoelementi, si indirizza “innanzitutto verso i meccanismi intimi della materia vivente per regolarizzarli”, riportando cioè ordine e armonia dove vi è squilibrio e disarmonia.

In questo senso l’Oligoterapia deve essere considerata come trattamento causale che tende a rimuovere, in senso globale, le cause e non solo gli effetti del disordine diatesico*.

 

*Questi termini verranno spiegati meglio nel prossimo paragrafo dove entreremo nel vivo dell’Oligoterapia.

 

7- DIATESI E TERRENO ORGANICO

Con il termine Diatesi, nella medicina classica, si definiva la predisposizione di un soggetto a contrarre una determinata malattia.

Ménétrier ampliò questa definizione identificando con la parola Diatesi la tendenza morbosa generale del terreno di un soggetto prendendo in considerazione

le caratteristiche intellettuali (memoria, capacità di concentrazione, creatività…),

quelle psicologiche (atteggiamento nei confronti della vita, ottimismo, pessimismo, indifferenza…),

il tipo di sonno del soggetto e la sua stancabilità,

oltre ovviamente alla predisposizione a contrarre certe malattie.

Egli suddivise i suoi pazienti in 4 gruppi omogenei, cioè in 4 Diatesi che chiamò così:

 

Diatesi 1 o Allergica

Diatesi 2 o Ipostenica

Diatesi 3 o Distonica

Diatesi 4 o Anergica

 

Egli somministrò particolari miscele di oligoelementi ad ognuna delle 4 Diatesi fino alla scoperta della risposta significativamente positiva di una di esse alla somministrazione di un particolare oligoelemento o miscela di oligoelementi che vennero, pertanto, definiti “Diatesici”.

Scoprì così che la Diatesi 1 o Allergica rispondeva positivamente al Manganese, quella Ipostenica al Manganese-Rame, quella Distonica al Manganese-Cobalto e quella Anergica al Rame-Oro-Argento.

Dosi piccolissime, dell’ordine dei millesimi di milligrammo di sali di questi metalli, altamente ionizzati, che venivano somministrate per via perlinguale (sotto la lingua) con posologie abbastanza rarefatte, 2-3 volte alla settimana, davano risultati estremamente interessanti in molte patologie funzionali.

Da questi risultati ebbero il via numerosissime sperimentazioni in tutta Europa. L’impiego degli oligoelementi si estese coinvolgendo altre miscele e altri metalli e metalloidi che divennero complementari alle miscele Diatesiche.

 

Bibliografia:

Alfredo Torti “Il presente terapeutico degli oligoelementi”, Giuseppe Maria Ricchiuto Editore

M. Deville, F. Deville “Gli Oligoelementi” Edizioni Mediterranee

Intervista a Luigi Giannelli. Lo scopritore della Medicina Tradizionale Mediterranea

intervista di Sara Sottoriva ,Ira Archilei e Dina Liuzzi a Luigi Giannelli, laureato in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche.
Specializzato in Scienze e Tecnologie Cosmetiche e diplomato in Erboristeria, dal 1977 si occupa specificamente della ricerca,traduzione e comparazione di opere mediche di epoca pre-industriale,romane e medievali. Nel 1994 fonda e coordine l’attivita’ dell’Archivio di medicina Tradizionale Mediterranea.

Psicosomatica e MTM

di Paolo Ospici   La psicosomatica è una disciplina che si è aperta uno spazio vieppiù crescente nell’ambito dell’ufficialità al punto che molto spesso sindromi o patologie di non chiara origine vengono bollate come psicosomatiche e tanti saluti. In realtà si tratta di una disciplina da prendere sul serio, sopratutto per quel che riguarda le connessioni tra psiche e soma, che secondo questa visione, come in quella antica, sono entità non separate ed indivisibili, appunto in-dividuali. Prende le mosse dall’osservazione che le emozioni, specie quelle non elaborate, hanno evidenti effetti a livello somatico dapprima da un punto di vista energetico e poi, se lasciate a se stesse, anche a livello organico fino a sfociare nella patologia vera e propria. Inoltre, ed è acquisizione più recente, non solo gli aspetti emozionali influenzano il soma, ma gli aspetti somatici influenzano le emozioni. E’ noto che i nervi che regolano i visceri sono bidirezionali, cioè l’informazione viaggia sia in senso efferente che afferente. Per questo, non solo un “cattivo pensiero” o emozioni negative possono somatizzarsi, ma disturbi di vario tipo che affliggono un organo possono influenzare lo psichismo e la sfera emozionale. E’ anche noto che diverse emozioni hanno una loggia preferita, un organo nel quale si depositano, come ad esempio la rabbia nel fegato o la paura nei reni. Se l’emozione viene vissuta, elaborata, allora l’energia ad essa collegata viene “digerita”, viceversa tende a depositarsi, a cristallizzare, e quindi a cronicizzarsi. Il percorso è questo: disturbo dapprima a livello energetico, poi, se lasciato a se stesso infiammazione con o senza flogosi, da ultimo cronicizzazione con “cristallizzazione”dell’emozione a livello tissutale. Siamo nel regno dei fiori di Bach, grandi rimedi della sfera emozionale, oltre che dei rimedi tradizionali drenanti. Quanto sopra è perfettamente coerente con quanto tramandato dallatradizione ippocratica. Infatti, non solo le emozioni sono collegate ad organi, ed un’emozione “pesante” dovrebbe essere trattata allegerendo l’organo corrispondente, ma il quadro evolve in una direzione ben precisa e si passa da una prima fase, sintomatica, essudativa o meno con infiammazione, gestita essenzialmente da bile gialla e flemma, ad una fase cronica, degenerativa a carattere splenico.

Nella prima fase sintomatica, che è però già secondaria rispetto all’emozione depositata che l’ha provocata, giova ricordarlo, si tratta l’infiammazione e/o la flogosi con i rimedi drenanti della bile gialla e/o flemmagoghi. Quindi curcuma, rabarbaro, elicriso o altri drenanti biliari, da utilizzarsi secondo la localizzazione del disturbo, insieme ad Acer, Ribes ed eventualmente altri rimedi maggiormente provvisti di tropismo d’organo nel primo caso; nel secondo, quando predomina l’aspetto flemmatico, flemmagoghi come enula, ireos associati a Alnus glutinosa e rimedi gemmoterapici con tropismo d’organo. Più complicato è risalire all’emozione cristallizzata, essendo spesso trascorso del tempo tra il momento emozionale e quello somatico. Tuttavia, la localizzazione ovvero la profondità del disturbo possono aiutare a retrodatare l’episodio emozionale alla base del malessere e quindi guidare nella scelta dei rimedi floreali adatti. Per esempio, una gastrite cronicizzata rimanda ad un’emozione non digerita, riconducibile a rospi indigeriti, rancori dovuti a torti, episodi vissuti il cui ricordo “da la nausea”, e quindi trattabile in primis con Holly ed eventualmente Willow, mentre un acuto può essere collegato ad un episodio recente e quindi più rabbiosa (ancora Holly ma attenzione alla bile gialla!). Parimenti, una cistite cronica e recidivante racconta di paure non superate, forse addirittura traumi adolescenziali, e quindi Aspen, Mimulus e Star of Bethlem, il grande solvente delle emozioni cristallizate; una cistite acuta uno spavento più o meno recente oppure un evento rispetto al quale ci si sente impotenti (non bisogna dimenticare che la paura è una reazione di difesa verso qualcosa che si crede, a torto o a ragione, di non poter affrontare). In questo caso, potrebbero tornare utili fiori legati all’insicurezza, caratteriale o momentanea, come Larch o Elm magari associati a Gentian che dona fede a chi non crede, in se stesso o in altro. In ogni caso, la cronicizzazione complica le cose da un punto di vista somatico perché coinvolge la melanconia e quindi la milza. Come conseguenza, anche il sangue, umore compensativo rispetto alla melanconia, entra a far parte del quadro richiedendo grande attenzione e capacità di analisi da parte dell’erborista. L’artrite lasciata a se stessa prima o poi diventa artrosi ed allora non basterà certo l’artiglio del diavolo o il Ribes nigrum, ma bisognerà intervenire con nutritori della milza come l’equiseto, e gemmoderivati “ricostruttori” come Tamarix e Pinus. Allo stesso modo, più un’emozione che ha causato un determinato disturbo è antica, cristallizzata, profonda, più sarà difficile farla emergere. Non si può escludere, anzi è auspicabile, che le cronicità si risolvano passando per l’acuto, segno inequivocabile di riemersione di un malessere antico e “dimenticato”. Siamo nel campo della Star of Bethlem, il rimedio d’elezione per tutti quelli che hanno perso il sorriso, il gusto di vivere ed appaiono ingrigiti anche nell’aspetto, plumbei, quasi saturnini. Grande rilevanza in questo caso va dato al magnesio; non ci si sofferma mai abbastanza sul ruolo di questo elemento nel ciclo della natura ma basti pensare che è grazie ad esso che l’energia del sole entra, attraverso la clorofilla, nel ciclo della vita per capire come sia capace di portare la luce dentro al buio di una lunga notte grigia e melanconica. Giovano inoltre tutti i rimedi che generano sangue e scaldano il cuore, a partire dal marrobio. Chi del resto non ha provato l’esperienza di aver voglia di dolce in un momento di tristezza? Tipico caso di compensazione attraverso il cibo cartina di tornasole di un bisogno urgente emerso dall’eccesso di un umore sovrabbondante, la melanconia, da compensare con il suo contrario, il sangue. La schiena è un vero e proprio tesoro di informazioni da analizzare in profondità. Essendo la parte posteriore del corpo ha a che fare con tutto ciò che abbiamo “buttato dietro le spalle” ma che non è stato metabolizzato a sufficienza. Quando qulacuno quindi accusa mal di schiena non ci si dovrebbe limitare al solito trattamento antiinfiammatorio, utile ma non risolutivo, ma provare a far emergere le emozioni che a quel dolore hanno dato origine. La localizzazione del dolore può dire molto: collo, zona cervicale, può essere collegata alla catena, alla sensazione di non essere liberi ma vincolati a scelte e decisioni altrui. Cerato, Centaury e, per alcuni aspetti, Red chestnut sono fiori che potrebbero essere utili in questo disturbo. Alle volte può essere legata ad una grande capacità di sopportazione, ma che porta a pagare un prezzo in termini di irrigidimento del collo. In questo caso, dato che si sopporta per quieto vivere, Agrimony e di nuovo Centaury (chi sopporta per troppo amore) sono esempi di fiori di riferimento. Se il problema coinvolge la parte superiore delle spalle, allora si sta portando un peso eccessivo (complesso di Atlante) e bisogna liberarsene. Oak, per i soggetti forti sul piano prevalentemente fisico, o Elm, per quelli che lo sono sopratutto sul piano psichico, possono essere spesso i fiori da associare. Se il peso eccessivo è oggettivo e non soggettivo, utilizzare eventualmente Hornbeam, il fiore di chi si alza la mattina appesantito dalla rugiada accumulata durante la notte. In questo caso è di grande importanza anche una dieta non umidificante, giacché appesantisce e renderebbe più problematico un recupero psicofisico, e, se ci sono concomitanti sintomi di eccesso di umidità, scaldare e tonificare lo stomaco per evitare che il soggetto possa arrivare all’immunodepressione. Alle volte il dolore tra collo e spalle indica un attegiamento diverso, dovuto all’assenza di senso di responsabilità o alla viltà, e quindi il soggetto, come la tartaruga nel carapace, si ritrae contraendo il collo verso le spalle. In questo caso, Aspen, Mimulus, Larch (se il soggetto si ritrae per scarsa fiducia in se stesso) e, di nuovo, la Star of Bethlem per eventuali traumi interiori non rimossi. Anche in questo caso ci vuole attenzione all’umidità, dato che la pavidità è caratteristica flemmatica, e quindi trattare il dolore eventuale con piante che drenano umidità tipo salsapariglia. Se si ha il rachide che appare rettilineo, allora si può ipotizzare rigidità dall’essere “tutto di un pezzo”, con eccessivo senso morale o del dovere. Rock water, eventualmente Vervain (in questo secondo caso probabilmente il soggetto ha o ha avuto problemi di tipo dermatologico ascrivibili a bile gialla), anche Oak per coloro che sono forti ma non incrollabili. La zona scapolare è collegata ai pesi da portare, il fardello, lo zaino emotivo che grava sulle spalle di qualcuno. Spesso siamo ancora nell’ambito di Oak, e il soggetto sopporterà con fierezza il peso, altrimenti si lamenterà ed allora bisognerà guardare ad altri fiori. Qualche volta si tratta di persone individualiste, poco tolleranti, che scelgono di fare da soli per la scarsa attitudine a lavorare con altri. Allora il fiore di riferimento sarà Beech, visto che lo zaino se lo sono caricate volontariamente rifiutando l’aiuto altrui. La zona interscapolare è quella della coltellata lla schiena, tipica di chi ha subito un torto, reale o presunto, e non riesce a superare il rancore (notare somiglianze con lo stomaco, verificare dispepsie). Holly prima di tutto, ma anche Willow, per chi si sente in creditocon la vita, ed eventualmente Gentian e/o Star of Bethlem. Nella zona tra scapole e reni spuntano le ali, ed allora a chi soffre in queste aree del copro qualcuno o qualcosa ha tarpato le ali o gli è stato impedito di spiccare il volo. Probabilmente l’individuo apparirà triste e melanconico, quindi allegerire o nutrire la milza. Tra i fiori, quelli che hanno a che vedere con il pessimismo e l’abbandono della lotta, Gentian, Gorse e, se il pensiero è ancora bloccato a quell’episodio,White chestnut. talvolta può essere indicato Walnut, sopratutto per chi è abitudinario e le ali gli sono state tarpate a causa di interferenze di terzi che lo hanno destabilizzato. Anche a livello dorsale possiamo ritrovare riflesse le emozioni che colpiscono i visceri. L’area dello stomaco la ritroviamo proiettata sul dorso nel punto corrispomdente oppure nell’area anteriore superficialmente. La parte dorsale è quella più forte e quindi li si manifestano i torti subiti, le umiliazioni, insomma tutto ciò che non si è digerito. Nell’area frontale invece si riflette tutto ciò che è intimamente indigesto, che ha a che fare con la dignità della persona. Star of Bethelem e Holly, tanto per cambiare, ma anche se serve White chestnut e, se la persona ha perduto assieme alla dignità l’autostima, Larch. Anche il fegato si riflette sul dorso nell’area dell’ipocondrio destro e naturalmente quell’area è associata alla rabbia. Se si riflette nella parte bassa, potrebbe essere segno diagnostico di calcoli biliari, a loro volta segno di una rabbia repressa, cristallizata. Drenare bile gialla e sciogliere le concrezioni emotive, Holly, Beech, Impatiens se il soggetto per accumulo di bile gialla appare ansioso e frenetico. Nei reni come già detto alloggia la paura, e questa emozione si troverà riflessa nell’area dorsale corrispondente. Il brivido freddo, il gelo nelle ossa, Mimulus, Aspen e, nei grandi schock emozionali, Rock rose, ma anche la paura di osare, di chiedere e in ogni casoin tutte le sue estensioni. Quindi Larch, Cerato, Centaury. Sempre nella zona lombare c’è l’area della soma, legata al peso portato e costiuisce un approfondimento delle proiezioni dell’area dello stomaco e/o del fegato. Collegare tra loro sintomi e segni apparentemente diversi può essere un modo davvero migliore per lavorare e potrà essere fonte di grandi soddisfazioni professionali. Paolo Ospici Bibliografia: Luigi Giannelli, Gemmoterapia, Ed. M.I.R. Luigi Giannelli, Medicina tradizionale mediterranea, ed. Tecniche Nuove Lorenzo Paride Capello, Olismologia, Ed. Tecniche Nuove Edward Bach, Opere complete, Ed. Makrofoto articolo paolo-2

 

Capelli, Pelle e le piante del benessere

(di Alessandro Pagnoni)

La pelle, ovvero l’apparato tegumentario è i l’apparato più pesante (circa 18kg in media) dell’organismo umano, essa è costituita da uno strato supeficiale chiamato Epidermide, uno sottostante chiamato Derma ed uno più profonodo che risponde al nome di Ipoderma.

L’epidermide è lo strato epiteliale più esterno della pelle e, come tale, non è vascolarizzato, prende infatti il suo nutrimento dalla diffusione di metaboliti ed ossigeno dallo strato più superficiale del derma. Con uno spessore che varia dai 50 µm a 1,5 mm, l’Epidremide è costituita da diversi strati disposti dalla profondità alla superficie che rispecchiano il ciclo vitale delle cellule epiteliali presenti, le quali si chiamano cheratinociti. L’ultimo strato è costituito da cheratinociti morti che formano la cosiddetta cheratina.

Il Derma è formato da un lamina di tessuto connetivo in cui vi sono dei fibroblasti che sintetizzano sia le proteine connettivali (collagene, elastina), sia i glicosamminoglicani come l’acido jaluronico. Questi glicosamminoglicani hanno la funzione di collante tra le varie cellule epiteliali: in pratica sono come la calce che tiene su i mattoni costituiti dalle cellule dell’epitelio.

Il Derma è l’ultimo strato della pelle, nonché il più profondo. È costituito da tessuto connettivo lasso e denso ed è formato da una parte papillare ed una reticolare. Essendo un tessuto connettivo è vascolarizzato ed è provvisto divie di diffusione per l’epidermide. Le numerose anse epidermiche che costituiscono le creste e i solchi si giustappongono con strutture analoghe nel derma denominate Papille Dermiche, strutture coniche provviste di un’ansa capillare e di numerose terminazioni nervose. Il Derma è ricco di fibre collagene ed elastiche e conferisce elasticità e resistenza alla cute, esso continua senza un netto distacco con l’Ipoderma.

L’Ipoderma o tela sottocutanea è lo strato più profondo della pelle che si trova sotto il derma da cui non è possibile differenzialo in maniera netta. La distribuzione e lo spessore del ipoderma sono molto variabili. Lo spessore oscilla tra i 0,5 e i 2 cm risultando minore laddove la pelle è a contatto diretto con osso o cartilagine (come la volta cranica, il naso, il padiglione auricolare) e maggiore in altre sedi (glutei, palmo delle mani o pianta dei piedi). L’Ipoderma mette in rapporto il Derma con i tessuti sottostanti (come la fascia superficiale comune del corpo oppure direttamente ossa o cartilagine) permettendo anche un reciproco scorrimento consentendo di sollevare la pelle in pieghe.
Un Ipoderma particolarmente ricco di adipociti viene definito pannicolo adiposo sottocutaneo che costituisce la cellulite.
I Capelli
I capelli sono costituiti da proteine solide, come la cheratina, in una percentuale compresa fra il 65 e il 95%, e per il resto da acqua, lipidi, pigmenti ed oligoelementi. Altra proteina solida è la melanina che conferisce il colore al capello.

Altre sostanze importanti nella vita del capello sono il ferro, che possiede un ruolo primario nella sintesi dell’emoglobina del sangue per l’ossigenazione dei tessuti; a seguire, zinco, magnesio e infine il rame, che partecipano al processo di formazione della melanina.
I capelli crescono a una velocità di circa 0,3 mm al giorno: anche se questo valore può però mutare notevolmente da una persona all’altra. Il capello è soggetto ad un ciclo di crescita della durata di 2-6 anni,ma sono documentati cicli di oltre 10 anni. Alla fine di ciascun ciclo il capello cade e viene sostituito. Il ciclo del capello è costituito dalla successione delle tre fasi:
Anche la lunghezza dei capelli è molto variabile e raramente raggiunge il metro e, insieme alle unghie e alla barba, sono le uniche parti del corpo che crescono continuamente durante il corso della vita. I capelli si distinguono in grassi o secchi, spessi o sottili. Altre qualità dei capelli sono: lisci o sfibrati, naturalmente mossi e riccioli, lucenti e brillanti, morbidi, piatti o voluminosi.
A volte viene riportata la leggenda metropolitana che i capelli, come altri annessi cutanei, crescano dopo la morte; in realtà si tratta di un’illusione dovuta alla retrazione cutanea successiva alla disidratazione post-mortem.
I follicoli dei capelli contengono enzimi recettori di ormoni androgeni, e altri enzimi responsabili della loro conversione in altri ormoni androgeni a livello del cuoio capelluto: come la P450-Aromatasi in grado di convertire il Testosterone in Estrone, ed anche 5-alfa-reduttasi, in grado di convertire il testosterone in DHT.
La P450-aromatasi prevale nei follicoli occipitali, mentre la 5-alfa-reduttasi in quelli frontali. Rilevanti in questo caso sono le differenze fra uomo e donna: la P450-aromatasi nei follicoli frontali è sei volte maggiore nelle donne, mentre la 5-alfa-reduttasi tipo1 e tipo 2 è rispettivamente 3 e 3,5 volte minore.

Piante che aiutano la pelle ed il capello:
Bardana
La bardana agisce sul fegato e sulla pelle sia come depurativo, è utile nei casi di acne e capelli grassi sia per uso interno sia per uso esterno, inoltre è perticolarmente utile qualora l’eccesso di sebo prodotto dai capelli e dalla pelle si sovrainfetti grazie alla sua azione nei confronti dei batteri Gram+ , inoltre l’acido arctico contentuto nella pianta si è dimostrato in grado di favorirela cicatrizzazione delle ferite.
La Bardana è conosciuta come potente depurativo della pelle in virtù delle sue prorie capacità di drenare la pelle, l’abate kneipp annotò nei suoi scritti che se il bulbo non era morto del tutto un decotto di radici di bardana applicato per 3-5 volte a settimana era in grado di far ricrescere i capelli.

Viola Del Pensiero
L’attività antiinfiammatoria della Viola del Pensiero si esplica benissimo in tutte le dermatosi in particolare quelle pruriginose dove trava un valido aiuto proprio nella bardana, in particolare la viola del pensiero possiede dei salicilati ad azione antiinfiammatoria.
Inoltre la viola del pensiero grazie alla presenza di antocianosidi è in grado di stimolare il microcircolo cutaneo pur non creando rossori e ciò porta a far si che il bulbo capillare vega nutrito in manoera migliore, nel trattamento del capello grasso svolge un’azione antiinfiammatoria che ben si accompagna all’azione antisettica della bardana e degli oli essenziali.
Nella medicina popolare la Viola tricolore rimane il rimedio migliore per la crosta lattea dei lattanti: può essere somministrata come infuso nel biberon oppure applicata come cataplasma della pianta [possibilmente fresca] mischiata a latte – direttamente sulla crosta lattea.

Carciofo
Il Carciofo è una pianta ertremamente attiva sulla pelle, sia nell’uso interno come drenaggio vicariante, sia in quello esterno dove viene impiegato con successo in moltissime dermatosi in quanto svolge una funzione seboriequilibrante.
Il carciofo infatti grazie alla presenza di cinarina è utilissimo nei problemi di pelle grassa e di capelli grassi e sfibrati per regolarizzare il derma senza aggredirlo e quindi senza che si formi il classico effetto ping-pong ovvero la formazione, dopo un lavaggio energico del capello, di altro sebo in eccesso.
Quindi in caso di capelli stanchi e sfibrati con cute grassa e forfora grassa, una tisana di Carciofo e Bardana può essere utilizzata per il risciacquo finale dopo la detersione.

Echinacea
L’ impiego cosmetico dell’echinacea è dovuto alle sue proprietà antiflogistiche che ne fanno un’utile rimedio peril trattamento di pelli secche aride, screpolate, e di capelli secchi, crespi e sfibrati grazie alla sua azione riepitelizzante, inoltre grazie alle sue virtù antinfiammatorie viene impiegata con successo nelle dematitianche pruriginose purchè sempre secche.
L’Echinacea, in tutte le 9 specie che caratterizzano il genere, viene adoperata per le ferite cutanee a lenta rimarginazione, sia l’uso interno sia quello esterno danno i medesimi risultati, ovvero un’intensa immunostimolazione che porta a far si che i prodotti a base di echinacea possano esssere impiegati ove vi siano problemi di natura autoimmune (psoriasi, alopecia aerata etc…) solo però per brevi periodi, non superiori alle 8 settimane.

Camomilla

La camomilla è utile in diversi problemi a carico della pelle e del capello, già Leclerc ne aveva intuito le capacità antiinfiammatorie a cariceo della pelle infatti la camomilla è in grado di bloccare i recettori dell’infiammazione del bulbo pilifero bloccando l’estensione della flogosi, può essere presa in considerazione, magari insieme ad echinacea per le problematiche allergiche della pelle in quanto blocca la secrezione di istamina. Inoltre la Camomilla è particolarmente utile come antimicrobico perciò se ne prospetta anche un utilizzo su funghi e altri problemi del cuoio capelluto. In cosmesi viene ingiustamente tacciata come pianta soltanto schiarente ma dalla sua ha anche un’ottimo effetto decongestionante su pelle sia secca sia grassa.
I preparati a base di camomilla hanno anche un’attività antiedemigena perciò si possono utilizzare come drenanti degli edemi cutanei e studi in vivo riportano un utilizzo nelle patologie immunomediate come dermatiti da contatto e varie forme di eczemi ed eritemi anche da UV.
In pratica se non schiarisse il capello a volte anche solo di mezzo tono avremmo trovato la pianta definitiva da adoperare in tricologia.

Equiseto.
La Dott.ssa Enrica Campanini citando Unna prospetta un utilizzo cosmetico dell’equiseto anche sul capello in virtù dell’apporto rimineralizzante dovuto al silicio colloidale di cui questa pianta è piena, inoltre l’equiseto tende a proteggere la pelle e a favorire la cicatrizzazione delle ferite, inoltre l’equisetpo migliora l’elasticità cutanea. La somministrazione per via cosemtica di equiseto sul cuoio capelluto è inidcata nelle dermatiti secche e nella forfora secca in quanto le proprietà elsticizzanti dell’equiseto si estrinsecano al meglio in queste condizioni.

Ortica Foglia
L’uso esterno delle foglie di Ortica si perde nella notte dei tempi trova da sempre utilizzo come tonificante e stimolente del cuoio capelluto contro la seborrea e la cadua dei capelli, infatti il contenuto proteico della droga ha un’azione sostantivante e condizionante del capello che ne prospetta un’utilizzo nei capelli stanchi e sfibrati, in virtù delle sue proprietà antifiammatorie.

Miglio
Il Miglio è un cereale ricco di vitamina A e di vitamine del gruppo B, come la Niacina, la vitamina B6 e l’Acido Folico. Inoltre è ricco di minerali ed oligo-elementi come Calcio, Ferro, Potassio, Magnesio e Zinco. Per il suo elevato contenuto di acido silicico, è spesso considerato un vero e proprio prodotto di bellezza per pelle e capelli, unghie e smalto dei denti, stimolandone la crescita.
Il Miglio funziona in caso di capelli fragili, secchi, sfibrati e per contrastare la caduta, capita spesso infatti che, con il passare degli anni, i capelli perdano il vigore, la stabilità ma anche lo spessore. La maggior parte dei prodotti a base di miglio danno ai capelli tutti quei nutrimenti che sono necessari per ritardare o bloccare la loro caduta, favorire una crescita più veloce, forte e robusta di quelli presenti e garantirne una maggior foltezza.
Essendo il miglio considerato un forte ricostituente ed energizzante, con esso vengono creati integratori alimentari in compresse che utilizzano le proprietà del cereale per diverse finalità. Negli ultimi anni gli studi erboristici e fitoterapici hanno ulteriormente migliorato ed esaltato l’efficacia di una tale integrazione.
Differentemente dagli altri modi di somministrazione precedentemente spiegati, le compresse risultano un metodo mirato e veloce che esalta al massimo le proprietà del miglio. Le compresse o le capsule a base di miglio vengono assunte innanzitutto da coloro che hanno necessità di contrastare la calvizie, il diradamento e l’assottigliamento del capello grazie all’acido silicico, di cui il cereale è ricco, che risulta un forte stimolante per il cuoio capelluto. Inoltre, le vitamine dei gruppi A e B garantiscono la digeribilità del prodotto dando la possibilità di assumere tali compresse in dosi anche consistenti. Il miglio lavora azionando la vitalità dei follicoli capilliferi ormai inattivi o troppo deboli. Grazie, inoltre, ai sali minerali e alle vitamine, è in grado di alleviare le condizioni di stess, spesso alla base della perdita di capelli. In condizioni di stanchezza cronica, infatti, l’organismo tende a rilasciare nel sangue molecole come l’adrenalina e la noradrenalina che il corpo trova utili in quel momento per riuscire ad andare avanti. Queste sostanze, però, riducono l’apporto di ossigeno e sostanze nutritive al cuoio capelluto che risulta così indebolito. Attraverso queste cure i capelli vengono nutriti, rigenerati e infoltiti. Il miglio ne favorisce la crescita, la vigorosità, l’elasticità e l’aumento di cheratina, una proteina che dona forza e lucentezza non solo al cuoio capelluto ma anche alle unghie.

Bibliografia

E. Campanini Dizionario di Fitoterapia e Piante medicinali 2° Edizione ed. Tecniche nuove (2004).

G. Mengozzi Piante antiossidanti, Drenanti, Detossificanti. Appunti corso Triennale di Fitoterapia Centofiori.

G.Mengozzi Piante Antiinfiammatorie. Appunti corso Triennale di Fitoterapia Centofiori.

V.Schultz R.Hansel V.E. Tyler Fitoterapia Razionale ed. Mattioli1885 (2003)